Incontro in Quando il fine non giustifica i mezzi
Caro iCrewer eccovi la seconda parte del mio racconto Incontro presente nella raccolta Quando il fine non giustifica i mezzi. In questi giorni, in cui ognuno sta reinventando la propria quotidianità, una storia che profuma di amicizia.
In questo racconto molti di voi si ritroveranno, perchè in un modo a nell’altro abbiamo tutti un amico con cui vorremmo in Incontro oltre al desiderio di vederlo almeno una volta.
>>> SECONDA PARTE<<<
Tre mesi prima
Non c’è giorno ultimamente che qualcuno non mi contatti in questa maledetta applicazione per il cellulare, tutti che fingono di sbagliare e poi si propongono chiedendo una foto o un appuntamento senza nessun ritegno. Un mezzo, a volte, usato in modo spregevole da chi non ha nessun ritegno, nessuna considerazione degli altri e dei rapporti che si potrebbero creare anche solo con una sana discussione, tra persone civili. Penso che eliminerò dal mio telefono questo canale di conversazione tanto non mi serve più, per lavoro posso usare altro ormai.
Non è possibile, un altro che, sicuramente con la solita scusa della ricerca di una persona di cui non ha il contatto, mi tampina tramite questa applicazione: sarebbero tutti da denunciare alla Polizia Postale. Ho la ferma intenzione di bloccarlo immediatamente, senza nemmeno chiedere chi sia, se mi conoscesse si presenterebbe subito; è senza foto nel profilo e senza nome, ma non faccio in tempo a uscire dalla conversazione.
«Ciao».
«Ciao, ma chi sei?»
«Mi chiamo Luigi».
«Ma forse non cerchi me».
«Stavo cercando l’altra persona, ma per sbaglio ho digitato il tuo nickname.»
Sempre le stesse scuse, sempre lo stesso cliché, gli uomini non hanno fantasia. Mollo il telefono sulla scrivania, torno a lavorare e non rispondo più. Guardo lo schermo dopo un’ora ed è ancora lì a chiedere scusa se ha disturbato, che non era sua intenzione farlo. Sembra fin troppo gentile per essere uno di quelli che al secondo messaggio ti chiedono una fotografia o fanno domande riguardanti il tuo intimo preferito. Non so perché ma gli do corda, passano un paio d’ore parlando di normalità, di vita quotidiana, passioni e lavoro.
«Buonanotte Mister X.»
«Buonanotte anche a te e grazie della chiacchierata.»
Va beh dai, ho passato qualche ora in compagnia di un giovane che non disdegna il parlare senza altri fini, poi che sia un trentenne l’ha detto lui, non ho visto nessuna foto, dice di non essere su alcun social network e io non sono così brava da riuscire a scovarlo.
Imperterrito continua con il saluto del mattino finché, dopo due giorni di silenzio, decido di rispondere; anche se non ce ne sarebbe alcun bisogno, mi arrampico sui vetri per inventarmi qualche scusa riguardo il motivo per cui non ho mai visualizzato i suoi messaggi e poi, sì ci provo: «se non mi fai vedere una tua immagine ti blocco, non mi va di parlare al vento!»
La fotografia arriva… tanto tanto carino, ma cosa lo spinge a consumare il suo tempo con una persona che ha quindici anni più di lui? Occhi come l’ebano, capelli cortissimi, fisico asciutto e ben definito, esteticamente non si può proprio negare che sia molto bello. Però se vogliamo continuare a conoscerci virtualmente dobbiamo trovare un punto d’incontro, qualche argomento che interessi veramente entrambi altrimenti in poco tempo questo parlare non riusciremo più a sostenerlo, se il fine invece era abbordare una giovane donna il mezzo è vile e sbagliato e quindi finisce qui. E’ stato lui a contattarmi, ma voglio essere certa che non sia uno dei soliti poco raccomandabili, quando una situazione non è chiara mi irrigidisco e faccio subito un passo indietro.
Provo a fare qualche domanda sul suo lavoro, vediamo se risponde o se dribbla per non scoprirsi, è un designer, se è vero lo capisco subito, io sono un architetto, molte conoscenze dovrebbero essere in comune anche solo per averle studiate all’università.
Invio un’immagine di un oggetto di design che ho in casa e chiedo cosa ne pensa. Lui è un fiume in piena, fa considerazione, apprezzamenti, disquisisce sull’artista: ne sa più di me! Non ha barato. Continuo questo pseudo giochino passando dal Juicy solif di Philippe Starck alla Chaix Lougue di Le Corbusier, dal Caravaggio di San Luigi dei Francesi al Cenacolo di Leonardo. E’ un ragazzo molto interessante e passare del tempo a chattare con lui è rilassante e spassoso.
Forse un rapporto virtuale può essere più sincero di altri che si vivono tutti i giorni? O di amicizie che all’improvviso spariscono lasciandoti un profondo vuoto che non riesci a colmare per mesi o addirittura anni?
Non so che pensare, sono passati quindici giorni ed ancora ci salutiamo di prima mattina, sono anche convinta che uno dei due prima o poi si stancherà, ma per ora va bene così. Non mi ha chiesto di mostrarmi in abiti succinti e nemmeno particolari della mia vita privata, ha visto solo le due fotografie del profilo, nemmeno molto belle.
Passa qualche giorno e ritorna: «Buongiorno, bella signora», già mi infastidisce questo appellarmi come signora, ma non importa. Mi posta una foto sua seguita da «se un giorno ci incontreremo mi riconoscerai», questa frase mi innervosisce, vuoi vedere che lo pensavo diverso e invece è come tutti gli altri? «Perché dovremmo incontrarci? Non ho mai detto che ci saremmo incontrati», passo subito all’attacco così se ha cattive intenzioni capisce subito che ha sbagliato persona.
«Scusami, non volevo. Voleva solo essere una cosa carina», così ha inizio la giornata delle confidenze. Vive solo a Milano, in un appartamentino in centro dove non disdegna la compagnia di qualche bella amica. Dicendo questo è sincero, mi fa apprezzare il suo modo di porsi. Parla di sé come lo farebbe con un amico di vecchia data, il lavoro che lo snerva, gli anni al Politecnico, una fidanzata mai trovata. Di questo passo la giornata arriva alla conclusione. E io. Io sono una brava ascoltatrice e do consigli, seduta sola sul mio divano, coi piedi davanti al camino in una delle solite serate invernali, arriccio un ciuffo di capelli rossi mentre leggo e sorrido nel rispondere. Sono sola da molto tempo, ho anche limitato molto la mia cerchia di amici e forse questo mi fa apprezzare le attenzioni di una nuova conoscenza che non ha secondi fini. Questa sera per la prima volta ha osato salutarmi con «Buonanotte, ti abbraccio», l’ho fatto anch’io, è virtuale e non può far male a nessuno.
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Poi è arrivato il 22 dicembre, chi non pensa ai regali di Natale, tutti hanno un desiderio particolare e Luigi cosa mi regalerebbe? Quasi quasi glielo chiedo. Può rispondere qualunque cosa, ma se ha capito un po’ di me magari, anche se virtualmente, mi regalerebbe qualcosa che mi farebbe veramente piacere. Tutte ipotesi, magari risponde un mazzo di fiori o una scatola di cioccolatini. «Se, chiaramente è solo un’ipotesi non una richiesta, tu potessi farmi un regalo cosa sceglieresti?» Silenzio, visualizza e non risponde, una cosa che odio, piuttosto mandami un emoticon, ma fai qualcosa. Invece nulla, va bene così, tanto era tutto un gioco come questo raccontarsi, solo per farsi un po’ di compagnia, per avere l’illusione che qualcuno sia interessato a te e ascolti anche i tuoi problemi aiutandoti a trovare una soluzione. Sono un po’ delusa, lo ammetto, poteva dire anche la cosa più banale, la prima che gli veniva in mente, non rispondere significa non avere nessuna idea di quali possano essere i miei gusti; mi ero illusa, pensavo che, dopo più di un mese, da questo schermo qualcosa fosse trapelato.
«Ti regalerei un biglietto per un balletto a teatro». Sono senza parole, mi manca il respiro, continuo a leggere questo messaggio e non posso crederci. I miei occhi si inondano di lacrime, non può essere solo una coincidenza. Perché ha detto “un biglietto per un balletto a teatro?” Come ha potuto pensare ad una cosa del genere? Sono sicura di non aver mai parlato di teatro e tanto meno di balletto, il primo mi è sempre piaciuto anche se non lo frequento molto, il secondo è stata la mia grande passione di bambina e adolescente, ho ballato tanti anni e di quel periodo ho ricordi meravigliosi. I tutù, le scarpette di raso, gli spettacoli e le ore d’allenamento sono momenti fissati in modo indelebile nella mia mente. Se chiudo gli occhi mi rivedo alla sbarra con le mie compagne di corso e la mia insegnante, severa quanto bastava per farci amare quel mondo ovattato e magico.
«Perché proprio un biglietto a teatro? Come ti è venuto in mente.» La risposta è semplice, ma porta in sé la dolcezza e la sincerità di poche parole: «Perché sarebbe appropriato per te». Rifletto, non so che dire, mi ha spiazzato. Il fatto che abbia capito che poteva essere un regalo adatto a me solo da quello che ci scriviamo è strabiliante. In fondo io non ho raccontato quasi nulla, ci sono delle cose che non sa perché sono solo mie o meglio non me la sento di rivelare a chiunque, questo lo deve aver percepito perché mi sembra molto strano che non si addentri in certi argomenti anche se sono stata io a dire che la vita privata la dovevamo lasciare fuori dalla chat. Naturalmente toccherebbe me ora fargli un regalo, ma porto la conversazione su altro, nulla potrebbe essere all’altezza del suo.
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Ormai sono passati quasi tre mesi, il desiderio di incontrarsi e bere un caffè da parte mia c’è e penso che lui lo voglia quanto me. Non viviamo lontani, lo abbiamo scoperto il giorno delle confidenze, quando mi ha detto che università aveva frequentato e, d’istinto, ho risposto: anch’io. Gli ho detto dove vivo ora, non precisamente, mi sono tenuta molto sul vago e ho lasciato cadere il discorso.
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E’ gennaio, il mio confidente preferito mi ha offerto un caffè nero accompagnato da un cioccolatino fondente in centro Milano. Sono rimasta spiazzata, lo ha fatto senza preavviso alcuno, non ne avevamo mai parlato seriamente: è stato come ricevere una doccia fredda. Non ho risposto, non l’ho fatto per due giorni, ho paura che la magia di questo rapporto virtuale finisca nel momento dell’incontro; temo che nulla sarà più come prima.
E poi… poi il silenzio. Giornate senza il bip dei messaggi al cellulare, giornate ad aspettare quel suono che non arriva mai, giornate dove una punta d’orgoglio si fa viva in me e decido che non lo contatterò per prima, se il suo interesse fosse anche minimo sarà lui a farlo. Passano settimane e i pensieri si accavallano, le riflessioni sono tra le più disparate, ma il finale è sempre uno e uno soltanto: era solo un’illusione. Anche questo giovane altro non era che una meteora di passaggio nella mia vita che, però, qualche cosa ha lasciato.
Chiunque, per qualsiasi motivo ed in qualsivoglia maniera, entri in contatto con un altro essere umano lascia un segno indelebile. Non è facile ammettere a me stessa che quei messaggi mi mancano, non perché fossero diventati un’abitudine, anzi, proprio perché erano un momento solo nostro che nessuno avrebbe mai potuto rovinare. Non posso raccontare ad altri questo strano rapporto: le mie amiche tutte palestra e palestrati mi prenderebbero per matta, chi potrebbe essere d’accordo con me che un vero rapporto umano può nascere anche a distanza? Non dico nessuno, il triste motivo è che non si ha più la pazienza di coltivare amicizie vere, tutto va troppo di corsa, tutto deve essere subito e come lo si desidera.
Ma cosa può lasciare un rapporto virtuale? Sembrerà strano, ma esprimere i propri sentimenti con un estraneo è molto più semplice che farlo con chi ti è accanto; il vetro del cellulare su cui imprimi i tuoi pensieri non ti giudica, ti protegge a tal punto da abbattere quei muri che ti sei costruito per non soffrire, per evitare di essere criticato. Dietro uno schermo liberamente possono sgorgare delle emozioni che vengono realmente vissute. Raccontare i tuoi desideri più nascosti a chi in fondo non conosci e che puoi decidere di non incontrare mai, è semplice, fosse solo per il fatto che se qualcosa non va puoi bloccare per sempre quella conversazione. Inizialmente non ci sono rapporti di alcun tipo, il tuo interlocutore è solo un nome senza volto e senza passato, senza nulla in comune a te, è al di là del cellulare, il problema è che più il tempo passa più i rapporti si creano e diventano in poco tempo molto forti.
Quindi la mancanza, pian piano inizia a far male perché anche ad un messaggio di solo buongiorno ci si affeziona, perché una persona può entrare per caso ed in punta di piedi nella tua vita e fare comunque un rumore assordante. Ad un certo punto ti rendi conto che pensi a qualcuno che, anche se reale, vive nella tua fantasia come tu vuoi. Immagini il tuo interlocutore nei momenti della giornata come più ti aggrada o come vorresti che fosse e magari è.
Tengo in mano il cellulare, ho riletto decine di volte questa chat tanto amata quanto odiata, ho cancellato per rabbia i messaggi vocali e le immagini, ma non sono riuscita a eliminare tutto il resto, in fondo sono ricordi di chi non è mai stato amico, amante, conoscente, ma confidente sì.
Mi addormento e sogno il nostro incontro mai avvenuto in un pomeriggio invernale con uno scenario da favola.
>>> FINE<<<