Quello di Marie Curie, caro iCrewer, è un nome che sicuramente accende qualche scintilla nella nostra memoria. Vuoi perché la scienziata e suo marito sono stati i primi a effettuare studi sulle radiazioni, vuoi perché questo li ha portati a ricevere due Premi Nobel (per la chimica e per la fisica), la sostanza è che non sono dei perfetti sconosciuti.
Sappiamo, per esempio, che sono stati dei pionieri nel campo dello studio dei materiali radioattivi, ma anche che, come sempre accade, essere i primi vuol dire non conoscere i rischi di ciò che si sta maneggiando. Marie Curie, infatti, morì di anemia aplastica, una malattia che si può presumibilmente ricollegare al radio e al polonio con cui era solita lavorare.
Il ricettario di Marie Curie
Chiudi gli occhi un attimo, iCrewer, e prova a immaginare come dovevano vivere i coniugi Curie nella loro casa parigina.
Probabilmente si alzavano presto, per non sprecare nemmeno un’ora di luce. Forse facevano una colazione frugale e veloce, oppure una più sostanziosa, un’abitudine che Marie aveva fin dall’infanzia, viste le sue origini polacche e l’abitudine dei paesi nordici di non fermarsi al latte e biscotti. Magari sfogliavano qualche quotidiano, per vedere cosa accadeva nel mondo fuori dalla loro porta in quel fine ‘800.
E qui, mentre sfoglia il suo libro di ricette, alla riceca di ispirazione, lascia scivolare una mano in tasca e giocherella con le ampolle di polonio e di radio che si porta sempre appresso.
Alla fine i coniugi Curie soddisfano il loro stomaco e, dopo una tazza di tè, o un buon bicchiere di vino, si preparano per la notte.
Tuttavia, la loro mente non si placa, continua a tornare alle ricerche, a quegli elementi sensazionali che stanno indagando. Allora si alzano, infilano la vestaglia, calzano le pantofole e, mano nella mano, tornano nello studio. Qui, al buio, le ampolle risplendono di luce propria, e pare quasi di trovarsi davanti a un’aurora boreale in boccetta.
Se anche solo una minima parte di tutto ciò fosse vero, non c’è da stupirsi che nel 1991 l’intera casa di Marie Curie e di suo marito fu sotto posta ad azioni di bonifica (i casi di decessi per tumore nel quartiere erano spaventosamente elevati).
E se a più di mezzo secolo dalla morte della scienziata, i muri della casa ancora emettevano radiazioni, i loro effetti personali allora? Beh, diciamo che il diario, i manoscritti, gli attrezzi di Marie e Pierre Curie non sono conservati dentro teche di cristallo ed esposti nelle grandi sale di qualche museo di Parigi, anzi.
Tutti questi manufatti – ricettario compreso – si trovano all’interno di speciali contenitori di piombo e, ancora oggi, possono essere osservati solamente dopo aver indossato speciali abiti protettivi e aver firmato tutta una risma di documenti. Questo perchè su di essi si rilevano ancora tracce di attività radioattiva.
Che te ne pare, iCrewer? Al di là del pericolo che l’esposizione a tali oggetti può comportare, penso che se per una qualsiasi ragione mi dovesse capitare di trovarmi in una stanza in penombra con un libro che emana una flebile luce, dopo aver preso un notevole spavento, le radiazioni non sarebbero certamente il mio primo pensiero!
Anche se, però, devo ammettere che mi stuzzica molto l’idea di osservare una fila di boccette glow in the dark.