L’unica cosa al mondo di L.A. Fiore, edito da Newton Compton Editori, titolo originale Beautiful damaged, è un libro che mi è molto piaciuto: non è la solita storia d’amore – o comunque non si tratta solo e soltanto di questo -, ma abbraccia varie vicissitudini capaci di creare una suspense insolita, inusuale perché, chiaramente, non ti aspetteresti proprio in una storia che parla d’amore. L’autrice, L.A. Fiore, scrive da parecchi anni anche se lei non si ritiene un’autrice ma piuttosto una narratrice. Ama rilassarsi sul portico assieme ai figli, al marito e ai loro amici a quattro zampe.
Ember Walsh è una giovane donna che vive e lavora a New York, il suo sogno è quello di diventare una scrittrice e questa città potrebbe essere in grado di regalarle quegli spunti letterali che desidera; è una ragazza forte, il cui passato le ha strappato bruscamente e sin troppo presto una persona che avrebbe dovuto guidarla, e tenerla per mano, per il resto della vita. Ciononostante, è diventata una ragazza dai sani principi, gentile e onesta, che cerca di far stare bene le persone che roteano attorno alla sua vita.
Trace Montgomery, dal canto suo, è il classico ragazzo bello e dannato, colui dal quale ogni brava ragazza dovrebbe ben guardarsi e tenersi alla larga, insomma il tipo d’uomo al quale ogni padre mai affiderebbe la propria bambina. Ember, come accade in questi casi, si sente profondamente attratta da lui, benché sa bene che probabilmente non è il tipo di ragazzo che andrebbe bene per lei; non è solo l’aspetto fisico ad attrarla, la ragazza scorge negli occhi di Trace una luce che lo rende vulnerabile, diverso, riesce a cogliere quella bontà che nemmeno lui è in grado di vedere.
Perché Trace ritiene che nel suo passato ci sia così tanta merda da dover tener lontana Ember? Cosa è successo di così grave, di così indicibile?
L’unica cosa al mondo: una cover azzeccatissima!
La cover de L’unica cosa al mondo l’ho trovata veramente attinente alla storia. Possiamo osservare nella parte superiore una ragazza distesa supina, le gambe le gambe a formare un angolo acuto e le braccia aperte. Gli occhi – profondi – ti osservano e sembrano esserti capaci di leggerti dentro: esattamente come Ember fa con Trace. Al centro il titolo, sotto, nella parte bassa un paio di guantoni da boxe, posti lì in bella vista: cosa significheranno? Qui, non posso proprio espormi, devi leggere il libro mio caro lettore e… capirai!
Il libro si divide in una Parte Prima e una Parte seconda, i capitoli in totale sono trentuno: dodici sono compresi nella Parte prima, i restanti nella seconda. Infine i Ringraziamenti. La lunghezza dei capitoli non è mai uguale fra loro. Il libro è narrato in prima persona, direttamente dalla voce di Ember, che non so perché ho sempre immaginato avere un tono pacato, uno di quelli che ti placa.
Proprio prima di iniziare la narrazione, tre dediche dell’autrice rivolte rispettivamente ai figli, al marito e alla sorella. Dopo l’introduzione alla parte prima una citazione di Sigmund Freud, mentre dopo l’introduzione della parte seconda vi è una citazione la cui paternità è di Lao Tzu.
Il linguaggio utilizzato è scorrevole, si legge velocemente e non è richiesta grande concentrazione: i concetti sono semplici ed espressi chiaramente. Alle volte si riscontra qualche improperio, ma è perfettamente in linea con i discorsi inseriti nella storia e con l’età anagrafica dei personaggi. Le scene intime sono descritte in maniera esplicita. Il ritmo è incalzante, si amplifica soprattutto verso le battute finali. Qualche refuso riscontrato.
L’unica cosa al mondo che non è solo una storia d’amore, ma qualcosa di più
Come detto non è solo, o semplicemente, una storia d’amore, è qualcosa di più: possiamo dire che la storia stessa è strettamente collegata a varie situazioni che verranno dipanate – quindi risolte – come nelle migliori matasse, a fine narrazione. Tutto troverà la giusta collocazione.
In questa storia troverai anche un colpo di scena, però, se sei un lettore attento già prima che le carte vengano scoperte, riuscirai a carpire l’arcano tu stesso. In effetti, gli eventi, tra loro, prendono una piega che sa di mistero con una generosa dose di suspense.
Per quel che riguarda la storia d’amore in sé si differenzia dalle usuali storie: si presenta sin dall’inizio come non lineare, quasi tormentata ma voluta, un amore che si è percepito come intenso e vero sin dall’inizio, adombrato però dalle oscure ombre del passato che il nostro protagonista maschile vive in continuazione.
«Trace Montgomery aveva i suoi demoni personali. I miei occhi scivolarono sul braccio tatuato. Che segreti nascondeva? Provai il forte impulso di abbracciarlo. Aveva qualcuno in grado di consolarlo quando ne aveva bisogno? In Trace Montgomery c’era molto di più di quello che si riusciva a vedere e io volevo conoscerlo, volevo sapere tutto di lui.»
I personaggi principali mi sono piaciuti entrambi alla stessa maniera perché si sono, tra loro, compensati. Mi è piaciuto come l’autrice li ha fatti interagire e come ha dipinto il loro ruolo. Personaggi secondari, ma con parti rilevanti, sono presenti. Tra questi ho apprezzato quelli maschili di Rafe, di Lucien e del padre di Ember. I primi due hanno manifestato un’unione e un legame con Trace non indifferente, si sono mostrati, insomma, dei veri amici. La stessa cosa non può dirsi di Lena, il cui ruolo la pone come l’amica storica, l’amica del cuore, per intenderci, della nostra protagonista femminile, ma sarà davvero così? Sarà davvero l’amica leale e sincera disposta a tutto per lei?
«Secondo me non sei timida. Usi la morte di tua madre come scusa per tenere gli altri a distanza. Per me, questa è la definizione di persona chiusa.» Se mi avesse presa a schiaffi, mi avrebbe fatto meno male
Caro lettore, in L’unica cosa la mondo c’è tanto, tanti i temi trattati, in primis l’amore in tutte le sue forme: l’amore in senso stretto, l’amore tra amici e l’amore genitoriale, ma sono le storie sottese che ti lasceranno davvero quel qualcosa dentro. Consiglio la lettura di questo libro, ad un target però non propriamente giovanile, più che altro per le scene intime descritte e per il linguaggio, alle volte, utilizzato.
«Non smise di guardarmi negli occhi quando rispose Io ti voglio, ma non voglio volerti».