Caro iCrewer, in questi ultimi giorni, avrai sicuramente sentito parlare di Lol, il programma comico disponibile sulla piattaforma Amazon Prime. È il vero fenomeno mediatico del momento e tutti, ma proprio tutti, ne parlano attraverso commenti e post sui social.
Un vero successo di pubblico e di popolarità.
Lol è un programma diviso in sei episodi da trenta minuti circa ciascuno, dove dieci comici, più o meno famosi, vengono chiusi in una stanza ricavata da un teatro per sei ore, senza che nessuno possa ridere. Il titolo completo del programma è infatti Lol, chi ride è fuori, e l’unica regola del gioco è che non bisogna ridere. Va da se che trovarsi in una stanza con altri nove colleghi maestri della risata diventa una vera e propria tortura.
Lol, chi ride è fuori: il fenomeno del momento
Vista la popolarità di questo programma, che arriva da un format giapponese, credo non serva approfondire oltre le dinamiche del gioco, così come non ritengo utile fare una cronaca di quello che è successo nelle tre ore complessive a cui abbiamo potuto assistere divertendoci tantissimo.
La forza di Lol è stata proprio questa: farci ridere e divertire.
Intanto trovo che la scelta dei dieci concorrenti sia stata perfetta: comici affermati, della vecchia scuola, messi al cospetto di alcuni colleghi appartenenti alla nuova generazione. Professionisti molto diversi tra loro, ognuno col il suo modo di esibirsi e di far ridere.
Qualche nome?
Beh… a questo punto condivido con te che leggi quelle che sono state le mie impressioni.
Intanto devo dire che ho riso tantissimo, di gusto. Probabilmente non sempre per le battute o per gli sketch, ma piuttosto per le situazioni e le dinamiche che andavano a crearsi man mano che scorreva il tempo. Io sono uno che da sempre apprezza la comicità banale, rido quando una cosa fatta o detta per far ridere, in realtà non diverte per niente. (lo so è molto contorto come meccanismo, ma si sposa benissimo con il mio io)
Mi piacciono i giochi di parole stupidi, che in realtà sottintendono una elasticità mentale non da poco, mi piacciono le battute che innescano una reazione simile al “ma vai a ….” e rido tantissimo per la mimica, le espressioni del volto e l’espressione corporea.
Per intenderci: tra un valido pezzo di satira e un rincorrersi con la clava, sceglierei quest’ultima ipotesi per farmi una sana risata. De gustibus.
Fatte queste premesse, del tutto soggettive, devo dire che quello che più mi ha fatto ridere di Lol è stato Frank Matano che cercava di non ridere. Mi ha divertito tantissimo il suo scappare da una situazione pericolosa che avrebbe potuto portarlo a farsi una risata. Mi è piaciuto il suo stuzzicare e punzecchiare per poi darsela a gambe quando capiva che il gioco poteva ritorcersi contro. Il suo duello con Elio è stato epico.
Quest’ultimo, invece, al pari di Lillo, è stato secondo me il più geniale, in quanto a semplicità e banalità (termine che uso in senso di apprezzamento) creativa.
Il tip tap di Elio è stato uno spasso. Il “sono Lillo” del collega ancora di più. Far ridere con niente è dimostrazione di talento. E in Lol di talento se ne è visto parecchio.
Ciò che esce da questo programma, e ciò che lo ha reso così popolare e così tanto visto pur essendo su una piattaforma digitale, è l’importanza di farsi una risata. Oserei quasi aggiungere il bisogno di svago e di divertimento che tutti abbiamo in questo lungo periodo che sembra non finire più. Anche se il ridere è una medicina che da sempre fa bene all’anima, non solo adesso che c’è la pandemia.
Io ho visto in due tranche il programma, gli episodi sono usciti divisi in due release, e l’ho visto di sera. Un bel modo per eliminare le scorie della giornata e per dimenticare, per qualche ora, la realtà difficile che ci sta intorno e che avvolge il nostro modo di vivere da ormai più di un anno.
Ridere fa bene. Quindi dal mio punto di vista programmi come Lol sono i benvenuti. La leggerezza è una pausa necessaria per il nostro equilibrio mentale.
Lol, chi ride è fuori: cosa leggiamo?
Il nocciolo della questione, per noi di libri.iCrewplay e per voi lettori che ci leggete con tanto affetto, è sempre quello. Che spunti di lettura prendiamo da ogni situazione o evento che condividiamo?
Cosa potremmo leggere suggerito dalla visione di Lol?
Beh, alcuni dei comici presenti nel programma nella loro carriera hanno pubblicato dei libri. Testi che raccolgono le loro battute più forti o che raccontano la vita e la carriera. Ho deciso di segnalartene due, rendendo omaggio agli artisti che si sono affrontati nel match finale del programma: Ciro dei The Jackal e Katia Follesa.
Il libro del gruppo napoletano nato nel 2005 e divenuto famoso grazie al canale You Tube in cui caricano i loro video divertenti è uscito solo qualche settimana fa. Parliamo quindi di una assoluta novità. Si intitola Non siamo mai stati bravi a giocare a pallone. Così abbiamo aperto un canale ed è edito da Rizzoli.
È un testo di quasi trecento pagine in cui il gruppo racconta la sua storia, dagli albori agli ultimi video in cui ogni sera hanno commentato l’ultimo Festival di Sanremo, passando per la fondamentale apertura nel canale sul tubo.
Ecco la sinossi:
Se questo libro fosse un film, inizierebbe con un lungo piano sequenza. Melito, Napoli Nord, esterno giorno. Una mattina qualunque di settembre alla metà degli anni Novanta, il sole già alto nel cielo e tre ragazzini che si incontrano davanti a scuola per il loro primo giorno di medie, e non possono sapere che quell’evento casuale segnerà per sempre le loro vite.
Se questo libro invece fosse un manuale per diventare videomaker, per gestire un’azienda o per raggiungere il successo partendo da uno scantinato, allora i The Jackal potrebbero raccontarvi i passi da fare, gli errori da evitare, il modo migliore per organizzare meeting e business plan.
Solo che questo non è un manuale, dal momento che dietro il successo di video ormai di culto come “Lost in Google”, “Gay ingenui” e “Gli effetti di Gomorra sulla gente”, dietro un film ambiziosissimo e folle come “Addio fottuti musi verdi”, dietro gli ormai celebri hackeraggi ai Festival di Sanremo non esistono regole.
Perché l’unica regola dei The Jackal è divertirsi a raccontare storie. Anche “Non siamo mai stati bravi a giocare a pallone” è prima di tutto una storia. Una storia di amicizia, di fallimenti e di vittorie, di strade prese, di strade perse e di strade solo abbozzate. Cominciata molto prima che spuntasse YouTube – quando i modem a 56 k producevano un rumore infernale ogni volta che si connettevano – e arrivata fino a qui, alle pagine di questo termost libro.
L’altro titolo che suggerisco è Diciamoci tutto (al massimo ci lasciamo) scritto dalla bravissima Katia Follesa a quattro mani con il compagno Angelo Pisani. Libro uscito nel 2019 per Mondadori. Un testo di circa centocinquanta pagine in cui si affrontano i meccanismi del rapporto di coppia, e più in genere le dinamiche uomo-donna, visti con gli occhi dei quarantenni. La generazione di cui faccio parte anche io.
Ecco la sinossi:
Il primo incontro non si scorda mai. Se te lo ricordi. Ma se non te lo ricordi, come fai a scordartelo? Infatti lui, Angelo Pisani, non ne ha traccia nella memoria.
Invece lei, Katia Follesa, si ricorda tutto: dove erano, come erano vestiti, cosa stavano facendo, chi ha detto cosa, chi ha risposto cosa, che ore erano, quante persone c’erano intorno a loro, come erano vestite, come erano pettinate, che cosa stavano bevendo e quale era la temperatura delle loro bevande, il battito cardiaco del barista, il colore della stanza e la targa di tutte le macchine parcheggiate in quel preciso istante fuori dal locale.
Da questo incrocio di persone agli antipodi è nata una storia d’amore che, dopo un percorso in saliscendi come un ottovolante, è sfociata in una stupenda famiglia: Angelo, Katia e la figliola Agata.
Una famiglia contemporanea se non futuristica, in cui i comportamenti tradizionali convivono con altri meno consueti, fra abbracci e pause, allontanamenti e ripartenze in quarta. Una famiglia che si basa su un unico, imprescindibile patto: dirsi sempre tutto (al massimo ci lasciamo).
In questo libro, scritto a quattro mani e due voci, si ride molto (i due autori di mestiere sono affermati attori di teatro comico), ma soprattutto ci si addentra all’interno della psicologia e dei sentimenti di due quarantenni che, come tanti altri della loro generazione, stanno cercando una personalissima strada all’amore. Come due esploratori in una foresta inviolata, a volte la trovano, altre la smarriscono, ma alla fine si ritrovano a camminare uniti sulla strada della sincerità.
Non mi resta che darti appuntamento al prossimo articolo e augurarti buona lettura!
E tante risate!