L’invasione delle ballerine di Guglielmo Pinna edito da Mazzanti Libri Me Publisher è una raccolta di racconti, brevi storie mai ordinarie quanto piuttosto straordinarie che spesso ti conducono alla riflessione.
Ti premetto, prima di procedere oltre, che si tratta di un Meta Liber (ML), se non sai di cosa stiamo parlando te lo spiego subito: si tratta di un marchio registrato e brevettato proprio da Me Publisher che consente al lettore, scaricando un’apposita App gratuita, di poter ascoltare la storia narrata direttamente dall’autore e al contempo ti permette di poter osservare immagini ed altri contenuti inediti relativi al romanzo.
Un modo certamente originale e diverso di assaporare un romanzo. Proprio per tale ragione, ad ogni inizio capitolo vedrai raffigurata la classica cuffia – che si utilizza per ascoltare la musica – accostata ad un quadratino – simile ad un codice a barre – che ti indica, appunto, che se vorrai potrai fruire della funzione audiolibro.
L’invasione delle ballerine: l’introduzione, la cover, i racconti che non ti aspetti
Il libro ha inizio con una introduzione a cura di Luciano Bertolucci il quale compie una dissertazione dell’opera – e dell’autore – che è quasi un viaggio: un giro nel mondo di Guglielmo Pinna. Mi ha colpita la frase che Bertolucci ha utilizzato per descrivere quest’ultimo «L’autore di questo di libro è un uomo difficile da definire: artista, musicista, animatore, teatrante, creatore di giocattoli, maestro di coro, poeta, liutaio, etnomusicologo, artigiano, scrittore… Me ne vengono in mente tante, di parole. Ma nessuna riesce a contenerlo.» e difatti è proprio così.
Bertolucci mi trova d’accordo con lui: leggere questo libro straripante di racconti, alcuni brevissimi, altri un po’ più lunghi, è stata un’esperienza sui generis: storie che in effetti non ti aspetteresti, narrazioni che si trovano a metà strada tra la realtà e la non realtà, che vogliono insegnarti tutto e niente, che ti celano messaggi reconditi, vicende scritte con ironia, di sovente condite con metafore.
Insomma, se deciderai di tenere fra le mani questo libro saprai già che ti verranno snocciolati uno dietro l’altro, come una fitta pioggerellina autunnale, racconti che di ovvio non hanno davvero nulla.
Storie che a volte sono riflessioni dell’autore come se parlasse a se stesso, ma in realtà si rivolge al suo pubblico e a sua volta insinua nel lettore il ragionamento. Sono episodi che di sovente nascono da un’osservazione, ad esempio nel racconto Comunicati a Venezia l’autore, partendo dai notori fogli bianchi che vengono affissi sui muri grigi scrostati, posizionati in particolari punti della città, ci ricama un racconto diverso ed esilarante
«ci sono poi comunicati invisibili: bambini che cercano mamme e papà, vecchi che cercano nipoti a cui raccontare storie… Non si vedono ma ci sono! Sono come gridi d’aiuto i comunicati attaccati ai muri con scotch, strappati dal vento. Come frammenti di lettere diffuse, indirizzati a destinatari incerti, a viaggiatori senza fissa dimora.».
Guglielmo ci fa notare che mentre gli sms e la posta elettronica hanno dei destinatari ben individuati, quei foglietti lasciati lì – in attesa che qualcuno li colga, li legga – sono diretti a tutti in generale e a nessuno in particolare: quindi quel messaggio potrebbe essere diretto a me, a te e a chiunque si trovi lì di passaggio e si soffermi a leggere.
La cover è come dire suggestiva, su sfondo nero il corpo stilizzato di una ballerina – interamente ricoper
«In una stanza persa tra le case anonime della città, un uomo strappa giornali e li avvolge intorno a scheletri di fil di ferro per formare corpi. È come fuori dal tempo, non sente quel che accade intorno. I suoi spostamenti, le uscite e i rientri, sono avvolti nel mistero. Formando i corpi ne cerca il movimento, la danza, perché il passo di un corpo, lui pensa, è già una danza! Come il respiro è già un canto! Ogni passo e ogni movimento hanno una storia antica, raccontano emozioni e canti che nel tempo si sono depositati»
L’invasione delle ballerine: un libro sui generis
Questo romanzo si compone di 36 racconti: la lunghezza, come detto, è varia, alcuni sono molto brevi altri più lunghi, il linguaggio utilizzato è forbito, ma talvolta richiede particolare concentrazione. Personalmente ho utilizzato molta attenzione nella lettura.
Ogni racconto sembra essere fine a se stesso: è come se l’intero libro non avesse un filo conduttore. Alle volte, le storie ti appaiono come surreali, come fossero distanti dalla realtà ma allo stesso tempo collegate alla stessa: è come se osservassimo quest’ultima attraverso una sorta di caleidoscopio.
E così ti troverai a leggere di dialoghi fra un asino e una capra, conversazioni tra una donna e una civetta, o anche tra un passero e un falco: dirai tu, bizzarro. Certo sì, ma anche affascinante.
Tutto nasce così: dalla penna e dalla fantasia dell’autore, ti scontri con questi scenari che non ti aspetti.
Ci racconta, finanche, di un Grande Museo delle Imprese Umane dove «…invece di esporre oggetti e opere per illustrare le diverse imprese, in ogni piano si potevano ascoltare dal vivo le narrazioni di esperti nei diversi settori di storia umana. Tali narrazioni si chiamavano “opere viventi”».
Personalmente mi ha molto colpita La farfallina bianca, una storia delicata all’inizio tanto da apparire quasi una favola, poi muta divenendo seriosa e un che di onirico, per poi tornare al lieto fine al termine della narrazione. In Concerto aspettando l’autobus la routine quotidiana viene scrutata dagli occhi di un arguto osservatore quale è l’autore; questi, proprio al fine di spezzare l’ordinaria monotonia della città, si immagina che ogni protagonista svolga un ruolo diverso e così un vecchio cieco con un bastone bianco attraversa la strada guidato da un cane viene mutato in un vecchio cieco che sale sul podio al centro del grande viale alza la bacchetta bianca. L’immaginazione fervida dell’autore ha salvato la città dalla monotonia.
L’ultimo racconto, quello conclusivo, si intitola Storie in attesa e posso assicurarti che è davvero un modo insolito di terminare un libro perché mai penseresti che un autore potrebbe così terminare il proprio lavoro.
L’invasione delle ballerine un libro che non ti aspetti ma che devi leggere
Un romanzo da leggere, indubbiamente, anche se a mio avviso è diretto ad una platea più adulta che sappia leggere tra le righe di questi racconti, che riesca a cogliere quella scrittura alle volte grottesca, altre irreale, altre ancora conducente alla riflessione sulla nostra società e sul modus d’essere degli uomini.
«Quella mattina, l’uomo che inventava ballerine si alzò molto presto. Frugò tra i giornali cercando i colori più belli e vivaci. Ritagliava dai grandi fogli i gialli luminosi e i rossi scarlatti, i verdi prato e gli azzurri cielo, i rosa fucsia e i neri ebano… Voleva rivestire le sue creature con abiti da festa. Specialmente, sceglieva le sfumature, i passaggi dal chiaro allo scuro, le macchie d’ombra dentro i colori. I colori, pensava, non sono monotoni e fermi, si muovono, virano da una tonalità all’altra. Ogni colore ne contiene altri.»