Transgender, chiunque abbia scampoli di riminiscenze etimologiche sa quale è il suo significato. Non ci sono traduzioni approssimative, la suddivisione della parola lo esprime bene, ” transizione del genere:” trans-itare da una situazione ad un’altra, trasformarsi, diventare qualcos’altro. Perfino la natura lo prevede, è contemplato che un baco diventi una farfalla che gli anfibi maschi si trasformino per riprodurre. Tutto può divenire, anche la natura umana!
Eppure è una parola che spaventa, divide, genera conflitti, non si è capaci di accettare che l’uomo possa non riconoscersi da ciò che la natura ha generato. il pregiudizio di forma costringe all’oscuramento dell’identità, impedisce l’evolversi di ciò che invece sarebbe probabilmente “naturale”!
Ciò che dovrebbe essere riconosciuto come naturale si è invece trasformato in una battaglia a cielo aperto. Un tabù che si sperava fosse stato superato da una maggiore affermazione dei diritti civili ma così’ non è stato. La più recente e funesta delle notizie è arrivata dritta dritta da un parlamento festante dopo la bocciatura della proposta di legge anti omofobia.
Una reazione politica che ha sconvolto tutti almeno quelli che, come me difendono il sacrosanto diritto di “proteggere persone omosessuali, donne e disabili dai cosiddetti reati d’odio, cioè l’istigazione a commettere atti violenti o discriminatori nei loro confronti”. Questa la giusta motivazione del disegno di legge Zan!
La mia amica e collega Pina Sutera lo ha ribadito bene nella sua rubrica e non posso che condividerla appieno. Una sconfitta morale e civile per chi credeva in una più giusta legittimazione identitaria. Eppure basterebbe guardare al passato per rendersi conto che il fenomeno non è poi così recente, anzi in tempi non sospetti non è certo mancato il coraggio di affrontare i pregiudizi per sentirsi veri fino in fondo.
Lili Elbe, storia della prima transgender
Nel 2020 è infatti è uscita una bella riedizione dell’autobiografia di Lili Elbe, considerata la prima delle transgender la cui biografia, se ricordi, è stata portata sul grande schermo dallo splendido film The Danish Girl diretto da Tom Hooper tratto dell’omonimo romanzo scritto nel 2000 da David Ebershoff pubblicato nel 2016 da Giunti Editore
Non ho letto il romanzo di Ebershoff ma ho visto la riedizione cinematografica e questo mi è bastato per comprendere quanto la natura non stipuli contratti con la vita.
Nel film come nel romanzo Lili nasce nel 1882 a Vejle, in Danimarca con il nome di Einar Mogens Andreas Wegener, pittore di paesaggi sposato a Gerda Gottlieb, anch’ella pittrice conosciuta durante la frequentazione dell’accademia d’arte a Copenaghen.
Siamo ai primi del novecento, la coppia lavora nel proprio studio di progettazione, tuttavia è la moglie, in qualche modo, a spingere il marito verso una iniziale scoperta di sé. Durante il lavoro, questa la trama del romanzo, Gerda chiede a Einar di posare con vestiti di donna,
“Da principio Einar è riluttante, ma presto viene completamente sedotto dal morbido contatto della stoffa sulla sua pelle. Via via che si abbandona a questa esperienza, il giovane entra in un universo sconosciuto, provando un piacere che né lui né Greta avrebbero mai potuto sospettare.
Quel giorno Einar ha un’autentica rivelazione: scopre infatti che la sua anima è divisa in due e forse lo è stata sempre: da una parte l’artista malinconico e innamorato di sua moglie, dall’altra Lili, una donna mossa da un prepotente bisogno di vivere…
La prima autobiografia, Fra Mand til Kvinde ( Dall’uomo alla donna) fu pubblicata a Copenaghen nel 1931 ed è la prima biografia in cui si parla di un soggetto sottoposto a un intervento chirurgico di trasformazione genitale.
Il libro pubblicato all’epoca in quattro lingue è stato poi ripreso da Pamela L. Caughie e Sabine Meyer e rieditato con il titolo di Man into Woman: un’edizione accademica comparativa, una edizione che si può anche consultare nel Lili Elbe Digital Archive (www.lilielbe.org).
Il sito è stato inaugurato il 6 luglio 2019, per commemorare il 100° anniversario della fondazione dell’Istituto per le scienze sessuali di Magnus Hirschfeld dove Lili Elbe fu inizialmente esaminata
Al di là del coraggio dimostrato, la vita di Lili Elbe è stata segnata anche da mille interrogativi e da profonda tristezza. La collaborazione iniziale con la moglie, di per sé trasgressiva, lo aiuta a prendere coscienza di quanto si sentisse più adeguato “nel vestire” un’identità più femminile, probabilmente soffocata in una fase più adolescenziale. Una frase tratta dal libro lo testimonia chiaramente,
“Non posso negare, per quanto strano possa sembrare, che mi sia divertito in questo travestimento. Mi piaceva la sensazione di morbidi vestiti femminili. Mi sono sentito molto a mi agio fin dal primo momento.”
Anche Gerda percepisce la lenta ma inevitabile trasformazione di Einar così come intuisce che è meglio allontanarsi dalla Danimarca, troppa bigotta per accettare il fenomeno.
Parigi quindi sembra essere la soluzione più giusta per vivere il menage famigliare più serenamente oltre a soddisfare la sua ambizione professionale.
Per Einar il percorso non è altrettanto facile. Dopo aver sostenuto umilianti visite mediche il giovane sceglie di andare in Germania all’Istituto Tecnico di Scienze Sessuali.
Lili Elbe, un percorso di consapevolezza e di frustrazione
Nel 1930 si sottopone al primo intervento di asportazione degli organi sessuali maschili, nel 1931 subisce il trapianto di ovaie che le consente di cambiare il sesso e il nome che da quel momento diventerà Lili Else Elvener, nome usato da Lili solo nei documenti ufficiali.
Successivamente il re di Danimarca, Cristiano X, annulla il matrimonio con Gerda e Lili decide di sottoporsi all’esimo intervento, quello di trapianto di utero della ricostruzione della vagina che però non supera morendo il 13 settembre del 1931.
La storia di Lili Elbe è tutta scritta nei suoi diari, sarà Niles Hoyer, un suo amico, a riprenderli e a pubblicarli con il titolo di Man into woman, un libro, purtroppo mai pubblicato in Italia. Tra le righe scritte non solo tutta la compresione e l’amore della moglie che ritengo personaggio fondamentale nel passaggio identitario di Lili, quanto lo smarrimento per le nuove sensazioni, la scoperta di sé, la tristezza per i pregiudizi, la paura di non farcela. A tutto questo Lili preferirà la solitudine e il distacco dalla realtà, desiderando perfino la vita monastica, una sottile infelicità che la perseguiterà per tutta la vita.
Eppure a lei dobbiamo molto più che una semplice rivisitazione letteraria. Lili Elbe rimane comunque il segno tangibile che, pur nelle inevitabili contraddizioni e sofferenze, essere stessi è il risultato a cui ambire.
A questo proposito è giusto ricordare anche Dora “Dörchen” Richter nata nel 1889, realmente la prima persona a un intervento chirurgico completo di riassegnazione di genere da maschio a femmina.
Come Lili, Dora è stata una delle tante persone transgender operate da Magnus Hirschfeld presso l’Istituto per la ricerca sessuale di Berlino. Di lei si sa che nel 1922 subì la rimozione chirurgica dei testicoli, seguita nel 1931 dalla rimozione del pene e dalla vagino plastica. Di lei non si è mai saputo nulla se non che sia morta in un attacco nazista all’Istituto.
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