Ormai manca poco a una delle uscite cinematografiche più attese dell’estate: Barbie – Il film. Per alcuni questa notizia potrebbe aver rivangato ricordi d’infanzia, di quando la famosa bambola americana è anche la protagonista di una serie di riscritture, che spaziano da Lo schiaccianoci, a Raperonzolo, I tre moschettieri, fino a Il lago dei cigni.
Non mancano poi le serie animate a episodi dedicate interamente alla celebre bambola, o le sue comparte in altre pellicole – come il cameo in Toy Story 2, o la sua parodia ne I Simpson, Malibu Stacy.
Forse è proprio grazie al suo essere una parte rilevante dell’infanzia delle ultime generazioni (chi non la voleva o non la possedeva, sicuramente ricorda almeno le pubblicità, soprattutto nel periodo di Natale, quando veniva realizzata una versione con abito da gran gala), che Barbie – Il film è atteso da così tante persone. Si tratta, inoltre, del primo live action a venire realizzato.
La prima Barbie aveva i capelli neri
Alla luce di tanto parlare, di tanta attesa e fermento, viene spontaneo chiedersi: ma da dove arriva Barbie? A chi è venuta l’idea di produrla?
La madre del progetto fu Ruth Handler, la moglie di uno dei fondatori della ditta di giocattoli Mattel, Elliot Handler. Un giorno, mentre la signora Handler osservava la figlia Barbara giocare, si rese conto che la bambina non era attirata dalle bambole – che allora erano tendenzialmente a forma di neonato – ma ritagliava immagini di modelle dalle riviste e le utilizzava come personaggi delle sue avventure.
La Handler propose quindi al marito di creare una bambola con fattezze adulte, in modo da venire incontro a quello che poteva essere un bisogno di molte bambine, non solo della loro figlia. Dopo qualche titubanza il progetto partì e il 9 marzo 1959 venne messa sul mercato la prima Barbie. Aveva i capelli scuri e indossava un costume zebrato.
Da quel momento ebbe inizio la storia – e la fortuna – di Barbie. Ben presto divenne bionda, dalla belle abbronzata e sempre sui tacchi; a volte guidava una decapottabile di un iconico color rosa, altre volte un camion. Poteva andare a cavallo o accarezzare un gatto; essere un’astronauta o una dottoressa. Insomma, c’era una bambola per ogni occasione. La Mattel arrivò persino a scrivere la sua storia completa: la sua genealogia (ha svariate sorelle, alcune delle quali sposate e con figli); i suoi amici (tutti con un qualche tratto particolare); persino i nomi delle scuole in cui ha studiato… non manca nulla.
Proprio perchè si tratta di un giocattolo così diffuso, Barbie non è stata esente alle critiche. Nel 1997, ad esempio, venne accusata di creare standard di bellezza irrealizzabili che rischiavano di portare all’anoressia chi cercava d’imitarli (ricordiamo che il giocattolo è rivolto in primo luogo a bambini e adolescenti, per quanto vi siano anche moltissimi collezionisti). Per questo motivo venne deciso di modificarne l’aspetto, allargando bacino e punto vita.
La Mattel, inoltre, lavora per rimanere al passo con i tempi, che sia creando – finalmente – modelli di Barbie che rappresentino etnie divere da quella caucasica – a partire dall’afroamericana Barbie Julia messa in commercio nel 1969; oppure introducendo professioni al di fuori di quelle considerate “tipicamente femminili” (e sarebbe proprio il caso di togliersi il concetto stesso dalla mente, per quanto mi riguarda) o con caratteristiche fisiche il più inclusive possibile.