Domani, 25 settembre, tutti gli italiani e gli aventi diritto al voto sono chiamati alle urne per esprimere la propria scelta politica. Adesso, non sono qui per dirvi chi sono i candidati, perché sicuramente li conoscerete meglio di me, ma solo per illustrarvi il Rosatellum, la legge elettorale che dal 2018 è in vigore.
Conosciamola meglio e cerchiamo anche di capire cosa succede se non si vota.
La legge elettorale Rosatellum
La legge elettorale comunemente chiamata Rosatellum è stata adattata per essere applicabile anche con il taglio dei parlamentari. Conoscere il suo funzionamento è importante per esprimere il proprio voto in modo consapevole.
In Italia le norme che disciplinano le elezioni parlamentari sono contenute in due testi unici, uno per la camera (dpr 361/1957) e uno per il senato (dpr 533/1993). L’approvazione di una nuova legge elettorale perciò si sostanzia nella modifica di questi due testi unici.
Questo è certamente il caso della legge elettorale nota come Rosatellum (l. 165/2017). Il nome giornalistico di questa norma deriva da un lato dall’allora capogruppo del Partito democratico Ettore Rosato (Italia viva nella XVIII legislatura). Dall’altro da un latinismo introdotto inizialmente dal politologo Giovanni Sartori che aveva ribattezzato mattarellum la disciplina elettorale approvata nel 1993 (l. 276/1993 e l. 177/1993).
Tra l’altro l’attuale disciplina elettorale riprende in buona parte proprio lo schema previsto dal mattarellum. Questo infatti per la prima volta introdusse una formula mista per cui una parte dei seggi erano attribuiti con sistema uninominale e una parte con quello proporzionale. La differenza principale tra queste leggi tuttavia sta nella quota di seggi attribuiti con i due sistemi. Infatti il mattarellum prevedeva che il 75% dei seggi fosse assegnato con il sistema uninominale e solo il restante 25% con il proporzionale. La legge in vigore oggi invece, come vedremo meglio più avanti, inverte sostanzialmente le proporzioni. Ad essere assegnati con sistema uninominale infatti sono solo i 3/8 dei seggi.
Collegi
Questa parte confonde un po’ di persone, e in effetti non è semplicissima. I collegi sono semplicemente ripartizioni del territorio italiano, che delimitano zone in cui, in sostanza, i candidati sono gli stessi. Ma ci sono ben quattro tipi di collegi: quelli plurinominali della Camera e quelli plurinominali del Senato, e quelli uninominali della Camera e quelli uninominali del Senato. Ogni comune – o quartiere, nelle grandi città – in Italia si trova contemporaneamente in quattro diversi collegi (uno per ciascun tipo appena elencato).
Cos’è un collegio plurinominale, cos’è un collegio uninominale
In pratica, tutti i collegi plurinominali contribuiscono a definire i due terzi dei deputati e senatori della prossima legislatura che saranno eletti con il sistema proporzionale. I collegi uninominali invece eleggono il rimanente terzo con il sistema maggioritario.
Nei collegi plurinominali, ciascun partito (anche quelli in coalizione) può presentare fino a quattro candidati (due maschi e due femmine). Sono listini “bloccati”, quindi gli elettori non possono esprimere una preferenza. Ciascun partito può eleggere un parlamentare, nessuno o più di uno in quel collegio: dipende da quanti voti prende e da quanti seggi sono in palio in quel collegio (ma è un calcolo molto difficile da fare preventivamente).
Nei collegi uninominali, ciascun partito che si presenta da solo o ciascuna coalizione propone un candidato o una candidata. Ciascuno di questi collegi mette in palio un solo seggio: lo ottiene il candidato o la candidata che prende almeno un voto più degli altri.
Come sono fatti i collegi
I collegi uninominali sono 147 per la Camera e 74 per il Senato: eleggono quindi 147 deputati su 400 e 74 senatori su 200. I seggi assegnati nei collegi plurinominali invece sono di più: 245 alla Camera e 122 al Senato, ma non corrispondono al numero di collegi (altrimenti non sarebbero plurinominali). Ognuno infatti assegna almeno due seggi (salvo qualche piccola eccezione): per questo i collegi plurinominali sono meno rispetto a quelli uninominali, e spesso si estendono su un’area più grande.
Per capirsi, i collegi uninominali della Camera sono i più piccoli, poi ci sono gli uninominali del Senato, poi vengono i plurinominali della Camera e infine ci sono i plurinominali del Senato che sono i più grandi (nelle regioni meno abitate, i collegi plurinominali corrispondono ai confini regionali).
Cosa succede se non voti e a chi va il voto non dato
Secondo l’articolo 48 della Costituzione, l’esercizio del voto è “dovere civico”. Non obbligo. In Italia quindi non succede nulla se un elettore, per qualsiasi motivo, decide di non votare. Quindi si potrà votare alle prossime elezioni.
E se non si vota mai?. Stessa risposta, si potrà votare sempre all’elezione successiva, il diritto elettorale rimane per tutta la vita, a meno di condanne penali che possono sospendere il diritto a esprimere la propria preferenza.
Più difficile rispondere alla domanda “a chi va il mio voto”. A tutti e a nessuno, verrebbe da dire. Se non si vota, non si sceglie nulla, si è ‘trasparenti’ per il sistema elettorale. Verrebbe da dire che “il voto di chi non vota” va al partito opposto a quello che quella persona sceglierebbe.