Negli ultimi anni, i movimenti per la consapevolezza del patrimonio culturale e che reclamano usanze autoctone quasi scomparse si stanno facendo sempre più forti e presenti. E insieme a loro è arrivato anche il concetto di appropriazione culturale.
Si tratta di una combinazione di termini che non è ancora molto comune in Italia, su cui i più non soffermerebbero la propria attenzione, e invece sono molti i comportamenti che rientrano nella sua sfera di competenza. Tuttavia, prima di tutto è necessario dare una definizione chiara, in modo da non avere dubbi sul soggetto.
Appropriazione culturale: non solo un concetto, ma anche un comportamento
Per appropriazione culturale s’intende l’utilizzo irrispettoso o inconsapevole da parte di membri di una cultura dominante di simboli, emblemi o più generale elementi di una cultura considerata minoritaria. Si tratta di un concetto nato nell’ambito accademico statunitense – patria del politically correct – verso la fine degli anni 2000, per diventare poi sempre più presente sul piano sociale e culturale.
Sebbene sia percepita come un problema molto presente soprattutto nel mondo anglofono occidentale, l’appropriazione culturale si può manifestare in moltissime forme. E la cosa peggiore è che non siamo allenati a rendercene conto.
Per esempio, ti è mai capitato di vestirti da indiano o indiana a Carnevale? Ecco, si tratta di appropriazione culturale. Prima di tutto, c’è da sottolineare che il termine corretto è nativo o nativa americana, ma il vero problema è proprio il costume. Quelli che per noi, abituati a immaginare Pocahontas della Disney (e anche qui ce ne sarebbe parecchio di cui parlare, partendo dal fatto che la figura storica era praticamente una bambina), non sono altro che abiti particolari e divertenti, per le culture delle varie popolazioni native sono veri e propri abiti cerimoniali, che rappresentano i vari stadi della vita, che fungono da collegamento con gli spiriti.
E prima che tu possa pensare “E allora è la stessa cosa di travestirsi da suora o da prete, no?” mi permetto di ricordarti che le popolazioni native americane sono state vittima di uno sterminio – anche culturale – che ha pressocché decimato le tribù autoctone, e che sono tutt’ora segregate in riserve.
Un’altra forma in cui si manifesta spesso l’appropriazione culturale è nella scelta dei soggetti per i tatuaggi. In quanti hanno deciso di farsi tatuare un semantogramma cinese o giapponese, perchè così dettava la moda del momento? E quanti di loro effettivamente conoscono la storia (o hanno almeno una vaga idea) dei caratteri che stanno usando? O peggio ancora, sono in grado di riconoscerli?
Perchè va bene che fa figo, ma i caratteri cinesi o giapponesi non sono come le lettere alfabetiche, che anche se storpiate un po’ non cambiano enormemente il proprio significato: basta un trattino per passare da mezzogiorno a mucca, senza rendersene conto. E soprattutto, non è che se scrivi “Credi in te stesso” in semantogrammi, ha più pathos che in italiano.
O ancora nelle pettinature, attingendo qui al patrimonio culturale afro-americano. Non solo ogni acconciatura ha una sua origine e una storia, ma capita spesso che gli appartenenti a questa comunità subiscano discriminazioni sul posto di lavoro o in pubblico quando hanno i capelli acconciati in questo modo. Al contrario, una persona bianca che sfoggi tale acconciatura non incontra lo stesso atteggiamento.
La giusta via di mezzo
Ovviamente, come tutto d’altronde, anche il concetto di appropriazione culturale va usato nel modo giusto. Non tutto ciò che prende spunto da panorami diversi è un’offesa. Le culture sono fluide per definizione: mutano, si contaminano, si fondono. Ciò che è importante è il rispetto. Prima d’intraprendere una qualsiasi azione, è necessario chiedersi se qualcuno potrebbe rimanere offeso da ciò.
La linea tra eccesso e giusta misura è sottile, parlando di appropriazione culturale così come di politically correct, ma non è nemmeno corretto liquidare questi concetti solamente perchè non pare non ci riguardino. Eppure, se ci pensi bene, non è così difficile non cadere nella parodia: basta fermarsi un attimo a riflettere, informarsi, e adottare un atteggiamento di rispetto verso qualsiasi cultura si stia prendendo come punto di riferimento.