Michela Murgia si è spenta lo scorso 10 agosto all’età di 51 anni.
Oggi desidero parlarvene non solo al passato, ricordandovi chi è stata e cosa ha fatto, ma anche e soprattutto al futuro, cercando di illustrarvi cosa ci ha lasciato come donna e come intellettuale. Perché come ha detto la sua amica Chiara Valeri durante i suoi funerali “è difficile parlare di Michela al passato. Quindi ve ne parlerò al futuro”.
Il passato di un’intellettuale al servizio degli altri
E già con questa prima fatica letteraria la Murgia dà prova della sua personalissima capacità di dare voce, attraverso le proprie esperienze, ai problemi della gente, tanto che dal suo romanzo ne vengono tratti un’opera teatrale e persino un film, diretto da Paolo Virzì.
Da lì non si è più fermata. Con Accabadora nel 2009 vince diversi premi (Premio Dessì, il Premio Mondello e il Premio Campiello) raccontando la storia di una delle figure più particolari della tradizione sarda: quella di “accabadora” appunto, una donna che giungeva nelle case dei morenti per donare loro una morte pietosa e piena d’amore.
Ma il suo amore è rivolto, non solo alla sua terra, a cui dedica diverse opere e per la quale si impegna attivamente ma all’essere umano, di cui si considerava una “appassionata”, soprattutto del genere femminile per il quale ha speso tanta parte delle sue energie. Moltissime sono le opere dedicate al mondo delle donne da L’ho uccisa perché l’amavo: falso! sul tema del femminicidio fino ai saggi Ave Mary. E la chiesa inventò la donna del 2011 e God Save the Queer. Catechismo femminista del 2022 in cui dimostra come fede cattolica, femminismo e persino il concetto di famiglia queer non siano poi così inconciliabili.
Grande è la sua attenzione anche alle donne della letteratura, del mito e della storia. Ne L’inferno è buona memoria tesse l’elogio delle Nebbie di Avalon uno dei capisaldi della letteratura fantasy, nonché della letteratura femminista. Ed è da questa lettura che nasce il suo sodalizio con Morgana, la protagonista del romanzo, una delle figure femminili che più l’hanno affascinata.
Proprio a Morgana è intitolata una serie di podcast condotto e scritto insieme all’amica e scrittrice Chiara Tagliaferri a partire dal 2018. Qui illustra le storie di moltissime donne che, come Morgana, hanno rotto tutte le catene dei pregiudizi e degli stereotipi mettendo la propria voce, al servizio di chi quella voce non l’aveva o non era abbastanza forte da poter essere ascoltata.
Ed è così che mi piace ricordare Michela: una Morgana moderna che ha lottato per preservare il mondo che tanto amava e che, proprio in virtù di questo amore, ha cercato di cambiare.
Il presente e la malattia
A maggio 2023, però, in un’intervista al Corriere della Sera Michela Murgia dà la sconvolgente notizia: la malattia che già una volta aveva debellato nel 2014 è tornata ed è incurabile. Ma ciò che l’ha resa un simbolo e un faro per molti non è la notizia della malattia o la sua lotta con essa, ma la sua convivenza.
L’ha definita spesso “una malattia gentile” che le ha permesso di vivere la sua vita serenamente, anzi dandole occasione di vivere e fare esperienze che, in altre circostanze, avrebbe forse rimandato o rifiutato di fare. È grazie alla malattia, ad esempio, che ha scelto di sposarsi o di comprare una cosa dove riunire tutta la sua famiglia “ibrida” come amava definirla lei.
Per Michela Murgia la malattia non era qualcosa da combattere, ma da accettare, da capire, come una vecchia amica che ricerca fin troppe attenzioni.
Per certi versi, il frutto di questa convivenza prende forma letteraria nel suo ultimo romanzo Tre ciotole in cui Michela Murgia illustra storie diverse (tra cui anche quella autobiografica di una donna malata di tumore) e offre dei consigli su come affrontare quei momenti di crisi in cui ogni cosa sembra rovesciata e non si riesce più a trovare una via d’uscita. In quel caso, forse, l’unica cosa da fare è fare un sospiro, sorridere e andare semplicemente avanti.
Il futuro e l’eredità di Morgana
E ce ne dà la certezza Alessandro Giammei, uno dei figli di Michela Murgia, scrittore e professore di Letteratura italiana a Yale, nonché curatore dell’opera della madre. Giammei assicura, infatti, che la Murgia ha scritto fino all’ultimo giorno della sua vita riuscendo a terminare un ultimo romanzo sulla genitorialità che potrebbe uscire molto presto.
A questo si aggiunge anche molto altro materiale: racconti, file, progetti sparsi che forse, grazie proprio all’aiuto della sua famiglia e dei suoi cari un giorno potrebbero vedere la luce continuando a farci udire la voce di Michela.
Mi piace quindi pensare che la scrittrice abbia scelto volutamente di andarsene il 10 agosto, la notte delle stelle cadenti. Perché proprio come una cometa possa illuminare continuamente le nostre vite, suggerendoci la strada da percorrere o anche semplicemente per ricordarci di splendere, sempre, anche quando tutt’intorno non ci sono altro che tenebre.
Voglio lasciarvi con una straordinaria definizione di intellettuale che Michela Murgia ha fatto nel 2019 a chiusura della manifestazione “Pescasseroli legge”:
L’intellettuale per definizione non è solo un competente del reale. È un forgiatore del reale. È uno che davanti alle ingiustizie, alla “cosa storta” e all’orizzonte in cui non si riconosce decide di trovare gli strumenti e di condividerli affinché quella “cosa storta” venga riassestata cosicché tutti vi si possano riparare sotto. E questo vale per tutti.
Questo fa l’intellettuale: apre l’ombrello, poi qualcuno verrà sotto. E un bel giorno, chissà, magari smetterà anche di piovere.