Capita spesso che in programmi televisivi o in contenuti multimediali disponibile su varie piattaforme online partecipino persone che utilizzano la LIS, la lingua dei segni italiana – anche il telegiornale, in alcuni orari e su alcuni canali, viene tradotto da un interprete di lingua dei segni.
Ad avere sempre un grande impatto sono le interpretazioni delle canzoni, che riscuoto applausi e commozione (penso soprattutto a esibizioni durante Italia’s Got Talent e format simili). Tuttavia, quanti di noi, una volta terminati quei cinque minuti di focus, si sono poi presi la briga di andare a d’indagare e scoprire davvero di cosa si tratta? Di come funziona questa lingua? Della situazione legislativa che la riguarda?
Ammetto di non averlo fatto subito neppure io, ma a furia d’incontrare l’argomento (e dopo aver letto il libro Quando all’alba saremo vicini di Kristin Harmel), ho deciso d’informarmi, e questo è il risultato.
Che cos’è la LIS, la lingua dei segni italiana?
A differenziare già superficialmente la lingua dei segni italiana dalla lingua italiana è prima di tutto il fatto di non veicolare significati attraverso il suono (perchè le parole quello sono, quando vengono pronunciate), ma tramite una combinazione visivo-gestuale.
La lingua dei segni si compone, infatti, di due tipi di componenti: manuali – configurazione, locazione, movimento del segno, orientamento del palmo o delle dita di una o entrambe le mani – e non manuali – sguardo, espressione facciale, gesto labiale e busto. È una combinazione dei due che permette ai segnati di esprimersi efficacemente tramite questa sistema complesso.
La lingua dei segni è proprio questo, infatti: una lingua, con una propria sintassi e una propria grammatica, che per quanto possano essere vicine a quella della lingua italiana, non sono però identiche. La LIS, per fare qualche esempio, predilige una struttura della frase soggetto-oggetto-verbo (“io il libro ho letto”, come in tedesco, in giapponese o in coreano, per citarne un paio), e non soggetto-verbo-oggetto (“io ho letto il libro”). A volte, durante la fase di traduzione o interpretazione, si adotta una struttura più simile a quella della lingua italiana, ma si tratta quasi di una forzatura, un ordine dei componenti della frase che il segnate non utilizzerebbe in altri contesti.
Un’altra differenza interessante è il modo di porre le domande. Dove la lingua italiana utilizza il tono di voce, la LIS si serve delle espressioni facciali, che variano da un imperativo, a una domanda diretta – che richiede risposta affermativa o negativa – o complessa – la cui risposta deve essere più articolata – fino a segnalare le frasi relative. Altri aspetti grammaticali, poi, avvicinano la lingua dei segni italiana a idiomi come il basco, il latino e persino il greco.
Lo Stato italiano riconosce la LIS come lingua ufficiale?
Sebbene la lingua dei segni sia un idioma che esiste e viene utilizzato da secoli, un suo studio approfondito cominciò in ambito anglofono soltanto negli anni Sessanta del secolo scorso. Di conseguenza (perchè ci vuole sempre un po’ di tempo perchè i nuovi approcci si espandano), in Italia tali studi arrivarono soltanto negli anni ’80.
Dal punto di vista legislativo, la lingua dei segni italiana è diventata una delle lingue ufficiali dello Stato soltanto nel 2021, dopo anni di proteste e manifestazioni – il primo disegno di legge era stato presentato alle Camere già nel 2011, ma non era mai stato approvato da ambe due le parti dell’organo legislativo. I problemi, però, permangono, visto che le figure professionali essenziali di assistenza non sono ancora interamente riconosciute – anche se il loro impiego è un diritto fondamentale degli appartenenti alla comunità sorda.
Fortunatamente, ci sono svariati metodi per apprendere la lingua dei segni italiana, sia gratuiti che di formazione universitaria, l’importante è ricordare che ci si trova davanti a quella che può essere considerata a tutti gli effetti come una lingua straniera, e quindi ci vogliono tempo, dedizione, esercizio e motivazione (come nessuno si aspetta d’imparare fluentemente l’inglese in tre mesi, lo stesso discorso vale per la lingua dei segni).