So che può sembrare strano, iCrewer, ma hai mai pensato a quanto importanti siano stati i piccioni viaggiatori nella storia dell’uomo? L’idea mi è venuta così all’improvviso, e allora ho deciso d’indagare.
Leggendo romanzi storici, prima o poi a tutti capita d’imbattersi in scene che potrebbero suonare come:
Entrò nella piccionaia come una furia, la piccola pergamena stretta nel pugno, al sicuro da occhi indiscreti. Scelse con cura il piccione da inviare, per non rischiare di sbagliare destinazione, e, mentre decine di piccoli occhi lo osservavano placidi, alcuni prima di tornare a dormire, altri arruffando le piume, legò il rotolo alla zampetta.
Lasciò andare il volatile solamente una volta raggiunto il punto più nascosto del camminamento sulle mura, dove era meno probabile che le spie potessero scorgere l’uccello prendere il volo. Ora non c’era altro da fare che sperare che la notizia giungesse in tempo.
Se un dettaglio del genere si è fatto strada in un numero così elevato di testi, vuol di certo dire che si trattava di un asso nella manica non da poco. Per questo motivo, visto che a Libri dalla Storia ci occupiamo sì di grandi fatti e opere importantissime, ma anche di curiosità e aneddoti che troppo spesso non trovano spazio da nessun’altra parte, ho deciso di indagare. Sei curioso di sapere cos’ho scoperto?
Piccioni viaggiatori: portiamo la tua posta attraverso i cieli dal 2900 a. C.
Eh sì, hai capito proprio bene! Questi piccoli volatili furono utilizzati come postini del cielo già poco meno di cinquemila anni fa (impressionante, non trovi?), nell’Antico Egitto. Trasportavano soprattutto messaggi militari, che dovevano giungere alle persone giuste nel minor tempo possibile.
Questo perché il piccione viaggiatore, una specifica varietà di quello domestico, può coprire in una giornata circa novecento chilometri – più o meno come quelli necessari per andare da Roma a Praga, per intenderci – a una velocità persino di ottanta chilometri orari.
Tuttavia, la loro dote più importante, la qualità che li ha resi noti e indispensabili, è l’istinto che li rende in grado di far ritorno al luogo in cui sono nati. I meccanismi da loro usati per seguire questa necessità sono molti e complessi: quella che potremmo definire una sorta di bussola interna, che permette ai piccioni viaggiatori di percepire il campo magnetico terrestre; un sistema olfattivo per riconoscere la combinazione unica di odori del nido di nascita; la capacità di individuare alcune caratteristiche paesaggistiche e un metodo di orientamento basato sulla posizione del sole.
Una volta che gli antichi notarono questa loro dote, dovettero soltanto affinare le tecniche di allevamento e il gioco fu fatto. A impiegare questi intelligentissimi pennuti non furono certo solo gli egizi, ma notizie della presenza di piccionaie si hanno anche nell’impero persiano, in Cina, in India e, ovviamente, tra le civiltà del Mediterraneo, Roma in primis.
Ciò che invece può sembrare più strano è il fatto che i piccioni viaggiatori continuarono a venire allevati e impiegati per consegnare messaggi fino alla Seconda guerra mondiale. Questo perchè, oltre a essere veloci, hanno una caratteristica che ha sempre fatto comodo in tutti i conflitti, dalle Crociate alla guerra franco-prussiana del 1870-71: garantiscono una privacy molto maggiore rispetto a strumenti come il telegrafo o il telefono, le cui comunicazioni possono essere intercettate.
Per questo motivo, i piccioni viaggiatori tornarono in auge nelle due Grandi guerre del ‘900: essendosi rivelati così indispensabili durante il conflitto del 15-18, i piccoli pennuti furono arruolati anche dagli Alleati, tanto che fu proprio un volatile a portare alle varie truppe sparse per l’Europa il messaggio del successo dello sbarco in Normandia. A suggellare l’importanza del loro ruolo, i piccioni viaggiatori vennero anche insigniti della medaglia Dickin, riservata agli animali-soldato.
Al di fuori degli scopi militari, in tempi moderni questi volatili vennero impiegati anche per mappare il territorio. Venivano equipaggiati con piccole macchine fotografiche, che scattavano a ripetizione, permettendo di ricavare immagini abbastanza dettagliate, vista l’altezza non estremamente vertiginosa a cui volano i piccioni.
Un paio di titoli per approfondire
Devo essere sincera, non è che io abbia trovato così tanti libri sui piccioni viaggiatori. Sicuramente spicca Il colombo viaggiatore di Gianmaria Airaghi, edito da Booksprint, ma poco altro. Per questo motivo, ho deciso di riportarti le coordinate di altre due opere che nominano questo uccello nel titolo, e le cui trame mi sono sembrate molto interessanti: La misteriosa scomparsa del piccione viaggiatore di Marjana Gaponenko, edito da Elliot e Il volo del piccione viaggiatore di Christian Garcin, e pubblicato da Ponte delle Grazie.