Ora che la Pasqua è venuta e passata, è certamente possibile affermare che di anno in anno le uova decorate, di cioccolato e non, diventano sempre più opere d’arte. C’è, però, un gioielliere che deve la sua immensa fortuna proprio a delle piccole uova: Peter Carl Fabergé.
Forse ti sarà già capitato di sentire il suo nome, visto che sono moltissimi i film e i prodotti di animazione contemporanei che hanno citato in qualche modo queste opere inestimabili. Riferimenti a Fabergè compaiono, infatti, non solo in programmi di ambientazione storica, come Peacky Blinders; o d’investigazione quali White Collar e La signora in giallo; ma anche in alcune puntate de I Simpson, Detective Conan e Lupin.
Recentemente, è stata persino realizzata una versione moderna di un uovo di Fabergé, per commemorare i dieci anni dall’uscita della serie Trono di Spade.
Viene allora spontaneo chiedersi: cos’hanno di tanto speciale queste uova, per essere così famose dopo più di cento anni dalla realizzazione del primo esemplare?
Le uova di Fabergé: doni preziosi e cimeli di memoria
Come sempre, per fare chiarezza su un determinato tema, è meglio partire con una definizione e con l’inizio della vicenda. Le uova di Fabergé sono capolavori dell’arte orafa, realizzati dall’omonimo gioielliere a cavallo da Otto e Novecento. Ogni esemplare è totalmente e ineccepibilmente unico e meraviglioso, sia per dimensione che per tema sviluppato nella creazione.
Si stima che l’orafo russo realizzò, nel corso della sua carriera, in totale circa sessantanove uova, cinquantadue delle quali su commissione dello zar. Visti i burrascosi eventi che hanno interessato la Russia nel ‘900 – dalla Rivoluzione d’Ottobre, alla Seconda guerra mondiale, e infine la dittatura sovietica – non deve stupirci che non tutti i gioielli siano arrivati fino a noi: se ne contano circa cinquantasette, sparsi in musei e collezioni private in tutto il mondo.
Il primo uovo fu commissionato a Fabergé nel 1885 dallo zar Alessandro III (quello che, oltre a imporre svariate altre innovazioni, abolì la servitù della gleba), il quale intendeva donarlo a sua moglie, la regina Maria Fëdorovna, in occasione della Pasqua. La creazione emulava un uovo di gallina, salvo poi contenere una moltitudine di preziose sorprese, una inserita nell’altra, nello stile delle matrioske.
L’opera fu così mirabile e strabiliante, che la regina decise di nominare Fabergè gioielliere di corte. Non serve dire che si trattò dell’inizio di una tradizione di doni preziosi, commissionati dagli zar per le proprie consorti e, per quanto riguarda Nicola II (figlio e successore di Alessandro), anche alla regina madre.
Le uova variavano per dimensioni – grandi anche come un uovo di struzzo – e in materiali di realizzazione – dalle pietre preziose, all’oro, fino all’acciaio. Anche i temi a cui il gioielliere decideva di ispirarsi erano sempre diversi (non solo celebrazioni alla famiglia, ma anche omaggio a ricorrenza storiche o, per esempio, conquiste tecnologiche come la linea ferroviaria Transiberiana), e dettavano l’estetica dell’opera, che poteva andare dal barocco allo stile liberty. Ogni creazione si differenziava, poi, non solo per la sorpresa, ma anche per i metodi di apertura: longitudinalmente, ad ante o in modo trasversale.
L’uovo d’acciaio (1916), ad esempio, fu realizzato con acciao, oro e nefrite, e all’interno contiene il monogramma della regina e le due statuine dello zar Nicola II e del figlio, entrambi in uniformi dell’esercito (si era nel pieno della Prima guerra mondiale, dopotutto, e non stava bene che lo zar facesse doni eccessivamente preziosi). L’uovo dei gigli (1899), invece, è alto ventisette centimetri, costruito in oro, argento, platino e onice, decorato da diamanti a taglio rosetta. Il gioiello, che funge anche da orologio, conteneva in origine un ciondolo di rubini e diamanti.
L’uovo del Caucaso (1893, uno degli ultimi regali di Alessandro III) è uno dei pochi esemplari di colore rosso, in quanto il futuro principe ereditario Alekseij soffriva di emofilia, e un dono con tale tinta sarebbe certamente risultato inopportuno. Sfarzoso e ricco, questo gioiello è creato “d’oro, argento, smalto rosso rubino, diamanti taglio rosetta e diamanti tagliati come una lastra sottile, platino, perle, cristallo di rocca e acquerello su avorio“.
Meno noto è il fatto che Fabergé non lavorò solo per la corona di Russia, ma fabbricò sette uovo di Pasqua per il nobile russo Alexander Kelch. Queste creazioni sono, se possibile, ancora più grandi, ricche e sfarzose di quelle dello zar.
I consigli di lettura che posso offrirti, iCrewer, purtroppo sono solamente in lingua: Faberge’s Eggs: One Man’s Masterpieces and the End of an Empire di Toby Faber, Les animaux de Fabergé: Miniatures des Collections royales d’Angleterre di C. de Guitaut e The Faberge Museum: Directors’ Choice di