Caro icrewer,
visto che l’estate è giunta e presto saremo consumati tutti dal caldo, ho deciso di portarti in un luogo fresco e incontaminato, ancora lontano dal caos e dalla frenesia del nostro mondo. Sto parlando, nientemeno che delle regioni artiche!
Queste terre sono state studiate a lungo dall’esploratore irlandese Ernest Shackleton, considerato uno dei principali protagonisti della epoca eroica dell’esplorazione antartica che va da fine Settecento fino agli inizi del Novecento. Proprio in questi giorni, inoltre, sono stati ritrovati i resti della Quest, l’ultima nave guidata da Shackleton fino ai confini meridionali del pianeta.
Scopriamo insieme qualche dettaglio in più di questa appassionante storia!
L’epoca eroica dell’esplorazione antartica
L’esplorazione del mondo è sempre stata una delle attività che hanno caratterizzato l’esistenza umana. Dai racconti di Erodoto nell’antichità, alle cronache medievali di monaci esploratori, fino ai diari di viaggio dei più famosi esploratori moderni e contemporanei: la letteratura di viaggio è uno dei generi più affascinanti del panorama letterario di ogni tempo e luogo.
Ma i poli del mondo sono state sempre zone estremamente difficili da raggiungere ed esplorare e, forse anche per questo, le più ambite. Fino al Settecento, inoltre, si pensava che a sud del mondo si trovasse un enorme continente abitato, noto come Terra Australis. Il primo a smentirne l’esistenza fu James Cook che sul finire del Settecento riuscirà a raggiungere l’Antartide. L’esploratore, però, a causa degli enormi iceburg non riuscì ad addentrarsi più all’interno e raggiungere l’ambito Polo Sud.
Le esplorazioni proseguirono per tutta la prima metà dell’Ottocento quando diversi esploratori, come Charles Wilkes e James Ross, cercarono di portare avanti le scoperte di Cook. Tuttavia anche loro non riuscirono ad aggirare del tutto il muro di ghiaccio che proteggeva l’Antartide e si limitarono a fermarsi sulla costa. Le difficoltà incontrate durante le numerose spedizioni portarono le società scientifiche ad abbandonare molti dei progetti volti a conoscere e studiare le terre più a sud del mondo.
Ernest Shackleton fu uno degli ultimi, grandi “eroi” di quest’epoca. Il motivo per cui questi esploratori erano definiti in questo modo risiede nel fatto che non erano mossi unicamente da intenti scientifici. A spingere ad esplorare queste terre lontane era uno spirito romantico, patriottico. Molti di questi navigatori furono anche poeti, letterati e fotografi e non intendevano soltanto scoprire nuove terre, ma anche celebrarle e renderle immortali proprio come molti altri esponenti del romanticismo ottocentesco.
Ernest Shackleton: l’eroe dei ghiacci
Shackleton nacque a Kilkea House, in Irlanda, nel 1874. Suo padre era un medico e aveva previsto per lui la medesima carriera ma Shackleton dimostrò da subito una certa insofferenza verso quella vita. A soli 16 anni si arruolò nella marina mercantile inglese, grazie alla quale partecipò a diverse esplorazioni come marinaio e navigatore.
La svolta arrivò nel 1901 quando prese parte alla Spedizione Discovery, la prima missione esplorativa dell’Antartide finanziata dal governo britannica. Fu in questa occasione che si innamorò del continente antartico a cui dedicò tutto il resto della propria vita. Nel 1909 guidò personalmente la Spedizione Nimrod con cui intendeva raggiungere il Polo Sud, il punto più a sud del pianeta Terra. Purtroppo non ci riuscì e, per mancanza di viveri e di mezzi, fu costretto a ritirarsi ad appena 180 km dal polo sud con una frase divenuta poi leggenda «Meglio un asino vivo che un leone morto».
Non fu Ernest Shackleton a raggiungere per primo il Polo Sud, ma un altro esploratore Roald Amundsen qualche anno dopo. Tuttavia l’esploratore irlandese non si scoraggiò e nel 1914 decise di ritornare tra i ghiacci in quella che è la sua impresa più famosa: la Spedizione Endurance. Su questa rocambolesca spedizione che si proponeva come obbiettivo quello di attraversare, con slitte e a piedi, l’intero continente antartico, lo stesso Shackleton scrisse un libro, dal titolo Sud che ebbe un enorme successo.
Infatti, seppur la spedizione fallì Shackleton e il suo equipaggio vissero un’avventura che nulla ha da invidiare a qualsiasi poema epico mai scritto. La vicenda è narrata nel dettaglio da Alfred Lansing, nel suo meraviglioso libro, a metà tra il saggio e il romanzo, dal titolo Endurance. L’incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud.
La Endurance rimase, incagliata tra i ghiacci, a migliaia di chilometri di distanza dai più vicini insediamenti abitati e, soltanto grazie all’eroismo di Shackleton il suo equipaggio riuscì a sopravvivere. Mentre la Endurance affondava, stritolata tra i ghiacci, il Capitano irlandese aveva evacuato i suoi marinai che, assieme a lui, furono costretti per diversi mesi a dormire sui ghiacci in condizioni proibitive prima che lo stesso Shackleton riuscisse a trarli tutti in salvo.
Il fallimento della Endurance non spezzò lo spirito d’avventura di Shackleton che già nel 1921 era pronto a ritornare tra i ghiacci con una nuova nave, la Quest. Inizialmente pensata per portarlo al Polo Nord, anche la Spedizione Quest si rivolse al sud. Quando la nave partì da Londra, tutti si aspettavano una nuova epica impresa, una storia destinata a diventar leggenda ma, purtroppo, Ernest Shackleton morì pochi mesi dopo la partenza.
La Quest ha continuato a veleggiare anche senza il suo Capitano fino a che non scomparve misteriosamente nel 1962. Per molto tempo non si seppe più niente dell’ultimo lasciato del capitano Shackleton, almeno fino a qualche giorno fa quando la Royal Canadian Geographical Society ha annunciato di aver individuato i resti della nave, affondata nelle acque a largo di Terranova. Le ricerche condotte dalla società canadese, rivelano, inoltre, che la nave si trova in posizione quasi verticale sul fondo del mare ma, per quanto compromessa risulta ancora in buona parte intatta.
Un segno, forse, un omaggio dei ghiacci alla risolutezza e allo spirito immortale del suo Capitano che, siamo certi, continuerà a risuonare ancora a lungo.