Con Libri dalla Storia, oggi ho deciso di uscire dalla mia zona di confort, per addentrarmi nel genere letterario che, forse, mi è meno famigliare in assoluto: la poesia. Perchè, ti chiederai, allora ne stai scrivendo? Per parlarti di Charles Baudelaire.
Ti avviso fin da subito, non sono un’esperta assoluta sull’argomento, anzi, si tratta un po’ di un azzardo da parte mia (spero che mi perdonerai e mi farai notare se c’è qualcosa che non quadra). Per questo, ho pensato di lasciare da parte la nozionistica, gli studi biografici, tecnici e interpretativi su Baudelaire, e preferire un approccio “di pancia”.
Ho deciso di raccontarti perchè un’avida lettrice di romanzi, saltuariamente bazzicatrice di saggi, ha nella sua libreria anche la raccolta di componimenti intitolata I fiori del male (edizione con testo originale a fronte perchè, sebbene io di francese non sappia un’accidenti, sono una fiera sostenitrice dell’importanza sì di una buona traduzione, ma anche del contatto con il testo nella lingua in cui l’ha pensato l’autore).
La musa malata
Ahi, mia povera musa, che cos’hai stamattina?
Nei tuoi occhi infossati fan ressa le visioni
notturne, e a freddi lampi sul tuo viso
passano taciturni l’orrore e la follia.
Il succubo verdastro e il diavoletto rosa
paura e amore dalle urne hanno versato?
Dispotico e maligno l’incubo t’ha tenuta
con la testa sott’acqua in un Minturno favoloso?
Io voglio che il tuo petto odori di salute
e sia abitato da forti pensieri
e che il sangue cristiano ti pulsi nelle vene
cadenzato, sonoro come nei ritmi antichi
dove regnano a turno il padre di ogni canto,
Febo, e il grande Pan, signore delle messi.
Charles Baudelaire: il fascino del macabro, del dolore, del non perfetto
Ricordo ancora quando ho deciso di acquistare un’opera di Baudelaire: era il pomeriggio del giorno dell’esame di maturità e avevo concluso da poco l’orale. Ero entrata in libreria con uno scopo preciso, per soddisfare il desiderio che era – e continua a essere – la luce in fondo a quel tunnel che è il periodo degli esami: regalarmi almeno un lubro (più comunemente, minimo un paio).
Il motivo per cui tra la pila dei predestinati è finito anche I fiori del male è molto semplice: si trattava dell’opera dell’unico autore di cui ricordassi vividamente una poesia. E quando, durante la lettura di Storia di due anime di Alex Landragin, proprio quel componimento, L’albatro, si è rifatto vivo, ho capito che dovevo parlartene.
Le parole di Baudelaire mi colpiscono, lasciano in segno, tratteggiano nella mia mente un’immagine che non svanisce con il tempo, di cui una nuova lettura rafforza tratti e colori, aggiungendo particolari. Adoro che egli sia stato tra i primi a non parlare solamente d’idillio, a non trattare soltanto dei crucci e delle pene del proprio animo, ma a descrivere con i suoi versi la città e la vita che gli scorrevano intorno in tutto il loro orrore, la loro crudeltà e il loro dolore, senza ricoprirle di una patina di dorata perfezione.
Ha parlato di esistenza, di morte, d’ideale e della fatica di stare al mondo. Ha trattato esotismo e fede cristiana. Aveva intenzione d’intitolare questa sua raccolta – la più famosa – come un componimento per l’epoca inaccettabile – e per questo censurato in fase editoriale: Donne dannate. Delphine e Hippolyte (avrei voluto riportartelo, ma sarebbe stata una citazione decisamente troppo lunga).
Baudelaire è il capostipite dei poeti dannati, esempio di vita scellerata e dissoluta, ai margini della società e, per questo, in grado di immortalare con più chiarezza le ombre, l’oscurità più profonda, del luccichio in superficie. I suoi versi sono ricchi di simboli, di allegorie e analogie che ricreano scenari complessi, stratificati, che lasciano a ognuno di noi lo spazio per riconoscerci nelle parole del poeta.
Armonia della sera
È il tempo che ogni fiore sul suo stelo
esala, vibrante turibolo, il suo incenso;
suoni e odori volteggiano nell’aria della sera,
valzer malinconico e scosceso languore!
Esala ogni fiore, turibolo, il suo incenso;
freme un violino come cuore affranto;
valzer malinconico e scosceso languore!
Il cielo è triste e bello come un immenso altare.
Freme un violino come un cuore affranto
che tenero odia il nulla vasto e nero!
Il cielo è triste e bello come un immenso altare;
coagula il sangue che ha annegato il sole.
Un cuore che odia il nulla vasto e nero
compone le spoglie del passato di luce!
Coagula il sangue che ha annegato il sole…
Come un ostensorio splende in me il tuo ricordo!
I fiori del male
I movimenti segreti della sensibilità e della coscienza, la malattia, la morte, la noia e la solitudine, l’osservazione della vita in ogni sua forma, dalla più pura alla più perversa, sono al centro della grandiosa e attualissima arte poetica di Baudelaire, qui raccolta in un volume che comprende tutta la sua produzione.
Giovanni Raboni, che per un quarto di secolo si è cimentato con la traduzione dell’opera di Baudelaire, ne propone una versione aggiornata, nell’intento di “rendere più coperta, più implicita, meno espressionisticamente vistosa” la “divaricazione fra alto e basso, fra sublime e comico, fra “poesia” e “prosa”, che sta alla base e che definisce la singolarità del poeta parigino.