In questi giorni, dopo la triste storia di Giulia Cecchettin, stanno aumentando le iniziative contro i femminicidi, ed in questa cornice si inserisce la lettura dei libri di Michela Murgia contro il patriarcato. L’ultima iniziativa il 3 dicembre, presso la libreria Ubik nel centro storico di Napoli, Purple Square Campania ha concluso il secondo incontro dedicato ai libri della scrittrice attivista.
L’incontro a Napoli
Domenica 3 dicembre 2023, presso la libreria Ubik nel centro storico di Napoli, Purple Square Campania ha concluso il secondo incontro dedicato ai libri di Michela Murgia. Il dibattito ha avuto come protagonista il libro Stai Zitta e altre nove frasi che non vogliamo più sentire. Un testo più attuale che mai, soprattutto in questi drammatici giorni, caratterizzati da un’ondata di femminicidi, che ancora non si arresta.
Durate lo scorrere delle due ore, un pubblico molto vivace e partecipativo, ha animato il dibattito, offrendo importanti riflessioni sui temi principali del libro. Un momento di confronto intenso, sul ruolo della donna, ma soprattutto sul linguaggio, ricco di luoghi comuni utilizzati per definire le donne.
L’evento è stato ospitato dalla libreria Ubik, diventato punto di riferimento per Purple Square Campania, che porta avanti l’eredità culturale e letteraria di Michela Murgia. Il prossimo appuntamento è fissato per domenica 14 gennaio 2024 alle ore 17 presso la libreria Ubik di Napoli. Il libro scelto è Ave Mary.
Cos’è il patriarcato
Il patriarcato è un sistema sociale e culturale in cui il potere e l’autorità sono principalmente detenuti dagli uomini, a discapito delle donne e di altri gruppi non maschili. Questo sistema si basa su strutture gerarchiche che privilegiano il genere maschile, consentendo agli uomini di detenere il controllo politico, economico, sociale e culturale nelle comunità e nella società nel suo complesso.
Nel patriarcato, le norme sociali, le leggi, le istituzioni e persino le dinamiche familiari possono favorire gli uomini, creando disparità di potere e opportunità tra i generi. Questo può manifestarsi in vari modi.
Come disuguaglianza di genere: le donne possono sperimentare discriminazione o limitazioni nelle opportunità lavorative, nell’accesso all’istruzione, nella partecipazione politica e in altri ambiti della vita sociale.
Attraverso la definizione rigida di ruoli di genere: nel patriarcato, ci sono aspettative sociali rigide sul comportamento e sui ruoli di genere. Gli uomini sono spesso incoraggiati a essere dominanti, assertivi e a occupare ruoli di leadership, mentre alle donne possono essere assegnati ruoli di cura, subordinati o confinati a determinati ambiti.
Con la violenza di genere: il patriarcato può contribuire a un ambiente che favorisce la violenza contro le donne e altre minoranze di genere. Questa violenza può assumere forme diverse, tra cui violenza domestica, molestie sessuali, discriminazione sul posto di lavoro e così via.
I libri di Michela Murgia contro il patriarcato
Qui puoi trovare alcuni libri di Michela Murgia contro il patriarcato:
- Ave Mary. E la chiesa inventò la donna: La chiesa è ancora oggi, in Italia, il fattore decisivo nella costruzione dell’immagine della donna. Partendo sempre da casi concreti, citando parabole del Vangelo e pubblicità televisive, icone sacre e icone fashion, encicliche e titoli di giornali femminili, questo libro dimostra che la formazione cattolica di base continua a legittimare la gerarchia tra i sessi, anche in ambiti apparentemente distanti dalla matrice religiosa. Anche tra chi credente non è. Con la consapevolezza delle antiche ferite femminili e la competenza della persona di fede, ma senza mai pretendere di dare facili risposte, Michela Murgia riesce nell’impresa di svelare la trama invisibile che ci lega, credenti e non credenti, nella stessa mistificazione dei rapporti tra uomo e donna.
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Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva. Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta. Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.
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Si può essere persone femministe e cattoliche nello stesso tempo? Michela Murgia, cattolica, pensa di sí. E questo audace pamphlet, colto e popolare, sfida il senso comune, e con lucidità e ironia ci spiega perché. «Vorrei capire, da femminista, se la fede cristiana sia davvero in contraddizione con il nostro desiderio di un mondo inclusivo e non patriarcale, o se invece non si possa mostrare addirittura un’alleata. Da cristiana confido nel fatto che anche la fede abbia bisogno della prospettiva femminista e queer, perché la rivelazione non sarà compiuta fino a quando a ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo di Dio mentre dichiara che quello che vede “è cosa buona”». Come fai a tenere insieme la tua fede cattolica e il tuo femminismo? È una domanda che Michela Murgia si sente rivolgere di continuo. È la stessa che si pongono le persone credenti LGBTIAQ+ e che si pone chiunque debba fare compromessi tra la propria coscienza e i precetti dottrinari, per esempio in merito ad aborto, eutanasia, fecondazione assistita. Per rispondere è necessario capire quali aspetti della vita e della fede siano davvero in contraddizione, e soprattutto se certi insegnamenti non siano semplicemente un’eredità storica da ridiscutere ogni giorno alla luce del Vangelo e della propria intelligenza. D’altronde, lo stesso Dio dei cristiani è contraddittorio: è divino ma anche umano, è uno ma anche trino, è onnipotente ma è morto in croce. Partendo dalla rilettura del “Credo” e attingendo alla propria esperienza personale – la sé bambina piena di dubbi, ma anche la nonna, la madre, la zia, le donne con le quali ha incontrato la fede – Michela Murgia fornisce gli strumenti per affrontare alcune di queste antinomie, e mostra come la pratica della soglia, che rigetta l’appartenenza a un unico recinto, cioè la queerness, sia una pratica cristologica. Accettarla come tale significa riconoscere che «il confine non ci circonda, ma ci attraversa, e che quel che avvertiamo come contraddizione è in realtà uno spazio fecondo di cui non abbiamo ancora compreso il potenziale vitale».
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Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe: Controcorrente, strane, pericolose, esagerate, difficili da collocare. E rivoluzionarie. Sono le dieci donne raccontate in questo libro e battezzate da una madrina d’eccezione, la Morgana del ciclo arturiano, sorella potente e pericolosa del ben più rassicurante re dalla spada magica. Moana Pozzi, Santa Caterina, Grace Jones, le sorelle Brontë, Moira Orfei, Tonya Harding, Marina Abramovic, Shirley Temple, Vivienne Westwood, Zaha Hadid. Morgana non è un catalogo di donne esemplari; al contrario, sono streghe per le donne stesse, irriducibili anche agli schemi della donna emancipata e femminista che oggi, in piena affermazione del pink power, nessuno ha in fondo più timore a raccontare. Il nemico simbolico di questa antologia è la “sindrome di Ginger Rogers”, l’idea – sofisticatamente misogina – che le donne siano migliori in quanto tali e dunque, per stare sullo stesso palcoscenico degli uomini, debbano sapere fare tutto quello che fanno loro, ma all’indietro e sui tacchi a spillo. In una narrazione simile non c’è posto per la dimensione oscura, aggressiva, vendicativa, caotica ed egoistica che invece appartiene alle donne tanto quanto agli uomini. Le Morgane di questo libro sono efficaci ciascuna a suo modo nello smontare il pregiudizio della natura gentile e sacrificale del femminile. Le loro storie sono educative, non edificanti, disegnano parabole individuali più che percorsi collettivi, ma finiscono paradossalmente per spostare i margini del possibile anche per tutte le altre donne. Nelle pagine di questo libro è nascosta silenziosamente una speranza: ogni volta che la società ridefinisce i termini della libertà femminile, arriva una Morgana a spostarli ancora e ancora, finché il confine e l’orizzonte non saranno diventati la stessa cosa.