In questo martedì di agosto, per Libri dalla Storia ho deciso di parlare di un argomento un po’ insolito, che ha meno a che fare con i libri, e più con la cultura in generale (ma, dopotutto, cosa sono i libri, se non veicolo primario di cultura?): gli almanacchi.
Non so a quanti di noi è effettivamente capitato di consultare un almanacco, di vederlo appeso o prenderlo in mano. Ricordo, però, chiaramente, che fino a qualche anno fa, in sala da pranzo di mia nonna ce n’era uno appeso, che lei faceva cambiare rigorosamente nei primi giorni dell’anno nuovo (ora penso di averlo intravisto in corridoio, ma negli ultimi tempi sono un po’ distratta, quindi potrei facilmente sbagliarmi).
Quando, poi, durante la lettura di Cose spiegate bene. A proposito di libri, rivista pubblicata da Il Post in collaborazione con la casa editrice Iperborea, mi sono imbattuta nell’argomento almanacchi, ho deciso che era giunto il momento di approfondire. E quindi, eccoci qui!
Almanacchi: le origini e le varie tipologie
Siamo pressoché certi che gli almanacchi abbiano cominciato a diffondersi in epoca medievale, in quanto uno degli esemplari arrivati fino a noi risale all’incirca alla fine degli anni Ottanta del Mille d.C. Il termine è di origine araba, e inizialmente indicava delle tavolette, consultabili all’occorrenza per sapere il giorno della settimana e la posizione precisa di Sole, Luna, astri e pianeti.
Con il tempo, poi, ha preso ad avere un significato più simile a calendario, o a indicare uno specifico genere letterario caratterizzato da una pubblicazione annuale. Questa pratica, in varie forme e declinazioni, è proseguita con slancio fino al XX secolo, anche come format televisivo!
Tuttavia, cosa s’intende, parlando di almanacchi? Erano delle schede in cui, inizialmente, venivano riportate la posizione degli astri, le festività principali e gli avvenimenti più importanti.
Soprattutto dopo l’invenzione della stampa, l’almanacco rappresentò uno tra i primi metodi d’introduzione della cultura anche tra il ceto contadino e quello artigiano. L’interesse per questi articoli era talmente alto, che sovrani come quello inglese e quello francese ne consentirono la pubblicazione solamente a pochi esercizi, previa autorizzazione regia. Toccava poi a cantastorie e venditori ambulanti portare gli almanacchi in ogni angolo del territorio.
Il primo almanacco italiano è stato pubblicato a partire dal 1554, fino al 1844, con qualche interruzione lungo la via. Si trattava delle Effemeridi bolognesi di Nicolò Simi. Il Nautical almanac di Greenwich e l’American ephemeris and nautical almanac di Washington riportavano, invece, per ogni giorno dell’anno e per ogni ora della giornata i dati essenziali per tracciare le rotte di navigazione e informazioni sugli astri più importanti.
Ben presto la mole di almanacchi in circolazione fu molto consistente: ce n’erano che trascrivevano le genealogie delle casate regnanti o nobili; altri che annotavano le maggiori fiere di paese, mercati e festività dell’anno; o ancora, che davano informazioni più scientifiche, ad esempio legate l’attività di coltivazione – i giorni più adatti per la semina, quelli per il raccolto, ecc. (credo che quello di mia nonna fosse di questo tipo). Celeberrimo è l’almanacco pubblicato nel 1550 da Nostradamus, Centurie astrologiche, ancora oggi utilizzato per la preveggenza e l’astrologia.
Personalmente, trovo molto interessante l’Almanacco delle Muse, noto all’epoca soprattutto in Franca e in Germania, che si occupava di diffondere periodicamente rassegne letterarie di poesia.
Insomma, questo oggetto misterioso, a me prima quasi sconosciuto, è stato in realtà un pioniere tra i mezzi di alfabetizzazione e di diffusione della cultura. Forse è anche per questo motivo, che il genere almanacco è diventato patrimonio dell’UNESCO.
Tra qui almanacchi di cui abbiamo parlato, quale ti piacerebbe leggere? E se dovessi inventartene uno nuovo, di cosa parlerebbe?