In netto contrasto con la grandezza del territorio e il numero della popolazione, soprattutto per quanto riguarda la situazione medioevale, epoca in cui sono state composte, le saghe islandesi comprendono un’enorme mole di materiale. Il periodo della comparsa di questo genere letterario è stato estremamente florido, prolifico, tanto da non aver nulla da invidiare ai corrispettivi centro e sud europei.
Anzi, la celebrità e la popolarità delle saghe islandesi sono tali da aver esportato all’estero il termine che le identifica. La parola saga, infatti, deriva dall’omofono islandese saga (sǫgur al plurale), che significa storia, cronaca, narrazione, ma anche dichiarazione.
Tutto ciò, però, non rende più chiaro di che opere si tratti
Dentro la categoria ombrello di saghe islandesi sono racchiusi i racconti della colonizzazione e dello sviluppo dell’Islanda e dei primi secoli dalla costituzione dello Stato Libero, quindi tra l’870 e il 1030 circa. Tuttavia, attorno a queste opere si snoda un complesso problema di datazione. Sebbene, infatti, gli eventi narrati siano ben precedenti, le opere scritte risalgono invece al XIII secolo, quando la scrittura venne introdotta tramite l’opera di evangelizzazione dei missionari cristiani.
Quindi il dubbio è: si tratta di testi tramandati oralmente fino al momento in cui non si è stati in grado di dargli forma fisica? Oppure sono opere originali, composte proprio a partire dall’introduzione della scrittura, magari con il fine di legittimare il potere delle famiglie più influenti? Di certo non aiuta che tutti gli autori siano anonimi.
Ciò che invece sappiamo è che le saghe islandesi sono scritti in prosa, tendenzialmente in lingua volgare (cioè quella utilizzata dalla gente comune del luogo) e che ve ne sono moltissimi tipi. In generale, i racconti tendono a essere molto verosimili e realistici in rispetto all’epoca che trattano, e spesso parlano delle avventure relative all’insediamento della prima generazione di coloni. Non mancano, poi, narrazioni di viaggi vichinghi, in particolare verso la Groenlandia e la Finlandia.
Saghe islandesi: Njáls saga, da tutti considerata la più bella
La Njáls saga, la saga di Njáll, conosciuta anche con il nome di Brennu-Njáls saga, Saga del rogo di Njáll, è l’opera che detiene il primato di essere la più conosciuta e considerata la più bella tra le saghe islandesi. Interessante il fatto che il nome del protagonista sia di origine gaelica, ma non sorprendete, vista l’abitudine dei vichinghi di bazzicare le coste dell’odierna Gran Bretagna in cui avevano i propri insediamenti le popolazioni celtiche.
L’opera racconta di faide e vendette, di sangue pagato con il sangue, di discordie e dispetti che spesso portano alla morte. Ci sono amori proibiti che conducono a divorzi sanguinosi (la solita vecchia storia di una donna per porto… impareranno mai?), di matrimoni andati in fumo e di patrigni che respingono ogni pretendente. E in tutto questo contesto di violenza, il protagonista si erige come personaggio perspicace – forse anche preveggente – che tenta di risolvere le discordie fidandosi in primo luogo alle parole. Purtroppo, però, le sue azioni finiscono per creargli svariati nemici, che prendono di mira anche la sua famiglia.
Tuttavia, non disperare perché le avventure della progenie di Njáll occupano una posizione importante nella storia delle saghe islandesi – nonché la seconda parte di quest’opera.
La vicenda di Njáll, astuto e ardito, è ambientata tra il 960 e il 1020 (sono compresi, appunto, i fatti riguardanti lui in primis, e poi figli e parenti vari), e venne scritta nel XIII secolo. L’accuratezza della narrazione e l’ampiezza dei temi trattati, denotano la grande cultura dell’autore, anche se, a volte, diventa complesso comprendere quando i fatti storici lascino il posto alla fantasia. In ogni caso, la saga aiuta a capire il funzionamento dell’istituto giuridico della faida nella società islandese, e l’importanza dell’Alþingi, un’assemblea durante le cui riunioni era possibile risolvere conflitti con il dialogo – e pagando il pegno che le parti avrebbero concordato.
Ciò non toglie che gli studiosi siano stati in grado d’individuare nel testo riferimenti a luoghi ancora esistenti, e che sia stato ritrovato un sito in Islanda che pare coincidere con il luogo in cui si trovava la casa di Njáll, data alle fiamme dai suoi nemici. Sono persino stati ritrovati i resti di un edificio bruciato.
Una lettura di una penna più contemporanea
Si tratta di Il vichingo nero di Bergsveinn Birgisson, pubblicato da Iperborea. Ho letto raramente opere così belle e sorprendenti.