Come avrebbero fatto le tribù nomadi mongole a conquistare parte della Cina e della Russia, senza cavalli? Se non avessero avuto i cavalli, le popolazioni germaniche sarebbero state altrettanto incisive, nei loro attacchi agli avamposti romani? Gli spostamenti delle tribù native americane sarebbero stati possibili – o quanto meno abbastanza agevoli – senza cavalli? L’agricoltura sarebbe stata sviluppata con lo stesso ritmo? Le comunicazioni attraverso l’enorme impero persiano avrebbero avuto luogo?
La risposta è abbastanza semplice e intuitiva: no, la storia dell’uomo non sarebbe assolutamente proceduta allo stesso modo, se il cavallo domestico non si fosse diffuso così tanto. Veloce, forte e agile, l’impiego di questo animale ha rappresentato spesso un punto di svolta: nei secoli è stato utilizzato per trasportare pesanti masse – come dei carri, ad esempio; come mezzo di trasporto – sia in sella, sia in carrozza; come aiuto agricolo – attaccare un aratro al cavallo diminuiva notevolmente lo sforzo del contadino e aumentava la produttività della giornata; come assetto da guerra – basti pensare ai reparti di cavalleria.
Insomma, la nostra storia sarebbe andata avanti lo stesso, in qualche modo, ma sicuramente l’addomesticamento del cavallo ha reso tutto più semplice. Ed ecco che arriviamo al fulcro di oggi: quand’è che il cavallo è diventato domestico? E da dove arriva?
Ecco svelata la provenienza del cavallo domestico
Le zone in lizza erano tre: l’Anatolia (penisola dell’Asia occidentale che comprende l’odierna Turchia), l’Iberia (antico nome della penisola iberica), oppure le steppe dell’Eurasia occidentale (grossomodo il sud della Russia, che si trova convenzionalmente a metà tra il continente europeo e quello asiatico, con la catena montuosa degli Urali come linea di confine). Bene, il risultato degli studi è chiaro: i cavalli domestici sono originari della zona in cui i fiumi Volga e Don s’incrociano, e da lì si sarebbero poi diffusi in tutto il resto del continente eurasiatico – in America ce li portarono conquistadores.
Tuttavia, l’aggettivo domestico implica che questa specie di cavallo sia stata soggetta a qualche tipo di azione da parte dell’uomo – così come un lupo addomesticato nei millenni è diventato un cane. Si è trattato principalmente di un processo di selezione: tra i 4700 e i 4200 anni fa le popolazioni residenti nella zona iniziarono ad allevare una determinata specie di cavalli selvaggi, scelta perchè resistente, docile e in grado di sopportare il peso umano. Verso il 2200 a. C. si è poi registrata una rapidissima crescita degli esemplari di questa specie, forse grazie a condizioni ambientali favorevoli, forse perchè il loro allevamento si diffuse in varie zone, raggiungendo l’Asia orientale e l’Europa occidentale.
Tracciando la storia del cavallo, a partire dalla sua discendenza da piccoli erbivori delle praterie nordamericane esistenti già 56 milioni di anni fa – nell’epoca chiamata Eocene – e migrati poi in Eurasia grazie al ponte di ghiaggio creatosi durante l’ultima era glaciale, è stato possibile identificare un’ampia diversità a livello genetico nelle varie specie di cavalli fino a circa 5000 anni fa, quando cominciò a prevalere la variante del Volga-Don, da cui deriva il cavallo che conosciamo oggi – che è parecchio diverso dai cavalli selvaggi.
Consigli di lettura per gli amanti dei cavalli
I consigli di lettura che ho pensato di affiancare a questo tema vedono i cavalli soprattutto all’interno del contesto romanzesco. Uomini di cavalli di Pietro Santetti descrive il mondo delle gare, l’ambiente delle scuderie senza mezzi termini, creando un’immagine chiara di un contesto poco conosciuto. Simile è anche L’ILLUSIONE DEL CAVALLO: Storie e strumenti per vedere la scomoda realtà di