La letteratura spagnola ha dato il massimo durante il periodo di maggiore ricchezza del suo regno. Non è una novità; tutti i paesi hanno avuto il loro momento letterario migliore nel loro periodo di splendore: la letteratura greca quando i greci dominavano il mediterraneo, la letteratura latina quando Roma era padrona del mondo, la letteratura italiana nel Rinascimento, durante il periodo di maggiore ricchezza del papato, dei comuni e delle signorie; in Spagna durante quello che viene definito “El Siglo de Oro”, che in realtà dura quasi due secoli, il XVI e il XVII secolo: era del barocco, ovvero quando la Spagna era padrona di due mondi; era del famoso impero di Carlo V, sul quale non tramontava mai il sole. Durante “El Siglo de Oro” si è avuto il meglio in poesia, teatro e letteratura. Ci sono nomi che magari non ci dicono nulla, ma che si sono comunque orecchiati, come Lope de Vega, Luís de Góngora, Francisco Quevedo, Pedro Calderón de la Barca e, naturalmente, Miguel de Cervantes.
Miguel de Cervantes Saavedra, autore del Chisciotte,
rappresenterà, per noi, El Siglo de Oro. Tralasciamo le notizie biografiche, che si possono trovare ovunque, per parlare della sua opera somma, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, tale è il titolo originale di quello che da noi conosciamo come il Don Chisciotte. La letteratura e l’arte in generale, per sua natura, è rivoluzionaria; basta che un genere diventi popolare che subito c’è chi, per reazione, cerca di fare qualcosa di nuovo e, possibilmente, completamente diverso. Questo, detto in parole poverissime, è il processo che ha portato alla stesura del Don Chisciotte. Nel XVI secolo erano in grande auge i romanzi cavallereschi, primi fra tutti i cicli del Palmerín de Oliva e Amadís de Gaula. In contrapposizione a questa moda, già a metà del secolo, prese vita un nuovo genere di romanzo, quello che sarà chiamato “romanzo picaresco” che, di fatto, è il rovesciamento delle avventure cavalleresche. Al posto del nobile cavaliere che compie grandi imprese, c’è il “pícaro”, ovvero il briccone, un eroe scalcinato che vive avventure grottesche. Il libro che avvia il genere è considerato il Lazarillo de Tormes, del 1554. Il romanzo picaresco, se fosse un film, sarebbe un road movie; il protagonista, di solito, è costretto a compiere un viaggio e incontra i tipi più variegati, normalmente della peggior specie, ma riesce a mantenere intatto il proprio candore. Da quello che abbiamo detto finora si deduce che il punto di vista è quello del borghese, non più del nobile e, effettivamente, il XVI secolo coincide col rafforzarsi della borghesia. Il Don Chisciotte è dunque un classico romanzo picaresco, ma è anche il primo romanzo moderno, inteso come lo intendiamo oggi: vasto, con un intreccio complesso, personaggi con una psicologia ben delineata, e verosimile. Infatti il Chisciotte ha fatto da modello a una moltitudine di romanzi successivi. Nella premessa, per esempio, si ricorre al pretesto della traduzione da un altro testo: il Chisciotte sarebbe opera di uno storico arabo, tale Cide Hamete Benengeli, che il narratore pretende di aver tradotto dall’arabo. A noi, che per generazioni abbiamo dovuto subire la lettura forzata dei Promessi sposi, non può non venire in mente lo “scartafaccio” manzoniano, ma gli esempi sarebbero innumerevoli. Don Chisiotte è un piccolo hidalgo spiantato con la mania dei romanzi cavallereschi. A forza di leggerne, gli dà di volta il cervello e si convince che tutte le avventure inventate sui libri siano vere e, nella sua follia, si propone di seguire le orme dei più rinomati cavalieri erranti. Siccome la follia gli provoca anche allucinazioni, sia visive che uditive, riesce a scambiare mulini a vento per giganti, giusto per ricordare la sua avventura più nota. Ad accompagnarlo nelle sue follie è Sancho Panza, un contadino allettato, al principio, dalla promessa di diventare governatore di vasti territori, ma che poi continua a seguire l’allucinato padrone; forse per affetto, forse per il gusto di vagabondare. Pubblicato nel 1605, ebbe subito un successo tale che, nel 1614, uscì un secondo volume di avventure del folle hidalgo a nome di Alonso Fernández de Avellaneda. Per reagire all’apocrifo, Cervantes l’anno dopo pubblicò un secondo poderoso volume nel quale fa morire il suo eroe, in modo che non ci fossero più libri non autorizzati (allora non c’era la SIAE). La cosa incredibile è che Cervantes sia riuscito a scrivere un libro lungo come quelli di Stephen King, pieno di avventure mirabolanti, in appena un anno e senza computer. Gente di cui si è persa la tempra. Cervantes muore il 22 aprile 1616, un giorno prima di un altro personaggio della stessa tempra: William Shakespeare.
Dopo El Siglo de Oro,
la letteratura spagnola non ha più avuto grande impatto sulla cultura mondiale, questo fino al periodo a cavallo fra i due secoli appena scorsi. In questi anni fiorirono due generazioni di poeti, che ebbero, entrambe, a soffrire la dittatura franchista; la generazione del ’98 e la generazione del ’27, quella di Federico García Lorca, il più noto di tutti. Ma iniziamo, cronologicamente, dalla generazione del ’98. I poeti di questa generazione nacquero fra il 1864 e il 1876, vissero la crisi dovuta alla perdita delle ultime colonie e all’avvento del franchismo. Di questo periodo letterario abbiamo scelto il più rappresentativo e universalmente riconosciuto come il più bravo: Antonio Machado. La figura poetica per eccellenza di Antonio Machado è quella del “Caminante”, d’altronde la sua stessa vita fu un continuo viaggiare. Prima di proseguire, puntualizziamo il significato di “caminante” che non significa “camminatore”. Camminare, in spagnolo, si dice “andar”, il “camino” è la strada, quindi la sua traduzione corretta è “viandante”. Machado nacque a Siviglia, in Andalusia, a 8 anni si trasferì con la famiglia a Madrid, viaggiò in Francia, dove conobbe Oscar Wilde, quindi tornò in Andalusia. Negli anni ’20 si oppose alla dittatura di Primo de Rivera, si trasferì prima a Segovia poi di nuovo a Madrid. Fu uno dei più strenui sostenitori della Repubblica, tanto che, alla definitiva vittoria di Francisco Franco, dovette andare in esilio in Francia, dove morì. La bara fu coperta dalla bandiera repubblicana e fu portata a spalla dai miliziani. Meglio di ogni commento è sentire la voce di Antonio Machado. Non traduco perché lo spagnolo si intuisce e perché la musicalità del verso non si può rendere in traduzione. La poesia scelta è la più rappresentativa per il tema del caminante; è stata anche musicata, assieme ad altre poesie di Machado, da Juan Manuel Serrat:
consiglierei di ascoltare anche La Saeta; bella musica e bellissima poesia.
Caminante son tus huellas el camino y nada más Caminante no hay camino se hace camino al andar Al andar se hace camino y al volver la vista atrás Se vee la senda que nunca has de volver a pisar Caminante no hay camino, sino estelas* en la mar
[*le “estelas” sono le scie che si lasciano dietro le navi, destinate quindi a richiudersi.]
Da notare che i versi non sono in endecasillabi, come nella poesia classica italiana, ma in ottonari, che è considerato il metro “mayor” della poesia spagnola.
Ed eccoci alla generazione del ’27. I poeti appartenenti a questa generazione sono dieci esatti, i miei preferiti Rafael Alberti e Federico García Lorca, sul quale mi soffermerò, ma gli artisti influenzati dalla poetica di questo gruppo vanno oltre la Spagna e annoverano grandi nome come Pablo Neruda e Jorge Luís Borges. Come Antonio Machado, García Lorca era andaluso e fermamente avverso al franchismo. Mentre Machado morì in esilio, Lorca fu fucilato nascostamente dai franchisti e, mentre Machado fu deposto nella sua bara con la bandiera della repubblica spagnola, García Lorca fu gettato in una fossa comune e si ignora a tutt’oggi dove sia il suo corpo. È un’impresa veramente dura dover scegliere una poesia rappresentativa in un corpus poetico, non solo vasto, ma tutto estremamente valido. Se scegliamo il Romancero gitano c’è un motivo: García Lorca era uno studioso e un estimatore delle tradizioni andaluse, non solo letterarie: nel 1922, per esempio, assieme a Manuel de Falla, organizzò il “primo concorso nazionale di cante jondo di Granada”, legato alla tradizione del flamenco andaluso, che si stava spegnendo e scrisse lui stesso canzoni:
https://www.youtube.com/watch?v=d2enib0lS2A
Il Romancero originale fu raccolto a metà del XV secolo, ma comprendeva gli scritti degli ebrei e arabi andalusi in spagnolo, traslitterato coi caratteri ebraici e arabi che rappresentano, di fatto, il primo esempio di letteratura in volgare spagnola. García Lorca recupera questa tradizione. Conserva gli ottonari, aggiorna i temi e il risultato lo leggeremo fra poco. Fra le poesie contenute nel Romancero gitano abbiamo tentennato a lungo fra il Romance de la Luna Luna e Preciosa y el Aire. Abbiamo optato per quest’ultima composizione solo perché è maggiormente comprensibile ai non ispanici:
Su luna de pergamino
Preciosa tocando viene
por un anfibio sendero
de cristales y laureles.
El silencio sin estrellas,
huyendo del sonsonete,
cae donde el mar bate y canta
su noche llena de peces.
En los picos de la sierra
los carabineros duermen
guardando las blancas torres
donde viven los ingleses.
Y los gitanos del agua
levantan por distraerse,
glorietas de caracolas
y ramas de pino verde.
Su luna de pergamino
Preciosa tocando viene.
Al verla se ha levantado
el viento que nunca duerme.
San Cristobalón desnudo,
lleno de lenguas celestes,
mira la niña tocando
una dulce gaita ausente.
Niña, deja que levante
tu vestido para verte.
Abre en mis dedos antiguos
la rosa azul de tu vientre.
Preciosa tira el pandero
y corre sin detenerse.
El viento-hombrón la persigue
con una espada caliente.
Frunce su rumor el mar.
Los olivos palidecen.
Cantan las flautas de umbría
y el liso gong de la nieve.
¡Preciosa, corre, Preciosa,
que te coge el viento verde!
¡Preciosa, corre, Preciosa!
¡Míralo por dónde viene!
Sátiro de estrellas bajas
con sus lenguas relucientes.
Preciosa, llena de miedo,
entra en la casa que tiene,
más arriba de los pinos,
el cónsul de los ingleses.
Asustados por los gritos
tres carabineros vienen,
sus negras capas ceñidas
y los gorros en las sienes.
El inglés da a la gitana
un vaso de tibia leche,
y una copa de ginebra
que Preciosa no se bebe.
Y mientras cuenta, llorando,
su aventura a aquella gente,
en las tejas de pizarra
el viento, furioso, muerde.