Caro iCrewer oggi ci spostiamo in Cina per scoprire, attraverso la sua letteratura, una delle più antiche civiltà del pianeta.
Per farlo partiamo da uno dei suoi più grandi scrittori contemporanei: Mo Yan. Il suo vero nome è Guan Moye, Mo Yan è uno pseudonimo che significa “Non parlare”. Ha vissuto un’infanzia molto difficile, nato in campagna, ha dovuto lasciare gli studi dopo la scuola primaria per dare una mano alla sua famiglia e poi ha lavorato in un cotonificio. Nel 1976 è entrato nell’esercito e proprio in quel periodo è cresciuta la sua passione per la scrittura. Nello stesso tempo ha anche studiato per laurearsi in Letteratura presso la Facoltà dell’Istituto Artistico dell’Esercito di Liberazione Popolare.
Le sue opere più note sono “Sorgo Rosso”, “Grande seno fianchi larghi”e “La Rana”, tutte permeate dal forte legame con la sua terra.
In particolare con “Sorgo rosso” ha vinto il Premio Nobel per la letteratura nel 2012 “per le sue qualità di realismo allucinatorio”:
“Un affresco fiammeggiante di storia cinese, dagli anni Trenta agli anni Settanta, raccontati da un giovane della provincia che ripercorre i drammi, gli amori, i lutti della propria famiglia. Un romanzo che per la sua forza mitica e immaginativa è stato avvicinato a “Cent’anni di solitudine””
Dai primi due capitoli di “Sorgo Rosso”, Zhang Yimou ha tratto un film, vincitore dell’Orso D’oro al festival del cinema di Berlino nel 1988.
Mo Yang fa parte del movimento letterario “ricerca delle radici”. Questa corrente letteraria, fonda appunto le sue radici nella tradizione, utilizzando tecniche narrative provenienti dall’Occidente, per trasmettere attraverso la scrittura l’essenza della cultura cinese. Nasce nel periodo successivo alla morte del Presidente Mao Zedong che, con i suoi principi pronunciati nell’ambito dei “Discorsi sulla funzione della letteratura e dell’arte”, ha influenzato le opere degli scrittori cinesi fino alla fine degli anni Settanta.
“La letteratura e l’arte devono essere al servizio del popolo e subordinate alla politica, mentre gli scrittori e gli artisti rivoluzionari devono identificarsi con i lavoratori”.
Durante il governo di questo Presidente, gli scrittori erano tenuti sotto controllo e quei pochi che non cedevano erano imprigionati o addirittura uccisi. Solo dal 1976 in poi la letteratura è rinata. E in effetti gli scrittori che per tanti anni erano stati oppressi e censurati dal regime poterono esprimersi.
Tiziano Terzani è uno scrittore italiano che amo molto e che ha raccontato la sua esperienza in Cina in “La porta proibita“: un reportage, un diario di viaggio, un romanzo appassionante ricco di notizie, dati, riflessioni e sensazioni.
Nel febbraio 1984 Tiziano Terzani viene arrestato a Pechino, perquisito, interrogato e infine espulso dal Paese. Per quattro anni vi ha risieduto, con moglie e figli, cercando di sentirsi veramente «cinese». Ha visto (e scritto di) cose assai diverse da quelle che apparivano agli occhi incantati dei turisti autorizzati; ha denunciato le immense contraddizioni del socialismo maoista; ha ammirato gli splendidi tesori di una cultura plurimillenaria insidiati da un dissennato culto del «nuovo» e, soprattutto, ha viaggiato, con tutti i mezzi possibili, uscendo dagli itinerari canonici e cercando di parlare davvero con i cinesi, con la gente.
La letteratura cinese conta oggi molti scrittori e le nuove tendenze letterarie, sviluppatesi dagli anni ottanta in poi, hanno permesso il suo sviluppo e la sua diffusione anche all’estero.
Ed eccoci alla fine anche di questo breve ma intenso viaggio. Come al solito ti invito a non perdere l’appuntamento di domani con un nuovo Stato e i suoi autori.