Proprio quando pensavo che la forma d’arte per eccellenza (parlo per me ovviamente, e non senza un pizzico d’ironia) avesse ormai mostrato buona parte delle sue pietre più preziose, ecco che un altro capolavoro si mostra ai nostri occhi: volumi assemblati tramite la tecnica di “rilegatura a scaglie di drago” (dragon scale bookbinding in inglese).
Si tratta di una tecnica di rilegatura cinese antichissima, di cui è giunto fino a noi un numero irrisorio di esemplari, ma dalla bellezza stravolgente. Per farla semplice – anche se tra poco procederemo ad ampliare per bene il discorso – i volumi con rilegatura a scaglie di drago sono una via di messo tra un rotolo e un’opera sfogliabile (un rotolo con le pagine, per essere davvero grossolani). Se il concetto in sé non sembra dei più centrati, basta uno sguardo a questi capolavori, per comprendere l’immensità del loro valore estetico.
Tuttavia, la rilegatura a scaglie di drago fu tutto fuorché popolare, tanto che l’ultimo esemplare risale a più di mille anni fa. Forse il suo destino non sarebbe cambiato, forse staremmo ancora parlando di un capitolo infinitamente breve nella storia del libro e delle sue tecniche di creazione (o forse neanche la conosceremmo, visto l’ambito di nicchia in cui rientra), se non fosse per l’opera di un artista contemporaneo, Zhang Xiaodong.
Dopo un attento lavoro di recupero e studio di manufatti tradizionali, nel 2010 Zhang Xiaodong ha realizzato il primo libro con rilegatura a scaglie di drago, a più di un millennio di distanza dal precedente. L’artista utilizza questa particolare tecnica non solo per dare vita a suoi lavori inediti, ma anche per raccontare grandi capolavori della tradizione letteraria cinese come Il sogno della camera rossa, oppure scritture buddiste come il Sutra del Diamante.
Nel primo caso, dopo aver fatto stampare appositamente su carta sottile testo e immagini, averle ritagliate, incise, ripiegate e incollate al posto giusto, Zhang Xiaodong è riuscito a ricreare anche le 230 illustrazioni dell’artista Sun Wen, appartenente alla dinastia Qing (1644 – 1911). Il Sutra del Diamante, invece, è racchiuso in un rotolo lungo 73 metri, con 217 pagine – che poi sarebbero le scaglie – e più di 430 strisce di carta stampata. La realizzazione di tali capolavori può richiedere anche anni, vista la minuzia necessaria per comporre il disegno che si verrà a creare una volta srotolato interamente il libro. Basta un decimo di millimetro di errore, perché l’effetto finale sia rovinato.
La rilegatura a scaglie di drago, una parentesi nella storia della rilegatura cinese
La storia della cultura cinese si lega alla scrittura già dal V secolo a. C., quando comparve la prima forma rudimentale di libro: listarelle di bambù, ognuna con incisa una colonna di testo, cucite insieme e arrotolate, resistenti all’acqua e durature. Dopo la scoperta della carta, nel 105 d.C. iniziarono a venire utilizzate tecniche di rilegatura a noi più familiari (o che meglio rientrano nello stereotipo dell’Antica Cina che credo sia comune alla cultura occidentale): seguendo l’esempio dei rotoli di seta su cui venivano tracciate opere calligrafiche, per poi esporle appese alle pareti, la carta veniva pressata alla stoffa, per poi venire arrotolata e riposta in contenitori di legno.
Dopo vari stili di rotoli, venne inventata la rilegatura “a farfalla”: le pagine venivano piegate a metà e impilate una sull’altra – in uno stile molto simile a quello odierno, e decisamente più comodo da consultare dei rotoli. Il modo in cui le pagine si aprivano, rimandando allo sbattere d’ali, è all’origine del nome. L’ulteriore, e ultimo, sviluppo della tecnica vede il libro in una forma ormai quasi del tutto simile a quella contemporanea: pagine cucite tra loro attraverso un filo di seta bianca, racchiuse in una copertina di carta più rigida.
E la rilegatura a scaglie di drago dove la troviamo? Esattamente tra i rotoli e la rilegatura a farfalla, nell’epoca della tarda dinastia Tang (618 – 907 d.C.). Le pagine – le scaglie – sono un primo tentativo di approccio a una forma diversa dal rotolo, che tuttavia rimane il supporto di base.
La loro fortuna, però, fu molto limitata. Sebbene si tratti di oggetti dall’immenso valore artistico ed estetico – le scaglie creano effetti in tre dimensioni, oltre a muoversi al più lieve soffio di vento – la loro consultazione non era poi così agevole. Le pagine, impilate in misura crescente, con la più corta all’inizio e la più lunga alla fine, avevano la tendenza ad arrotolarsi su se stesse.