L’Eritrea è un paese tormentato dalle guerre, dalla povertà e dal governo dittatoriale di Isaias Afewerki.
E’ stata una colonia italiana dal 1890. Poi dal 1941 è stata occupata dalla Gran Bretagna e successivamente il piccolo paese del Corno d’Africa è diventato uno stato federato all’impero di Etiopia. Da allora è iniziata una lunga guerra per ottenere l’indipendenza che è stata dichiarata ufficialmente il 24 maggio 1993, ma che non ha garantito l’agognata pace e prosperità del paese.
Il governo eritreo ha isolato il paese negando tutte le libertà civili e di espressione ed è stato accusato di impedire lo sviluppo della democrazia. A causa delle violenze subite e della fame molte persone cercano di scappare, ma chi protesta finisce in campi di prigionia e campi di lavoro forzati.
Inoltre l’Eritrea è un paese militarizzato: c’è il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato. Nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni.
Il dittatore Isaias Aferwerki domina sempre più incontrastato, anche grazie alle rimesse che arrivano dagli eritrei della diaspora: è stata infatti introdotta una tassa sulle rimesse che arrivano dall’estero. Così coloro che scappano sono costretti per legge a sostenere il regime.
In questo triste e difficile contesto non mancano persone che attraverso la scrittura danno voce al loro paese natio e ne raccontano le atrocità ma anche le bellezze.
Fuga dalla piccola Roma di Haji Jabir è stato pubblicato per la prima volta in Italia nel 2018 a cura di Gassid Mohammed, professore di lingua araba presso la sede di Forlì dell’Università di Bologna. Questo è il titolo scelto per la traduzione italiana proprio per richiamare il passato coloniale del nostro paese, ma anche per la bellezza della città di Asmara, luogo in cui è ambientata la storia, che veniva denominata ‘piccola Roma’.
Il romanzo tratta i temi della migrazione e del traffico di esseri umani, mostrando la vita vissuta dagli eritrei sia nel loro paese che fuori. Il protagonista viaggia alla ricerca della bella Selma, la sua amata, e cercandola mostra l’inferno della dittatura e i campi profughi al di fuori del confine eritreo.
Lo scrittore ci porta a scoprire il campo militare di Sawa. Ci racconta della leva militare obbligatoria, che per molti ragazzi costituisce il motivo principale di fuga dall’Eritrea, a causa del trattamento disumano a cui sono sottoposti. E ancora degli orrori compiuti dai nomadi che sequestrano le persone o trafficano in armi e esseri umani per trasportarle verso i campi profughi del Sudan a scopo di lucro.
Una triste e atroce realtà che ci fa riflettere sul perché di tanti sbarchi e di tanti occhi impauriti.