Honduras ha una storia convulsa, marcata dalle rivoluzioni e le dittature. Lo scrittore e giornalista Ramón Amaya Amador ha raccontato la storia del suo popolo.
Honduras è un piccolo paese della America Centrale, confinante con Guatemala, El Salvador e Nicaragua. Come tanti altri paesi del Nuovo continente, è stato a lungo una colonia della Spagna per poi diventare una repubblica indipendente. Ha avuto una storia di conflitti politici e sociali, di colpi di stato e rivoluzioni, di violenza e anche di speranza. Nel 2014 era considerato il paese più violento in assoluto al mondo, ma di recente la tendenza è cambiata e la violenza è diminuita, anche se ancora è molto elevata. È un contrasto molto forte, quello tra la bellezza della sua geografia e la durezza della vita.
La spina dorsale della loro economia è l’agricoltura. Le compagnie United Fruit Company e Standard Fruit Company, americane, avevano piantato grandi estensioni di campi di banane, pagando dei stipendi estremamente bassi per avere dei prezzi competitivi, e per molto tempo le banane erano la principale risorsa del paese e il principale prodotto di esportazione. Ma le condizioni di vita erano terribili per i contadini. Ci sono molte testimonianze nella letteratura latinoamericana di scontri tra contadini ed esercito nella lotta per uno stipendio giusto e condizioni di vita degne non solo per l’Honduras, ma in tutta la regione.
Ramón Amaya Amador (1916-1966) aveva studiato per essere un educatore, ma nelle sue prime esperienze di lavoro si rese conto di non avere molto talento come insegnante. E, tra l’altro, preferiva scrivere. Rinunciò alla sua cattedra nella scuola e iniziò a lavorare nei campi di banane, e scoprì il modo crudele con cui erano trattati gli operai e contadini.
Assieme a un amico, nell’anno 1941 fondò la rivista Alerta, dedicata alla difesa dei diritti dei lavoratori e per quello fu arrestato, torturato e poi liberato. Nell’anno 1944 fuggì dal paese, prima a Guatemala e poi a Argentina, e lavorò come giornalista. Riuscì a tornare nel suo paese soltanto nel 1956, dopo della caduta del dittatore Julio Lozano Díaz. Poi, nel 1959, si trasferì a Cecoslovacchia.
Nell’anno 1950 pubblicò quella che è considerata la sua opera maggiore, Prisión verde (Prigione verde), dove racconta la vita nelle piantagioni di banane. Poi pubblicò altri quattro romanzi fino alla sua morte prematura, nel 1966, in un incidente aereo, ma ne aveva scritto moltissimi altri. E’ stato molto prolifico, persino per una vita tanto breve. Infatti, scriveva circa tre libri all’anno e molti di questi sono tutt’ora inediti. Suo figlio, Carlos Amaya Fúnez, sta curando la sua opera e pubblicando i libri del padre.
Anche se il suo lavoro è più politico che estetico, è considerato uno dei tesori nascosti dell’Honduras e i suoi libri sono tra i più letti nel paese. Purtroppo, ancora non è possibile trovare i suoi scritti in italiano.