Bene caro iCrewer il nostro viaggio continua, ma se hai notato non stanca e, sebbene salti da un fuso orario all’altro, riesce a farti cogliere tante sfumature senza neanche accorgertene e stando comodamente seduto nel tuo posto preferito.
Il nostro “volo letterario” oggi ti porta nelle Isole Sopravento Settentrionali che fanno parte delle Piccole Antille
e questa volta ti parlo dei Libri da:
Dominica (Commonwealth di Dominica) – DM
Un’isola vulcanica il cui versante occidentale è bagnato dal Mar dei Caraibi, mentre la costa orientale è lambita dall’Oceano Atlantico. Le sue ridotte dimensioni, circa 750 km quadrati, all’incirca quanto una nostra piccola provincia, farebbero pensare sia poco ospitale, ed invece è interessante quanto le altre isole; basti pensare che la Dominica ha la più alta concentrazione di vulcani attivi di qualsiasi altro luogo sulla Terra.
E’ la più selvaggia, il suo nome originario è “Waìtukubuli” che significa “Il suo corpo è alto”, per via delle alte montagne. A differenza delle altre isole è coperta per oltre tre quarti da una splendida fitta foresta, dove scorrono ben 365 fiumi, uno per ogni giorno dell’anno.
Per meglio farti addentrare nella sua cultura e letteratura è d’obbligo citare qualche passaggio storico che tanto ha influito sulle scelte di chi si è cimentato a parlarne. Infatti, anche qui, come in molti territori del mondo, Francia e Gran Bretagna si contesero il possesso con battaglie, guerre e trattati e, come in tutte le migliori partite, alla fine prevalse la Gran Bretagna che ne ha mantenuto il possesso fino al 1978, quando la Dominica ha ottenuto l’indipendenza divenendo una repubblica e rimanendo nell’ambito del Commonwealth. Per la storia, fu l’isola che più di ogni altra seppe resistere alla conquista, grazie ad una strenua opposizione del locale popolo Caribe o Kalinago.
Dominica è un vero miscuglio di culture diverse, si contano un numero uguale di nomi francesi e inglesi, inoltre la lingua e le abitudini della cultura africana si mescolano alle tradizioni europee a formare la cultura creola dell’isola. Altrettanto viva è la tradizione indigena dei Caraibi. Ancora oggi, infatti, i nativi ricavano le loro canoe dai tronchi d’albero, costruiscono le case su palafitte; e, importante, sono anche le influenze del movimento rastafariano (cit. chi professa un culto delle Antille basato sulla divinizzazione del re etiopico Ras Tafari e sulla convinzione che i neri siano il popolo eletto, destinato al ritorno nella madrepatria africana) della cultura nera, e della tratta degli schiavi.
I valori tradizionale di stampo conservatore sono piuttosto forti: nella società di Dominica la famiglia occupa un posto talmente importante che i manifesti governativi affissi sui muri scoraggiano il traffico illegale di droga minacciando la separazione dal nucleo familiare di origine.
Un crogiolo di razze e di culture le cui radici storiche affondano profonde in Africa e in Europa, ma le cui ramificazioni si spingono verso le Americhe e nel mondo intero; o meglio, come mangrovie, si radicano e ramificano nel mare reagendo all’incessante cambiamento delle correnti e delle maree con una capacità di adattamento, aggregazione, ribellione e riconquista unica al mondo.
Il lavoro di ricerca mi ha portato a scoprire la figura letteraria più famosa di Dominica
Il suo più grande desiderio era di quello di diventare ballerina, cantante, attrice, perchè era bellissima ed infatti il suo primo lavoro appena arrivata in Inghilterra fu proprio la ballerina, seguito da un corso di recitazione per due anni e poi ha cominciato a “vagabondare”; irascibile ed irrequieta, amava la natura, molti uomini hanno “attraversato”, più o meno indenni, la sua vita; di lei scriveva:
“Non sarei mai stata parte di niente. Nessun posto poteva darmi un senso d’appartenenza, e lo sapevo, e tutta la mia vita sarebbe stata uguale: cercare d’appartenere e non riuscirci. Qualcosa andava sempre storto. Sono una straniera e lo sarò sempre e, dopotutto, non m’importava poi così tanto“
Sparì dalle scene per un lungo periodo, dopo aver scritto alcuni romanzi, ma vi ritornò non appena il successo arrivò anche se fu difficile accettarlo perchè lei scriveva non per guadagnare, sebbene ne avesse bisogno, ma per amore.
Da bambina conobbe il controllo coloniale francese e poi quello britannico. L’esperienza degli abusi, del razzismo, della resistenza dei dominicani indigeni segnò il suo immaginario imprimendosi nella sua memoria. Accenni ne troviamo nel libro “Viaggio nel buio”, in una autobiografia “Smile Please”, che uscirà incompiuta il 14 maggio 1979 a seguito della scomparsa dell’autrice; “Addio, Mr.Mackenzie”, una storia d’amore ricamata sulla desolazione. Perché in fondo lei era una caraibica, ma isolata in quanto bianca e creola in una comunità nera; inglese, ma derisa per le sue origini coloniali. E’ stata una outsider, diremmo oggi, la sua vita intensa, piena di difficoltà e di colpi di scena, è stata una continua lotta per rialzarsi e riaffermarsi.
Nei suoi libri le varie Anna, Jansen, Sasha sono in fondo i diversi volti della stessa figura femminile: fragile, vulnerabile e autodistruttiva, sempre in condizioni economiche precarie e costretta a dipendere degli uomini. Sono donne sole, disperate, che non sono però sprovviste di un certo senso cinico. Donne escluse dal canone della letteratura, quelle che non comparivano nei romanzi, specialmente le donne sradicate dal proprio mondo, un po’ come lei, e costrette a soddisfare capricci di altri, soprattutto dei potenti.
“Wide Sargasso Sea”, “Il mare dei Sargassi” romanzo del 1966 è il suo successo letterario; prequel di Jean Eyre dove la scrittrice si immagina la vita – e la follia – della giovane Antoinette Cosway la famosa moglie del Rochester di Jane Eyre, denominata nel romanzo della Brontë. Grazie a questo libro le sarà assegnato – quasi ottantenne – il WH Smith Literary Award e il romanzo aprirà il filone della letteratura postcoloniale. Finalmente la critica si accorgerà della sua scrittura realista e fortemente introspettiva al tempo stesso che riesce a coniugare il modernista monologo interiore con uno stile frammentato ma ponderato nella sua costruzione.
La produzione letteraria della nostra scrittrice è stata molto prolifica, ma qui ti segnalo, non il suo capolavoro bensì uno dei romanzi riscoperti postumi: “Buongiorno, mezzanotte” del 1939, è la storia di Sasha Jansen, una donna inglese di mezza età che, dopo una lunga assenza, torna a Parigi, tormentata dai ricordi di un passato infelice (un matrimonio sbagliato, la morte del figlio), che cerca di lenire con l’alcool e i sonniferi.
Il mio viaggio letterario si è concluso, ma non finisce qui, Sono pronta a salpare per altri lidi, sempre alla ricerca di nuovi autori e autrici che possano parlarti della loro nazione attraverso le parole di un libro. Perché leggere è cultura a prescindere.