Libero di sognare è il titolo del libro di Franco Baresi, leggenda del calcio italiano, uscito per Fetrinelli Editore e disponibile da qualche giorno in tutte le librerie. Il campione, che ha legato la sua intera carriera alla maglia del Milan, si racconta senza filtri in un volume che parte dai piccoli campetti di periferia e finisce nei più grandi e acclamati stadi del mondo.
Io spero, caro iCrewer, che tu abbia l’età giusta per averlo visto giocare, perché Franco Baresi – nome e cognome che quasi in modo religioso vanno ripetuti insieme – è stato uno dei più forti difensori della storia del calcio italiano.
Il Milan di Sacchi, quello che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 ha dominato in lungo e in largo su tutti i campi d’Europa, era sì forte per via dei tre olandesi Gullit, Van Basten e Rjikard, ma la solidità di quella squadra partiva tutta dal “libero”, vero regista difensivo come mai più ce ne sono stati. Partiva tutto dal capitano: Franco Baresi.
Libero di sognare: il libro di Franco Baresi
Quello del libero è un ruolo che nel calcio di oggi è quasi totalmente scomparso. Si tratta dell’ultimo uomo, l’ultimo baluardo prima di arrivare al portiere. Colui che nella fase difensiva guida – nel senso letterale del termine – l’intero reparto difensivo, mentre nella fase offensiva imposta l’azione essendo dotato anche di una buonissima visione di gioco.
Se provassimo a chiedere a qualsiasi tifoso e appassionato di pallone, che all’anagrafe registri almeno trent’anni abbondanti, quale nome gli viene in mente se pensa a un libero visto giocare in serie A, la risposta sarebbe senza dubbio Franco Baresi. Perché Baresi è il libero per eccellenza.
Non è un caso il titolo del libro in cui l’ex capitano del Milan racconta la sua vita e la sua carriera: Libero di sognare. Un gioco di parole che prende in prestito il termine libero riferito al ruolo che copriva sul campo e lo utilizza anche nel senso della libertà. Libertà di sognare, libertà di desiderare una carriera da numero uno. Traguardo raggiunto grazie al lavoro, l’impegno, la serietà e l’umiltà.
Caratteristiche che forse appartengono a una visione romantica del calcio. È chiaro agli occhi di tutti che i tempi sono cambiati anche per i calciatori. Oggi sono molto più personaggi pubblici a tutto tondo rispetto al passato. Il che, dal mio punto di vista, non è necessariamente un male purché questo essere vip a tutto tondo non riduca le prestazioni e il livello di attenzione dedicato al campo e alla palla che rotola.
Dopotutto il pallone è il gioco più amato da tutti i bambini. Fate rotolare una palla verso qualsiasi bambino, anche piccolissimo, e lui ve la manderà indietro dandogli un calcio. Sarà anche per questo che cresciamo considerando il calcio una religione. E il tifo una fede.
Fede che Franco Baresi non ha mai messo in dubbio. Per l’intera carriera, comprese le giovanili, ha infatti calcato i campi di calcio indossando la casacca a righe rossonere. La famosa maglia numero sei. Maglia che – come raccontato nel libro Libero di sognare – il giorno del suo addio al calcio, è stata ritirata per sempre. Cioè, per essere chiari, mai nessuno indosserà più il numero sei nel Milan.
Dimmi tu caro iCrewer se ti sembra una cosa da poco. Dietro a questo gesto, da parte della società, si nascondono l’amore e la riconoscenza per un campione senza eguali. Il nome di Baresi legato per sempre a quello del Milan.
Mi rendo conto, vista anche l’attualità che casualmente coinvolge la stessa squadra, che nel calcio di oggi è difficile pensare a una cosa del genere. Faccio fatica, pensando alle squadre più blasonate, a tirar fuori due o tre nomi di cosiddette bandiere.
Se invece chiudendo gli occhi penso a Franco Baresi e al suo modo di stare in campo, innanzitutto vedo la maglia rigorosamente fuori dai pantaloncini. Era uno dei pochi ai suoi tempi. Poi rivedo la mano alzata a chiamare il fuorigioco – e qui rischio di entrare troppo nel tecnico – e a dirigere un reparto che insieme a Tassotti, Filippo Galli prima Costacurta dopo e Maldini è stato uno dei più forti e insuperabili di sempre.
E poi rivedo i suoi lanci lunghi millimetrici per i compagni, la testa sempre alta e una eleganza nei movimenti che spesso faceva a pugni con il ruolo di difensore che interpretava. Insomma rivedo uno dei giocatori più forti che ho visto giocare.
Vedo anche le sue lacrime dopo la finale dei mondiali del 1994 persa contro il Brasile, quella del rigore sbagliato da Baggio. Non tutti ricordano che anche Baresi sbagliò un penalty in quella finale, il primo della serie. Destino crudele, questo, che accomuna due giocatori immensi che avrebbero meritato di onorare la loro carriera con una Coppa del mondo.
Ti congedo, gentile lettore, con la sinossi di Libero di sognare, un libro che permetterà a tanti tifosi di rivivere con la mente le gesta di un campionissimo, mentre per altri, i più giovani, sarà l’occasione per scoprirlo e conoscerlo.
A cosa servono il potere dell’immaginazione, la determinazione e il coraggio? A realizzare il sogno di un bambino: diventare leggenda.
Questa storia comincia a Travagliato, nella campagna di Brescia, con un’infanzia scandita dal ritmo della vita contadina. Su quei campi Franco Baresi ha dato i primi calci al pallone e ha cominciato a inventare il gioco semplice ed elegante che l’ha reso un mito. A quattordici anni inizia l’avventura nel Milan, e non ne ha ancora compiuti diciotto quando esordisce in Serie A.
Fin dall’inizio Baresi ha conosciuto il calcio del coraggio gentile, e qui racconta il suo viaggio attraverso le tappe di una carriera straordinaria, svela le emozioni che hanno accompagnato le brillanti vittorie e i momenti di crisi, ci fa vivere l’impresa epocale dei Mondiali ’94, negli Stati Uniti, quando si riprese miracolosamente dopo un grave infortunio al ginocchio.
Un lungo viaggio di libertà e passione, fino alla partita d’addio nell’ottobre del 1997 e il primo indimenticabile ritiro di una grande maglia del calcio italiano: la numero 6 del Milan.