Oggi è Halloween e questa notte in molti, muniti di costumi e trucco spaventosi, prenderanno parte alla versione moderna di antichi rituali di commemorazione. E domani? Domani è Ognissanti, il giorno in cui vengono ricordati tutti i santi cristiani, anche quelli che non hanno una ricorrenza precisa in cui essere celebrati.
Da dove arriva al tradizione di Ognissanti?
Fu papa Gregorio III, nell’VIII secolo, a decidere di spostare la celebrazione di Ognissanti al primo di novembre, data in cui sarebbe stata consacrata una cappella dedicata a tutti i santi. E se poi questa celebrazione finì per soppiantare quella dedicata a San Cesario di Terracina, protettore degli imperatori romani, non mancarono di certo coloro che furono felici di lasciarsi alle spalle le usanze vagamente pagane che venivano praticate in suo onore.
C’è anche chi sostiene che l’inizio di novembre sia stato scelto per uniformare l’usanza cristiana con celebrazioni pagane già ben radicate nelle tradizioni popolari – in particolare la festività celtica di Samhain, diffusa in Irlanda e nei territori in precedenza abitati da questa civiltà. Tuttavia, si tratta di studi che non hanno riscontrato un consenso unanime, quindi non ci resta che continuare a speculare, almeno su questo aspetto.
Ciò che, invece, spesso dimentichiamo, è che il primo di novembre è la festa di Ognissanti, mentre i defunti dovrebbero essere celebrati e ricordati il due. Com’è, allora, che in cimitero ci si va il giorno prima? La risposta è molto più semplice del previsto: in molti Paesi in cui parte della popolazione aderisce alla fede cristiana, come l’Italia, solamente il primo di novembre è un giorno festivo, mentre il due risulta feriale (a meno che non si trovi nella posizione perfetta per suggerire un ponte). Siccome risulterebbe estremamente difficile recarsi a trovare i propri cari defunti durante un giorno lavorativo, alla fine ha preso piede l’usanza di ricordare i morti durante il giorno di Ognissanti.
Le agiografie: il racconto della vita dei santi
Rimanendo in argomento di santità, è interessante menzionare le agiografie. Si tratta dell’insieme di materiali – scritti ma anche pittorici o scultorei – che narrano la vita di un particolare santo e il culto a lui, o lei, tributato, con il fine ultimo di ricevere una grazia. Quello dell’agiografia è un vero e proprio genere letterario, che si ramifica in due sezioni: una focalizzata sullo stile e sul contenuto delle fonti, e un’altra che si concentra principalmente sull’aspetto storiografico e critico dei materiali.
Prendendo in considerazione il carattere letterario delle agiografie, al suo interno vi si può trovare un’enorme varietà di testi: biografie, racconti di miracoli, e narrazioni delle peregrinazioni delle reliquie, una volta venuto a mancare il santo (spesso martire, soprattutto nei primi secoli di vita della fede cristiana).
Il genere è diventato talmente canonizzato, da avere una struttura ben riconoscibile. Si inizia dando una panoramica del contesto storico e della situazione della Chiesa nell’area in esame, per poi passare più in dettaglio alla descrizione della società del tempo. Infine, si enuncia la finalità del testo, sia essa promuovere un dato santuario, o ingraziarsi un santo narrandone le gesta. E anche questo avviene con uno schema abbastanza ricorrente: prima il santo compie un lungo processo di preparazione, per poi raggiungere, dopo prove e tribolazioni, l’ascesi; e poi si dà spazio alla descrizione della sua attività evangelica e delle capacità sovrannaturali acquistate tramite la preghiera.