Il gobbo di Notre Dame (1996) è forse uno dei film d’animazione Disney più malinconici e dei più veri. Una storia in cui il lieto fine c’è, per certi versi, ma non riguarda in modo così diretto il protagonista.
Notre-Dame è tutto ciò che ha sempre conosciuto, è tutta la sua vita.
Tuttavia quando finalmente prende il coraggio a due mani e decide di unirsi ai festeggiamenti per la Festa dei Folli, le sue aspettative vengono quanto mai disilluse. La folla lo deride, lo scaccia, disgustata dai suoi lineamenti. Soltanto Esmeralda, bella zingara che incanta le genti con la sua danza e la sua gonna fluttuante, si mostra gentile nei suoi confronti. Forse è proprio per questo che Quasimodo se ne innamora, e decide di portarla nella cattedrale.
Da qui in poi ha inizio il vero fulcro della vicenda: l’amore per la ragazza (o, se vogliamo esser più realisti, il desiderio passionale). Perchè di Esmeralda sono innamorati in tre: il malvagio giudice Frollo, che tenta di condannarla per stregoneria, ma desiderandola in segreto; Febo, il nuovo capitano delle guardie, che di arrestare la zingara non ha nessuna intenzione; e il gobbo di Notre Dame.
Febo e Quasimodo sono pronti a tutto per aiutare la giovane a fuggire e a tornare alla Corte dei Miracoli, il luogo in cui vivono gli zingari di Parigi, anche a prendersi una freccia nel fianco, nel caso del soldato. Tuttavia, il loro buon cuore altro non fa che condurre Frollo nel luogo segreto, dandogli la possibilità di catturare Esmeralda e condannarla al rogo.
Ovviamente (ricordo che è un film Disney, quindi o lieto fine, o lieto fine lo stesso), Quasimodo giunge nel momento del bisogno, salvando l’amica e portandola al sicura a Notre-Dame. Nel mentre, il prode Febo guida gli abitanti di Parigi in una rivolta contro gli uomini del giudice, che prendono d’assalto la chiesa.
La storia si conclude più o meno così: Quasimodo getta Frollo giù da un parapetto della cattedrale; Febo salva Quasimodo dal precipitare a sua volta; il gobbo di Notre Dame approva quindi l’amore tra la zingara e il soldato, che vivono poi per sempre felici e contenti. Tuttavia, non disperare, perchè il lieto fine romantico per il protagonista è solo rimandato al secondo film.
Il gobbo di Notre Dame versus Notre-Dame de Paris: cos’hanno in comune?
Bene, dopo aver fatto un veloce ripasso di Il gobbo di Notre Dame, è giusto porre la domanda del momento: ha qualcosa in comune con il celebre romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo? La risposta breve è: davvero poco. E con poco intendo i nomi dei personaggi – nella loro versione italianizzata, ovviamente – e l’ambientazione.
Eh sì, Febo. Lo stesso Febo che nell’opera di Hugo vuole solo consumare una notte di passione con la zingare, e nulla più – anche perchè ha in ballo un contratto di fidanzamento con la ricca Fiordaliso, che non ha nessuna intensione di mandare a monte. Non gli passa nemmeno per la testa di palesare la sua presenza, quando tutti lo credono morto e gli inquisitori torturano Esmeralda per farla confessare.
Non dobbiamo dimenticare Frollo, che nell’opera originale è arcidiacono di Notre-Dame e che diventa pazzo di lussuria per la fanciulla (chiede a Febo di poter assistere al loro incontro notturno, però poi finisce per pugnalarlo per gelosia). L’uomo tenta a più riprese di convincere, o costringere, Esmeralda a giacere con lui, ma lei rifiuta sempre, innamorata del suo soldato.
Il gobbo di Notre Dame è l’unico con cui possiamo creare parallelismi più diretti. Sempre di buon cuore, disposto a mettere in gioco la sua vita per la donna che ama.
Emblematico di ciò è il finale del romanzo: vengono descritti due scheletri presenti nel sotterraneo del patibolo di Parigi, uno di donna, “l’altro, che teneva il primo strettamente abbracciato, era uno scheletro d’uomo. Si notò che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole, e una gamba più corta dell’altra. Non presentava d’altronde alcuna frattura vertebrale alla nuca, ed era evidente che non era stato impiccato. L’uomo al quale era appartenuto quello scheletro era dunque venuto in quel luogo, e lì era morto. Quando si volle staccarlo dallo scheletro che stringeva, andò in polvere.“