Un libro che parla di schiavitù e diritti negati. Un autore che ha vissuto la condizione di migrante: Umanità in rivolta, quando la denuncia prende corpo in un libro.
Ci eravamo illusi, avevamo creduto, negli anni caldi delle manifestazioni di piazza, di avere sconfitto la disuguaglianza, le barriere sociali e razziali, lo sfruttamento del lavoro: ci eravamo solo illusi, appunto. Solo qualche decennio dopo, quando la famosa crisi del 2008 ha provocato un arretramento sociale di cinquant’anni, rieccoci a dover lottare contro un sistema capitalistico che ci eravamo illusi, ribadisco, di aver sconfitto per sempre. Corsi e ricorsi storici. Com’è vero che la storia ripete ciclicamente i suoi clichè e com’è vero che spesso, non impariamo niente da lei.
Aboubakar Soumahoro è dirigente sindacale italo-ivoriano, un volto noto del sindacalismo radicale, impegnato da tanti anni nella lotta per i diritti dei braccianti. Umanità in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità, edito da Feltrinelli e pubblicato l’11Aprile 2019, è il suo libro: un libro che denuncia la condizione dei braccianti, immigrati ma anche italiani, impiegati nella filiera produttiva agroalimentare, sfruttati e sottoposti a infimi e infami trattamenti dal punto di vista lavorativo e umano.
Esiste una parola precisa per indicare la condizione dei lavoratori sfruttati: schiavitù. E non bisogna avere paura di utilizzarla.
Aboubakar Soumahoro, laureato in sociologia, nato in Costa d’Avorio meno di quarant’anni fa, dopo un’infanzia e una adolescenza trascorse nel suo Paese, a diciannove anni arriva in Italia. E come tanti immigrati, non conosce la lingua e non ha nessun punto di riferimento. Compie lavori saltuari adattandosi a ciò che riesce a rimediare dal bracciante al benzinaio, l’importante è lavorare: Ero insieme a tanti giovani italiani –ha raccontato- vivevamo nelle medesime condizioni di sfruttamento, di precarietà, di abbrutimento. Questo per ribadire che la povertà e le sue conseguenze, non ha colore nè nazionalità.
I giorni trascorsi insieme a donne e uomini che lavorano in situazioni infime, senza differenza di colore o di provenienza geografica, fanno maturare in Aboubakar Soumahoro il bisogno di fare qualcosa per tentare di cambiare le sue condizioni e quelle altrui: Sono diventato sindacalista per esigenza, racconta di se in un’intervista. Io difendo i lavoratori non in quanto migranti, ma in quanto braccianti e lavoratori tout court. Non per il loro colore di pelle, ma perché sono sfruttati.
Perché quando ci ritroviamo la frutta e la verdura nelle nostre tavole, non ci domandiamo da dove provengono? La condizione dei lavoratori nelle campagne è critica e sarebbe sciocco credere che riguardi soltanto i migranti, perché coinvolge anche tanti italiani. Spesso non c’è un minimo di sicurezza, non ci sono orari, non ci sono contratti, non ci sono diritti. Quando si ascoltano le storie dei braccianti sembra che seguano tutte un arco simile. Il viaggio, l’arrivo in Italia, le notti segregati in stanze strettissime, le mattine trascorse sul ciglio della strada ad aspettare che qualcuno venga a prelevarli su un camion. L’attesa di essere scelti. Le giornate piegati a lavorare. La paga che non arriva, o che, quando arriva, non è mai abbastanza. La paura che il giorno dopo non verranno richiamati.
Questo racconta Aboubakar Soumahoro in Umanità in rivolta: la necessità di ridare dignità agli esclusi, senza nessuna distinzione, Siamo tutti sotto il rullo compressore dello stesso paradigma economico. E non a caso il sottotitolo del libro è La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità, in una realtà che ha il gusto amaro della recessione, in cui la guerra fra poveri è fagocitata da chi ha tutto l’interesse politico per strumentalizzare la paura e la xenofobia per gli immigrati, lottare insieme per la felicità è un diritto ma anche un dovere, per ristabilire condizioni più umane nel lavoro. E se questa lezione arriva da un immigrato-nero noi, occidentali-europei-italiani, dovremmo auto-domandarci dove sono finiti quei diritti fondamentali per i quali sono state fatte tante lotte sindacali, in passato.
La politica è senza anima quando non riesce a entrare nella dimensione morale delle persone
Se si volesse, si potrebbe prendere il suo libro proprio come un manifesto politico, l’inizio di un progetto, in cui il centro tematico è la tutela della dignità dell’individuo, come uomo e come lavoratore. Il titolo ricorda il saggio di Albert Camus non soltanto nel nome, ma anche nell’idea di un uomo che si ribella e che si rifiuta di sottostare a un sistema che lo priva della sua libertà. Quindi, come agire? Per Aboubakar bisogna elaborare un nuovo modello, che sia giusto, solidale e sostenibile. Il momento di crisi che stiamo vivendo potrebbe essere il momento giusto per creare una nuova alternativa al sistema del capitalismo.
Un libro da leggere per allargare gli stretti orizzonti mentali in cui spesso ci rinchiudiamo per paura, per indifferenza, per egoismo, per mancanza di carità.
Hanno scritto di Umanità in rivolta:
Un libro necessario ma amarissimo, Matteo Marcor, La Repubblica; Perchè bisogna tornare a difendere i lavoratori delle periferie, Giulia Zaccariello, FQ Millennium; La capacità di dare risposte complete e con una visione futura, Leonardo Malà, repubblica.it.