Un libro-documentario sull’immigrazione clandestina: una vera e propria tratta di esseri umani che, attirati dal miraggio di una vita migliore, dai paesi Africani, attraverso i trafficanti, arrivano in Occidente.
Mi è capitato di leggere qualche settimana fa un articolo, su un notissimo settimanale italiano, L’Espresso, che raccontava la tragica vicenda di una tra le tante ragazze africane: una vera e propria tragica odissea degna dei racconti dei sopravvissuti nei campi di concentramento nazisti, con l’unica differenza che gli Ebrei, allora, venivano deportati a forza, mentre gli africani, oggi, vengono attirati dal miraggio di una vita migliore. Ciò che ho letto, di una crudezza impressionante, mi ha davvero lasciato un retrogusto di indignazione e amarezza per una realtà fatta di vera e propria barbarie che di umano non ha assolutamente niente e ho pensato che davvero le bestie sono migliori degli uomini, a volte, almeno loro aggrediscono soltanto quando fiutano o si sentono in pericolo e non per pura cattiveria. Questo stesso pensiero mi è rimbalzato in mente quando ho visto la notizia dell’uscita del libro-documento che ti segnalo, edito da Einaudi, pubblicato il 29 Gennaio 2019: Io Khaled vendo uomini e sono innocente di Francesca Mannocchi.
Francesca Mannocchi è una giornalista e documentarista freelance che si occupa di migrazioni e collabora con numerose testate italiane ed internazionali. Ha realizzato vari reportage dai paesi islamici e ha ricevuto il Premiolino per il giornalismo nel 2016. Ha realizzato diverse inchieste sulle migrazioni e sulle carceri libiche, una di queste, Missione impossibile, le è valso il Premio Giustolisi.
In Io Khaled vendo uomini e sono innocente, il protagonista, Khaled, è uno dei tanti trafficanti libici che, poco più che trentenne, ha partecipato alla rivoluzione libica per la deposizione del colonnello Gheddafi. Sappiamo dalle cronache attuali come quella rivoluzione non ha sortito ciò che i rivoltosi speravano: la Libia è oggi, purtroppo, terra di nessuno, dove le varie tribù, sempre in guerra tra loro, hanno prodotto solo morte e distruzione e la conseguente fuga delle popolazioni.
Khaled, mercante della morte, si è trovato suo malgrado ad organizzare, assieme ad altri, le traversate sul Mediterraneo di migliaia di disperati in fuga dall’inferno della guerra e a smistare uomini, donne e bambini come oggetti, dai confini del sud libico fino ai centri di detenzione: veri e propri carceri, legali e illegali, in cui i trafficanti rinchiudono i migranti in attesa di partire. Ciò che avviene in quelle carceri, è molto simile a quello che avveniva nei campi di concentramento nazisti: fame, torture fisiche e psicologiche, stupri, sono ordinaria amministrazione. Lo racconta lo stesso Khaled nel libro-inchiesta di Francesca Mannocchi e il suo racconto di aguzzino, coincide con quello della ragazza africana di cui ho letto in quell’articolo de L’Espresso di cui ti parlavo all’inizio.
Khaled racconta di assistere e, a volte di partecipare alle violenze ma non si sente un criminale: lo fa per soldi, lo fa perchè tradito e trasformato, da vittima in aguzzino, da una rivoluzione che prometteva libertà, lo fa per sopravvivere; perchè fra le due opzioni, vittima o carnefice, si è trovato per caso dalla parte dei carnefici. E, probabilmente, non sa di essere vittima a sua volta di un sistema più grande di lui e dei trafficanti stessi.
Un libro crudo, questo di Francesca Mannocchi, crudo e reale. “Le sue parole raccontano un mondo in cui la demarcazione fra il bene e il male si assottiglia…” Così come succede, sempre più spesso, nel mondo di oggi e non basta chiudere gli occhi o girarsi dall’altro lato per non vedere o per far finta che certe cose non esistano: nessuno dovrebbe ignorare questa realtà perchè la storia e le generazioni future, ce ne chiederanno conto.