Bompiani pubblica Ignorantocrazia, il nuovo libro del critico cinematografico Gianni Canova.
Il libro di oggi non è un libro qualsiasi, di certo i presupposti sui quali è stato impostato non sono di natura romantica o di narrativa tanto meno storici. Probabilmente i periodi storici possono in qualche modo aver influito sulle dinamiche di comparazione ma è indubbio che Ignorantocrazia il nuovo libro di Gianni Canova sia un testo di denuncia, quanto meno la presa di coscienza e la capacità di analisi critica di chi, come Canova,è abituato a porsi domande e a cercarne le risposte.
Un rapido escursus sulle note biografiche di questo grande giornalista mi sembrano più che doverose e qui li riporto…
Gianni Canova (1954) è saggista e accademico, dal 2018 Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, dove è anche docente di Storia e Critica del Cinema e Filmologia. Dal 2004 è autore e conduttore del programma Il cinemaniaco su Sky Cinema. Fondatore e direttore del mensile di cinema e spettacolo Duel, ha scritto per La Repubblica, Sette, La Voce, Rolling Stone, Elle e Vogue. Per Bompiani ha pubblicato anche L’alieno e il pipistrello. La crisi della forma nel cinema contemporaneo. Ha insegnato Poetiche del cinema contemporaneo presso la Scuola Nazionale di Cinema di Roma .
Non Solo…
Dal 2001 al 2009 ha diretto a livello artistico il Festival “Leggere il Novecento” di Ancona e del Noir in Festival,incarico investito dal 2016 come delegato IULM. Dal 2001 al 2005 ha rappresentato l’Italia nel Comitato scientifico del Festival Internazionale del Film di Locarno e dal 2005 al 2007 è stato membro del Comitato Scientifico della Festa del Cinema di Roma. Dal maggio 2017 è membro del consiglio superiore per il cinema e gli audiovisivi istituito presso il MiBACT.
Insomma Gianni Canova, e non sono certo io ad affermarlo, con uno sguardo a 360 gradi, ha tutte le carte in regola per sollevare dubbi e incertezze rispetto alle problematiche culturali e di costume che investono la nostra società.
Nel suo ultimo libro affronta questioni fondamentali che lui identifica come “anoressia culturale” e non a caso le sue dichiarazioni a riguardo non sono incoraggianti…
“quando l’ignoranza dilaga, e si fa sistema, diventa ignorantocrazia.” scrive lo scrittore, “Genera forme distorte di consenso e di potere. E mette in discussione le basi stesse della democrazia. I dati mortificano: quasi il 70% degli abitanti diserta mostre e musei. Siti archeologici e monumenti sono del tutto ignorati da tre abitanti su quattro. Una percentuale vicina al novanta per cento non ha mai assistito o partecipato a un concerto di musica classica. Quasi l’80% non è mai andato a teatro” una società che afferma che chiunque può fare qualsiasi cosa, che sostiene l’equivalenza di tutti a prescindere dalle conoscenze, dallo studio, dalla performatività, finanche dal talento, è una società statica, abulica, bloccata su se stessa, incapace di trasformarsi.
Il libro di Canova è diretto, non prende scorciatoie…
Gianni Canova tocca uno dei nervi scoperti del dibattito culturale in Italia, senza sconti per nessuno dei soggetti coinvolti: L’Italia del XXI secolo è diventato un paese culturalmente anoressico: dopo il neorealismo dell’immediato dopoguerra mancano riferimenti culturali riconosciuti a livello internazionale e un paesaggio di consumo culturale degno di un paese sviluppato. Mentre l’intellettuale progressista-elitarista si gongola tra i suoi idoli (denaro, mostre e popolarità), l’unica vera rivoluzione culturale del XX secolo sembra rimasta quella del cinema.
Alla fine delle sue riflessioni Canova si chiede se alla luce di questi risultati è possibile recuperare o costruire una nuova democrazia culturale in Italia… per quanto riguarda me, spero proprio di si… perchè non è mai troppo tardi per imparare.
E’ un testo di approfondimento culturale, solleva gli animi ma per questo molto, molto interessante. Te lo consiglio.
Peccato che in questo stesso volume l’autore, Gianni Canova, finisce per commettere un grave scambio di persona, un autore con un altro in una serie di brevi citazioni tratte da un libro contro le mostre d’arte, di Tomaso Montanari e Vincenzo Trione (“Contro le mostre”, Einaudi, Torino 2017). Canova si scaglia verso una presunta visione delle mostre d’arte, a suo giudizio elitaria e antidemocratica, che sarebbe presente nel libro di Montanari e Trione quasi fossero i paladini di una cultura critpica, difficile, elitaria. In realtà Canova finisce per confondere il senso del libro da parte di Montanari e Trione contro le mostre che, in realtà, si scagliava e si scaglia, invece, contro la banalizzazione dei saperi storico-artistici con mostre che non apportano nuovi progressi negli studi storico-artistici e con abbassamento dei livelli dei saperi. Ma non certamente una visione antidemocratica dell’arte. E ben sappiamo che Montanari, come Settis e Trione, ha sempre difeso la scientificità delle mostre d’arte attraverso una visione profondamente democratica e rigorosa dell’arte e della storia dell’arte, legata al dettato della nostra Costituzione della Repubblica, Artt. 9, 33, 21 ecc… Canova quando parla (in un paragrafo del proprio volume) di “Industria culturale”, invece, attacca frontalmente Montanari con diverse citazioni dal primo capitolo dell’einaudiano volumetto, ma non si accorge che invece il primo capitolo è stato scritto da Vincenzo Trione e quindi attacca, non sapendo di farlo, proprio Trione scambiandolo per Montanari (Cfr. G. Canova, “Ignorantocrazia…, pp. 65-69). Un attacco che ritengo del tutto superficiale, gratuito e fuori luogo.