Uscito martedì 18 settembre per Mondadori “[amazon_textlink asin=’8804705302′ text=’Giuro che non avrò più fame. L’Italia della Ricostruzione’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’10d046e2-d931-11e8-ade6-6fa8ab6b0098′]”, è un affresco sugli anni duri, eppure così vitali, della ricostruzione dal dopoguerra, sul trentennio 1950-1980. Questo volume è l’ultimo capitolo della saga dedicata da Aldo Cazzullo al Novecento italiano.
Cazzullo qui – trattando uno dei periodi meno esplorati della storia patria – cattura l’attenzione non solo di chi c’era e ricorda, ma riesce, soprattutto, a costruire una memoria del passato recente in chi non c’era e non può ricordare. La tesi di questo saggio è attuale: ci fu un’epoca in cui gli italiani non soltanto hanno ricostruito un Paese devastato moralmente e fisicamente, ma hanno anche cominciato a divertirsi e a divertirsi mentre creavano ricchezza, sia concreta che intellettuale, il meglio del cinema e della letteratura, del progresso e della tecnologia, della poesia e della visione del futuro.
Erano i tempi «in cui si moriva di appendicite» e in cui la penicillina arrivava di contrabbando. Tutti usavano gli scalcagnati mezzi pubblici o la bicicletta. E tutti erano magri per la lunga carestia, sicché un po’ di pancia era considerata sexy. Il nuovo libro di Cazzullo (di cui ricordiamo tra gli altri Basta piangere! e La guerra dei nostri nonni) è uno studio accuratissimo, privo di una esplicita posizione ideologica ma proprio per questo spietato nel mettere a nudo la povertà dell’ideologia oggi prevalente: quella della decrescita infelice e dell’assistenza a perdere. Il suo ritratto dell’Italia di ieri è una documentazione della voglia di ricostruire, di essere, di vivere, amare, esagerare, anche strafare e poi di ridere. È lo spirito che ci ricorda il piccolo capolavoro di Primo Levi La chiave a stella del 1978. Gli italiani del dopoguerra erano un popolo attivo, che cercava lavoro e l’inventava, erano un popolo spaccato politicamente ma unito in una furia energetica che faceva vivere sia l’arte che l’industria, la libertà sulla Lambretta e la musica, la scienza. Insomma, il giuramento del titolo: non essere più poveri, mai più, ripreso da Via col Vento. Voglia di creare ricchezza, non soltanto di consumarla. Era il miracolo italiano cui il piano Marshall americano aveva dato un impulso finanziario potente ma usato bene.
SINOSSI
Il primo film che le nostre nonne e le nostre madri andarono a vedere dopo la guerra fu Via col vento. Molte si identificarono in una scena: Rossella torna nella sua fattoria, la trova distrutta, e siccome non mangia da giorni strappa una piantina, ne rosicchia le radici, la leva al cielo e grida: «Giuro che non soffrirò mai più la fame!». Quel giuramento collettivo fu ripetuto da milioni di italiane e di italiani. Fu così che settant’anni fa venne ricostruito un Paese distrutto.
Come scrive Aldo Cazzullo, «avevamo 16 milioni di mine inesplose nei campi. Oggi abbiamo in tasca 65 milioni di telefonini, più di uno a testa, record mondiale. Solo un italiano su 50 possedeva un’automobile. Oggi sono 37 milioni, oltre uno su due. Eppure eravamo più felici di adesso». Ora l’Italia è di nuovo un Paese da ricostruire. La lunga crisi ha fatto i danni di una guerra. Per questo dovremmo ritrovare l’energia e la fiducia in noi stessi di cui siamo stati capaci allora.
Cazzullo racconta l’anno-chiave della Ricostruzione, il 1948. Lo scontro del 18 aprile tra democristiani e comunisti. L’attentato a Togliatti e l’insurrezione che seguì. La vittoria al Tour di Bartali e l’era dei campioni poveri: Coppi e il Grande Torino, cui restava un anno di vita. Le figure dei Ricostruttori, da Valletta a Mattei, da Olivetti a Einaudi. Il ruolo fondamentale delle donne, da Lina Merlin, che si batte contro le case chiuse, ad Anna Magnani, che porta al cinema la vita vera. L’epoca della rivista: Wanda Osiris e Totò, Macario e Govi, il giovane Sordi e Nilla Pizzi.
Ma i veri protagonisti del libro sono le nostre madri e i nostri padri. La loro straordinaria capacità di lavorare e anche di tornare a ridere. Il racconto di un tempo in cui a Natale si regalavano i mandarini, ci si spostava in bicicletta, la sera si ascoltava tutti insieme la radio; e intanto si faceva dell’Italia un Paese moderno.
Una processione emozionante di volti noti e dimenticati. Politici frugali come Alcide De Gasperi, che la domenica contava il numero di paste da comprare per la famiglia (mai più di una a testa). O come Luigi Einaudi, che durante una cena al Quirinale propose a Flaiano di fare a metà di una pera («Dopo di lui cominciò la Repubblica delle pere indivise»). E poi Coppi e Bartali, le elezioni del 1948, Dossetti e Lauro, Giannini e Di Vittorio, Macario e Govi, la corsa disperata di Anna Magnani in Roma città aperta di Rossellini, che inaugura il neorealismo, e le corna svedesi di Rossellini ad Anna Magnani, che inaugurano il neovoyeurismo, la battaglia per la chiusura dei casini e la lenta ma inesorabile crescita dei diritti delle donne.
RECENSIONI
Recensioni
“Si esce da queste pagine con un umore impastato di nostalgia e speranza. La nostra generazione non deve vedersela con le macerie fisiche di una guerra, ma con quelle morali della rassegnazione. Per provare a sconfiggere, scrive Cazzullo, l’idea inaccettabile che essere italiani sia diventata una sfortuna.”
Massimo Gramellini, “Corriere della Sera” 16 settembre 2018,
“La storia del magnifico umile eroico spirito italiano della Ricostruzione.”
Paolo Guzzanti, “Il Giornale” 29 settembre 2018,
“Il libro di Cazzullo ci invita a riflettere sull’inutilità di vivere eternamente nel presente, sulla necessità di tornare a immaginare il futuro, trovando nel passato, nelle pagine più belle del passato recente, la forza delle radici e la voglia di continuare.”
Marcello Sorgi, “La Stampa” 5 ottobre 2018,
“Un saggio che racconta l’Italia della Ricostruzione, un Paese a pezzi con tante donne vedove, che avevano perso figli, violentate dai soldati, ma capaci di essere protagoniste della ripartenza morale e materiale.”
Gaia Giorgetti, “F” 10 ottobre 2018,
“Il parallelo tra il conflitto e la crisi è un pretesto per scrivere un reportage su una delle avventure più belle del Paese.”
Christopher Cepernich, “Corriere della Sera” 6 ottobre 2018,
“Meraviglioso. Dovrebbe essere una lettura obbligatoria nelle scuole italiane.”
Federico Rampini, “D – La Repubblica” 6 ottobre 2018,
“Immagini di un tempo che fu, ma così vivide ed evocative che sembra di sfogliare un pezzo dell’archivio dell’Istituto Luce con la colonna sonora di Nilla Pizzi e del Quartetto Cetra.”
Silvana Mazzocchi, “La Repubblica” 12 ottobre 2018,
“Cazzullo scrive una cavalcata nella storia che è un efficace ripasso per le nuove generazioni. […] Un libro che guarda al passato per trarne una lezione di speranza per il futuro.”
Paolo Armelli, “Donna Moderna” 24 ottobre 2018
BIOGRAFIA