- Le cose perdute di Germano Tonanzi, in libreria dal 12 Febbraio 2020, è un romanzo breve, solo 95 pagine che segnano il debutto dell’autore con la casa editrice WritesEditor.
Il romanzo inizia con un viaggio e si conclude con un viaggio, in mezzo un percorso umano, un’evoluzione interiore, un cambiamento che come tutti i cambiamenti, destabilizza, costa fatica ma che condurrà il protagonista ad avere nuove consapevolezze e sopratutto a vincere quella parte di se stesso che aveva deposto le armi e smesso di lottare.
Il protagonista, all’inizio del romanzo, si trasferisce a Milano per tentare di cambiare vita e qui gli incontri, le amicizie, gli eventi che si susseguono lo inducono a compiere un percorso interiore dal quale, malgrado le perdite e le inevitabili sconfitte, uscirà rafforzato, superando le ansie e le paure che avevano caratterizzato la sua vita.
Le cose perdute è un titolo che rimanda a nostalgie, forse a rimpianti e sembra dare il senso della sconfitta, dell’irrimediabilità. Tutti abbiamo probabilmente potuto sperimentare, nel corso dell’esistenza, la perdita di qualche pezzo per strada. Pezzi importanti a volte, amici, amori, persone care, la cui mancanza destabilizza e può far scivolare sopra quel terreno poco agevole del lasciarsi andare, del non vivere, dell’abbandonarsi a giorni che scorrono tutti uguali, tutti in fila, tutti grigi e amorfi.
Una condizione in cui è facile arrendersi alla depressione e consentire a fatti, avvenimenti e persone di trasmigrare e perdersi pur potendo rappresentare quel famoso gancio a cui aggrapparsi, per risalire dalla china discendente di una vita non-vita.
Le cose perdute di Germano Tonanzi, romanzo breve che ho letto in un solo pomeriggio, dà proprio queste sensazioni al lettore: abbandono, rinuncia, lasciare che tutto scorra nella dimenticanza, nell’ignavia. Questo clima di cui tutta l’intera storia è permeata, tranne che per il finale a sorpresa, prende il lettore che, pagina dopo pagina, viene coinvolto dalla storia del protagonista senza nome. E non a caso, penso.
Noi e le cose perdute
La scelta da parte dell’autore di lasciare innominato il protagonista della storia raccontata in terza persona, penso sia stata studiata per permettere al lettore di immedesimarsi nel personaggio principale. Come lui, chiunque può avere “cose perdute” che riempiono i cassetti del non-accaduto, del non-vissuto.
Il percorso della vita del protagonista, come quello di ciascuno di noi, non è privo di ostacoli, di imprevisti, di cambiamenti forzati, di “cose” dolorose da dover fronteggiare: posto davanti all’ineluttabile egli reagisce “perdendo”. Preferisce perdere piuttosto che affrontare, fino a quando capisce che vivere pienamente è provare, osare, rischiare. Un anti-eroismo che ci somiglia e rende il protagonista di Le cose perdute, umano, vero, reale.
Un libro delicato, Le cose perdute di Germano Tonanzi, dove i sentimenti o i dolori non vengono urlati ma raccontati sottovoce con naturalezza, per questo coinvolge e colpisce fin dalle prime pagine. Un libro che induce il lettore alla riflessione, senza fornirgli ricette miracolose o medicine per la guarigione ma che accompagna senza invadere.
Emblematica ed elegante anche la copertina del libro, che trovo sia di una raffinatezza particolare: uno sfondo grigio dove spiccano in rosso e nero i passi di un uomo e di una donna che si tengono per mano.
Quasi a voler indicare un cammino anonimo, un cammino che non riguarda soltanto i protagonisti della storia ma appartiene a chiunque, le figure umane stilizzate, non sono disegnate integralmente: quei passi possono essere di chiunque si mette in viaggio per nuovi orizzonti.
Le cose perdute di Germano Tonanzi è un libro che consiglio di leggere proprio per la profondità dei contenuti, per lo stile dell’autore, scarno e senza orpelli, e per la trovata geniale di lasciare il protagonista senza nome: quel nome come quella storia, potrebbe essere il tuo o il mio.