Caro Lettore, oggi non riuscivo a trovare nulla di interessante da proporti, eppure ci sono tante storie di personaggi del passato, o di persone resilienti e caparbie del presente delle quali ancora non ti ho parlato.
Probabilmente è questo momento così difficile che stiamo attraversando che in qualche occasione ci toglie tutto, anche la voglia di trovarla una motivazione.
Allora ho pensato che forse non ti dispiacerà se metterò insieme solo un po’ di cose che ho da dire, e le dirò.
Ho da dire che sono stufa di questo virus che si sta prendendo tutto il nostro tempo, che si sta portando via così tante persone, pensieri e abbracci.
Ho da dire che non vorrei vedere mai più mia figlia stesa sul divano in lacrime perché non ce la fa più a rinunciare a tutte le cose che ama fare, ai suoi amici, ai suoi compagni di scuola perché ancora una volta qualcosa è andato storto e siamo nuovamente in zona rossa.
Ho da dire che la gente mi confonde con i suoi sguardi scostanti e le sue parole gentili, ed è proprio nell’esatto istante in cui incontro quegli sguardi che ho voglia di scappare e di chiudermi in un mondo tutto mio dove nessuno può colpirmi così forte senza avermi nemmeno toccato.
Ho da dire che non ho mai pensato a me stessa come a una persona capace e intelligente, ma solo perché avevo paura di generare invidia, di non essere voluta, capita, di non saperlo dimostrare proprio nel momento in cui potevo farlo.
Ho da dire che la natura ci offre l’opportunità di osservarla e prenderne spunto, come ci racconta con la sua scrittura elegante e accurata Pia Pera nel suo libro Al giardino non l’ho detto: per non dimenticare mai quanto prezioso è il tempo a nostra disposizione in questa vita.
Ho da dire che adoro guardare gli occhi ridenti dei bambini perché hanno il potere di dare al tempo la giusta misura: per loro non c’è passato né futuro mentre sono assorti nei loro più appassionanti giochi.
Ho da dire che a volte chi ti sembra ostile e sgarbato mentre ti dice la sua verità è molto più vero di chi la verità non te la dirà mai, ma con te è sempre gentile.
Ho da dire che non ce la faccio più a sentire di donne molestate, violate, uccise da uomini che dicono di amarle.
Ho da dire che la passione muove: dove c’è passione c’è sorriso, amore, anche fatica ma mai rabbia, frustrazione, gelosia, cattiveria.
Ho da dire che vorrei un mondo più pulito e più giusto per tutti: animali e persone.
Quello che ho fatto è un bellissimo esercizio di scrittura. Mi è stato proposto al laboratorio di libroterapia e scrittura che sto seguendo in questo periodo. Proprio a questo proposito se sei interessata/o all’argomento non perderti nei prossimi giorni, nella nostra rubrica Sogni di Carta, l’intervista alla libroterapista Carla Pinna.
Questo esercizio è ispirato a uno scritto del 2001 di Sandro Veronesi, intitolato proprio Le cose che ho da dire:
un elenco di fatti, situazioni reali e verosimili, riflessioni e tematiche che lo scrittore ferma sul foglio con un ritmo incalzante, nato dalle urgenze del dire e quindi di scrivere ogni pensiero.
In questo testo, qui parzialmente riportato, Veronesi compone una sinfonia corale di ciò che ha da dire al mondo.
Le cose che ho da dire. Ho da dire di uno yuppie che passa le giornate davanti alla scuola dove va la figlia; di un bambino down che passa sul marciapiede per mano alla madre, e che si volta lentissimamente, ma per lui di scatto, quando una macchina parcheggiata viene aperta col bip del comando a distanza; ho da dire delle automobili in mostra negli aeroporti, inchiodate sulle loro pedane oblique e girevoli, e delle ragazze con la minigonna e le calze velate che fanno loro compagnia, inchiodate anch’esse ai loro sgabelli; ho da dire tutto quello che so sui soldi, e soprattutto quello non so ancora; dei temporali elettrici d’oggigiorno, che fanno scattare gli allarmi delle macchine a ogni fulmine che cade, e sembra d’essere in mezzo a un bombardamento; delle sigarette che non riesci a spegnere, e per quanto le acciacchi rimangono accese; degli scherzi che ha fatto il cervello a me, ai miei amici, alle mie amiche, agli uomini delle mie amiche e alle donne dei miei amici; della spaventosa autonomia con cui può verificarsi l’erezione… del fare l’amore all’aperto, ho da dire, perchè è immensamente meglio che farlo al chiuso; delle straordinarie ondate di caldo in autunno e in inverno; della bellezza di certi proverbi, e in particolare di questo: “un conto è recintare il pollaio e un conto è prendere la volpe”; della straordinaria sensazione di libertà derivante dal non credere in Dio, della quale nessuno dice mai… della bellezza soverchiante di certi momenti in cui non accade assolutamente nulla… del fatto che non siamo mai veramente soli, siamo solitari; dell’entropia… della differenza che c’è (se c’è) tra scopare temendo di svegliare i genitori e scopare temendo di svegliare i figli; della fatica che si fa a riconoscere d’aver sposato la persona sbagliata; dei tre stadi dell’alienazione secondo Calvino e del fatto che secondo me ormai siamo più o meno tutti al terzo stadio: primo stadio, sono al lavoro e sogno di essere al mare; secondo stadio, sono al mare e sogno di essere al lavoro; terzo stadio, sono al mare e sogno di essere al mare.
Queste sono alcune delle cose che ho da dire, e siccome per scrivere bisogna dire, e io ho bisogno di scrivere, le dirò.
Sandro Veronesi è autore di romanzi di grandissimo successo e vincitore di diversi premi importanti come il Campiello con La forza del passato, il Bagutta con Terre rare, lo Strega con Il Colibrì e con Caos Calmo, che è stato anche tradotto in venti paesi.
Per me è stato un esercizio liberatorio, che spero ti sia d’ispirazione.
Come sempre buona lettura!