Quello di Lawrence Ferlinghetti è un nome e una figura letteraria che rappresenta un’icona per molte generazioni: essenzialmente poeta ma non solo perchè può essere definito artista a tutto tondo, negli anni Sessanta è stato fautore di quel quel vasto fenomeno socio-culturale, conosciuto nel mondo come Beat Generation che ha rivoluzionato non solo il mondo poetico ma ha investito e cambiato società e cultura.
Con la sua morte alla bella età di 101 anni scompare il poeta-leggenda della Beat Generation.
Lawrence Ferlinghetti, nato a Yonkers il 24 marzo 1919, di origine italiana come il cognome fa intuire, rimase orfano di padre prima di nascere e, poco tempo dopo la nascita la madre fu rinchiusa in una casa di cura per malattie mentali. Cresciuto dagli zii e in seguito adottato da una famiglia americana, volle mantenere il suo cognome di origine.
Malgrado l’esordio alla vita non propriamente felice, Lawrence Ferlinghetti diventa giornalista e poi critico letterario e nel 1953 si inventa quella che diventerà il simbolo di un’intera generazione di artisti: la libreria-casa editrice-tempio di San Francisco, la City Light, un luogo dove passarono tutti i maggiori rappresentanti della poesia statunitense: nomi come Kerouac, Bukowski, Ginseng e tanti altri devono a Lawrence Ferlinghetti e alla City Light la loro fama e la consacrazione a poeti.
In quella libreria, oltre a respirare odore di carta stampata si respirava fumo, non solo di tabacco, alcool e poesia. Gli artisti che la frequentarono in quegli anni, da bravi figli del loro tempo fra dissolutezze, droghe e disperazioni di vario genere, trovarono lo spazio per recitare i loro versi ad un pubblico sempre nutrito e attento. Lawrence Ferlinghetti fu il primo infatti a creare il precedente: la sua City Lights all’occorrenza si trasformava in un luogo di intrattenimento, dove i poeti recitavano i loro versi come da un palcoscenico.
Lawrence Ferlinghetti un intellettuale visionario e fuori dagli schemi
Little Boy, cresciuto da romantico contestatore, ha conservato la sua giovanile visione di una vita destinata a durare per sempre, immortale come lo è ogni giovane, convinto che la sua identità speciale non morrà mai.
Quella riportata sopra è la frase con la quale Lawrence Ferlinghetti conclude Little Boy, la sua autobiografia, pubblicata in occasione del centenario ed è così che il mondo letterario lo ricorda: un eroe romantico, contestatore, eterno fanciullo che non ebbe timore di sfidare il perbenismo americano di quel tempo. Coraggioso e controcorrente non indietreggiò mai nel portare avanti i suoi credo e le sue convinzioni più profonde, finendo anche in carcere accusato di oscenità quando pubblicò, nel 1956, Urlo, Howl, di Allen Ginsberg, poema-scandalo per la società americana fortemente puritana e conformista di quel tempo.
Altri tempi, ora che tutti si arrogano il diritto di pubblicare vere e proprie oscenità, nel senso di ciofeche letterarie, nessuno finisce in carcere per vilipendio (non certo al perbenismo o al pudore, ormai non si scandalizza più nessuno) alla letteratura. Vabbè, caro lettore passami la “nota critica” che ci sta tutta, credimi, visto ciò che circola oggi in poesia…
E niente, rientro nei ranghi adesso e penso che un personaggio come Lawrence Ferlinghetti, non ha circoscritto nè catalogato niente, rifiutando ogni schema preconfezionato, tanto da dire:
[…] Perché perfino la brutta poesia ha rilevanza/ per quello che non dice/ per quello che tralascia…
Questo verso tratto dal brano Usi della poesia ne è la dimostrazione. E probabilmente abbiamo solo da imparare dalla sua saggia follia.
Lawrence Ferlinghetti: impegno culturale e politico
Una saggia follia che coltivò per tutta la vita e che lo rese non solo attivo in poesia ma anche impegnato da un punto di vista strettamente sociale e politico. Anarchico convinto, spese gran parte delle sue energie, specie dopo l’arresto, battendosi per la libertà di parola e per la diffusione della cultura come mezzo di riscatto sociale. La letteratura fu vista da Lawrence Ferlinghetti come mezzo di ribellione verso la società di quel tempo, capitalista e fortemente conservatrice,
Nominato nel 1998 Poeta Laureato di San Francisco, Lawrence Ferlinghetti è autore di decine di libri tra cui una delle raccolte di poesia più vendute nella storia degli Stati Uniti: A Coney Island of the Mind. Pubblicata nel 1958, la raccolta è composta di 48 poesie, ha venduto più di un milione di copie ed è una durissima critica della società del tempo.
La particolarità della raccolta è la struttura: i versi sono creati in maniera da poter essere musicati e accompagnati dalla musica jazz, lo stile musicale amato dai protagonisti della Beat Generation.
Non sono solo poesie dunque quelle di Coney Island of the Mind, un’opera che avrebbe influenzato generazioni a venire, non solo di scrittori e poeti ma anche di musicisti, come ad esempio Lou Reed. Quelle di Ferlinghetti, sono vere e proprie visioni che aprono porte su una diversa percezione del mondo:
L’occhio del poeta vedendo oscenamente/ vede la superficie del mondo tondo/ con i suoi tetti sbronzi/ i lignei oiseaux sui fili del bucato/ i maschi e le femmine d’argilla/ con le gambe da schianto e i seni a bocciolo/ su brandine a rotelle/ e i suoi alberi pieni di misteri/ i suoi parchi di domenica e le statue silenziose/
e la sua America/ con le sue città fantasma e le Ellis Island vuote/ e il suo paesaggio surrealista fatto di/ praterie smemorate/ ricche periferie-supermercato/ cimiteri riscaldati/ feste comandate in cinerama/ e cattedrali che protestano/ un mondo a prova di bacio fatto di plastica ciambelle del cesso tampax e taxi.
(dall’edizione di minimum fax, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan).
Una cultura che con Lawrence Ferlinghetti è uscita dalle aule universitarie e accademiche per andare, come Kerouac insegna, sulla strada. Quel viaggio, quell’itinerario continua ancora o si è perso tra le onde elettromagnetiche dell’homo digitalis?