La parola dell’anno 2023 secondo l’istituto Treccani è femminicidio. Il termine si riferisce all’uccisione di donne a causa del loro genere e della loro condizione di vulnerabilità. L’articolo di Treccani analizza il termine “femminicidio” e il suo utilizzo nella lingua italiana. Secondo l’articolo, il termine “femminicidio” è stato introdotto in Italia negli anni ’90 per denunciare la violenza di genere e la discriminazione contro le donne.
Il femminicidio è un fenomeno che colpisce molte donne in tutto il mondo. Secondo DonnaPOP, il femminicidio è un crimine commesso sotto matrice misogina e spesso perpetrato da partner o ex partner. L’articolo fornisce una definizione del termine e spiega la sua origine.
Secondo Today, nel 2023 in Italia sono state uccise 105 donne. L’articolo fornisce dati sui femminicidi in Italia e spiega le circostanze in cui si sono verificati gli omicidi.
Il femminicidio è un problema serio che richiede l’attenzione di tutti. È importante che la società prenda provvedimenti per prevenire la violenza di genere e proteggere le donne.
Femminicidio, la parola dell’anno 2023 secondo Treccani
Nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua, l’Istituto della Enciclopedia Italiana ha selezionato femminicidio come parola dell’anno 2023.
“La scelta, spiega Treccani, evidenzia l’urgenza di porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, per stimolare la riflessione e promuovere un dibattito costruttivo intorno a un tema che è prima di tutto culturale”.
La parola ha fatto la sua comparsa nella nostra lingua nel 2001 e fu registrata nei Neologismi Treccani del 2008: da allora si è estesa a macchia d’olio quanto il crimine a cui si riferisce.
Il sostantivo scelto da Treccani come parola dell’anno 2023 indica il triste traguardo che rientra però nel solco del meritorio lavoro svolto dall’Enciclopedia Italiana di scavare nei meandri della nostra lingua, per scorgerne i neologismi, aggiornare il nostro vocabolario ed usarlo come lente di ingrandimento dei mutamenti sociali.
Sostantivo di genere maschile, composto dal sostantivo femmina e dal suffisso ‘cidio’, derivante dal latino ‘cidium’, dal tema di caedĕre, ovvero “tagliare”, uccidere, il “femminicidio” è una pratica tanto antica quanto recente è stata invece l’urgenza di averle dato un nome proprio.
Il termine, spiega Valeria Della Valle, direttrice scientifica, insieme a Giuseppe Patota, del Vocabolario Treccani, ha infatti fatto la sua comparsa nella nostra lingua solo nel 2001 ed è stata registrata nei Neologismi Treccani nel 2008. La definizione del termine che usa vocabolario Treccani online per spiegare il fenomeno è:
“Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica di una donna in quanto tale, espressione di una cultura plurisecolare maschilista e patriarcale che, penetrata nel senso comune anche attraverso la lingua, ha impresso sulla concezione della donna il marchio di una presunta, e sempre infondata, inferiorità e subordinazione rispetto all’uomo“.
Una descrizione che travalica il riferimento oggettivo per descrivere un dato culturale. E infatti, spiega Treccani, la scelta di questa parola come simbolo dell’anno che sta per concludersi “rientra nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua” ed evidenzia l’urgenza di “porre l’attenzione sul fenomeno della violenza di genere, per stimolare la riflessione e promuovere un dibattito costruttivo intorno a un tema che è prima di tutto culturale: un’operazione pensata non solo per comprendere il mondo e la società che ci circondano, ma anche per contribuire a responsabilizzare e sensibilizzare ulteriormente lettori e lettrici su una tematica che inevitabilmente si è posizionata al centro dell’attualità”.
Come ha sottolineato Della Valle:
“Come Osservatorio della lingua italiana non ci occupiamo della ricorrenza e della frequenza d’uso della parola femminicidio in termini quantitativi, ma della sua rilevanza dal punto di vista socioculturale: quanto è presente nell’uso comune, in che misura ricorre nella stampa e nella saggistica? Purtroppo, nel 2023 la sua presenza si è fatta più rilevante, fino a configurarsi come una sorta di campanello d’allarme che segnala, sul piano linguistico, l’intensità della discriminazione di genere”.