LA MIA LUCE: Odiare o amare? di Faby Daddy
Faby Daddy con questo titolo lascia aperte le porte a qualsiasi tipo di ipotesi e ancor più con la cover. Un uomo tatuato, tra i suoi tatuaggi la parola luce, e con una pistola in mano; tutto potrebbe essere, ti assicuro che quando lo leggerai capirai il significato di questa copertina e la troverai una scelta corretta.
Intanto pensiamo in quale genere inserire questo romanzo, non è così scontato. Se consideriamo i due protagonisti possiamo fare due ipotesi. Nel caso in cui come protagonista principale consideriamo Luce allora inserirei il romanzo nel genere rosa perchè lei ha la funzione, in alcuni punti, di alleggerire il contesto anche per la sua giovane età e di vedere l’evolversi della sua vita tra il rosa e il nero. Prendiamo invece in considerazione Damien, il nostro protagonista maschile, allora il genere legato alle sue azioni e al contesto in cui si muove diventa il mafia romance.
Luce è una ragazza di vent’anni che vive in un contesto sociale difficile, dove la mafia si insinua come una malattia nella vita di tutti. Lei è giovane e carina, ma sa cosa significa avere a che fare con certe persone, l’ha imparato già da giovanissima. La sua personalità poteva essere molto più studiata ed approfondita, a volte sembra proprio che lei sia in balia degli eventi.
Damien è un trentenne boss albanese che arriva in Calabria per sostenere i traffici dei mafiosi del luogo. In lui oltre alla bellezza fisica, Faby Daddy ha tracciato anche alcuni tratti caratteriali: duro e prepotente sono gli aggettivi che lo distinguono.
Altri personaggi si alternano in modo più o meno importante per sostenere la trama; ho avuto l’impressione che Faby Daddy abbia inserito alcuni soggetti in un secondo tempo e non siano stati integrati nel modo corretto. Tommaso: ha debiti a causa della droga, ma come fa a trovarsi in quella situazione? Non viene spiegato, inoltre la sua figura ha un ruolo non molto chiaro. Viene poi messo alla ribalta nel momento cruciale e anche lì non si capisce come si sia trovato in quella posizione.
Quello che assolutamente non mi è piaciuto è la generalizzazione e la caratterizzazione dei due ambienti: Albania e Calabria. Non si può descrivere una spiaggia, oltretutto in modo superficiale, dicendo che si trova in Calabria. Se l’autrice conosce le spiagge della regione saprà bene la differenza tra quelle ioniche e quelle tirreniche. Stessa sorte per le scene che avvengono in Albania: ma in quale parte dello stato? Il punto che mi ha lasciato notevolmente perplessa è binomio tra il contesto sociale e la mafia, come se in quei luoghi esistesse solo quello. Mi sembra alquanto azzardata come ipotesi: spazi e contesto più curato non avrebbero fatto incorrere l’autrice in un luogo comune così scontato e falso.
Passiamo alla scrittura. Un testo semplice, non ho trovato nulla di particolare che mi faccia affermare che sia scritto con ricercatezza. Spesso si fatica a capire chi abbia pronunciato una determinata frase perché quasi sempre è seguita da descrizioni di un altro personaggio. Non mettere queste ultime a capo rispetto al dialogo crea molta confusione. Inoltre i punti di vista sono spesso confusi: il paragrafo, parlo di paragrafo perché a volte di tratta di pochissime righe, si intitola Luce e invece troviamo le riflessioni di Damien.
Consiglierei all’autrice di rivedere il tutto che c’è molto margine per migliorare.