La madre della strega è un romanzo breve o, se vogliamo, un racconto lungo che Matteo Corso scrive prendendo spunto da una vecchia leggenda e che la Drangonfly Edizioni pubblica nell’ottobre del 2020. Nella quarta di copertina l’autore, con un piccolo brano, descrive la triste vicenda contenuta nelle settantotto pagine del libro. Lo riporto in quanto ritengo che possa essere indicativo per approcciarsi al contenuto della storia.
Adele o Azzurrina?/ Il mistero del tuo nome aleggia nel tempo,/ il tuo cuore non trova conforto,/ la tua figura vaga ancora in quel castello./ Innocente creatura/ con quella palla fatta di stracci/ giocasti con troppa premura:/ dentro la ghiacciaia per sempre sei sparita, così sei rimasta eternamente/ un’anima smarrita.
Come puoi constatare dall’anticipo, La madre della strega di Matteo Corso è un racconto tristissimo, ricavato dalla leggenda riminese relativa ad Adele Della Faggiola, detta Azzurrina, figlia di Ugolinuccio di Montebello e di Costanza Malatesta. Leggenda che, famosa nella zona di Rimini, ha uno strascico altrettanto diffuso nell’immaginario popolare: fantasia collettiva vuole che il fantasma di Adele-Adelina-Azzurrina, chiamata dalla mamma Delin, si aggiri ancora fra le stanze del Castello di Montebello a Rimini.
La piccola protagonista di La madre della strega è dunque una bambina: ma è una bambina particolare, la sua pelle è diafana e delicata, quasi trasparente e i suoi capelli sono celesti come quelli di un angelo. In parole povere la piccola Delin è albina. Questa caratteristica somatica unita alla grande e superstiziosa ignoranza, popolare e non, del Seicento, fanno si che la piccola sia bollata con l’indelebile marchio di strega e per questo degna soltanto di essere bruciata o uccisa.
La storia ci insegna quanto sia stato oscuro quel periodo del Seicento che risponde al nome di Santa Inquisizione e quanto l’ignoranza e la superstizione abbiano vessato e condannato chiunque fosse diverso, non uniforme a canoni definiti normali dal sentire collettivo. Pur essendo soltanto una bambina, Delin è la strega malefica da eliminare prima che possa diventare adulta e pericolosa. In tutto questo soltanto la madre e pochi fidati servitori si preoccupano di proteggerla con ogni mezzo.
La madre della strega di Matteo Corso, una leggenda con risvolti ancora attuali
Matteo Corso scegliendo come titolo del romanzo La madre della strega mette in risalto la figura della madre di Delin: una donna sola che combatte contro i pregiudizi e l’ignoranza, con un marito assente e interessato soltanto alle conquiste territoriali e al potere. Come nella realtà anche nelle leggende le madri ricoprono spesso il ruolo dei padri, quando questi latitano per vari motivi. L’autore tratteggia bene la figura materna, puntando l’obiettivo sulla sua intraprendenza e sul coraggio: è una madre che ama visceralmente la sua bambina. Lei sa che Delin non è certo una potenziale strega, è piuttosto una bimba dolce e delicata da proteggere e custodire. Una figlia speciale nel suo candore lunare.
Malgrado le mille attenzioni e i mille stratagemmi però la piccola Delin viene purtroppo rapita e di lei non si trovano tracce, se non qualche flebile lamento che attraverserà o secoli e che ancora oggi si sente nel Castello di Montebello…
Una storia triste dicevo all’inizio, del resto quasi tutte le leggende popolari hanno questo alone di mestizia e mistero che si tramanda di epoca in epoca con la stessa intensità. E quasi tutte le leggende hanno un fondo di verità che serve a far riflettere il lettore su quanto può essere perfido il genere umano quando viene in contatto con la diversità. E poco conta se il pericolo è solo immaginario o frutto dell’ignoranza più atavica. Le discriminazioni, i crucifige, i dagli all’untore, il dito puntato sul diverso, sono ancora e purtroppo storia tristemente attuale.
La madre della strega di Matteo Corso, può essere definita come una storia che attinge da una leggenda del passato per mettere l’accento sul presente. L’umanità di fronte a ciò che non conosce reagisce nel medesimo modo da sempre: il rifiuto, l’allontanamento, la chiusura, il rigetto. Non ha certo cambiato atteggiamento dal Seicento ad oggi.
Qualche nota tecnica
Matteo Corso adotta uno stile semplice fluido e scorrevole, il racconto si legge in qualche ora anche per la successione delle vicende che si alternano a ritmo serrato. A questo proposito mi consento un piccolo appunto: in certi passaggi la sintesi appare eccessiva e i cambi di scena poco curati. Altra notina di demerito, i refusi: sono davvero tanti e di certo non impreziosiscono il libro.