Nel calendario cristiano, il 12 gennaio si ricorda il battesimo di Gesù, evento che chiude definitivamente il periodo natalizio cattolico. L’acqua, infatti, ha molti significati in ambito biblico e cristiano: rappresenta il rinnovamento, la purificazione ma è anche l’elemento che viene associato al momento della nascita.
Ma non rappresenta un elemento chiave solo della religione e della cultura cristiana. In ogni luogo e tempo è, infatti, sempre esistita una “filosofia dell’acqua”. Simbolo di vita, mutamento e rigenerazione, questo elemento primordiale ha ispirato visioni cosmologiche, spirituali e morali che si sono intrecciate nei millenni. Ma come è cambiata la concezione dell’acqua nel corso della storia? E oggi, quale significato le attribuiamo?
La filosofia dell’acqua nell’Antichità
Nei libri di filosofia, spesso, uno dei primi filosofi antichi degni di essere ricordati è Talete. Vissuto tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo è riconosciuto come uno dei “padri della filosofia” occidentale. Egli sosteneva che il principio di tutte le cose è l’acqua ed era convinto che la Terra stessa poggiasse sull’acqua poiché ogni cosa (dalle piante, agli animali, persino all’aria stessa) non esisterebbe senza l’acqua. Persino nei miti greci l’origine del mondo è fatta risalire all’unione tra Oceano e Teti, da cui sono nate tutte le altre divinità.
Ma la “filosofia dell’acqua” non è un prodotto unicamente occidentale, anzi. Tigri, Eufrate, Nilo… i fiumi e i corsi d’acqua hanno da sempre rappresentato una garanzia di prosperità e successo. La mitologia mesopotamica considerava le proprie divinità come esseri che avevano le proprie dimore nelle profondità degli abissi e i cui compiti più importanti riguardavano l’irrigazione dei campi e il controllo delle piogge. In Egitto, inoltre, il Nilo era considerato una sorta di ponte tra il mondo materiale e divino e la sua importanza era tale che numerose divinità erano addette al suo controllo.
Spostandoci ancora più in là è evidente quanto gli Antichi avessero a cuore e rispettassero l’acqua. India, Oceania, America del sud e persino in Africa… in queste culture acqua, mitologia e filosofia si intrecciano in un trinomio inestricabile. Nella cultura cinese, ad esempio, il Daoismo attribuiva all’acqua qualità filosofiche profonde: la sua capacità di modellare le rocce senza sforzo, seguendo il percorso di minor resistenza, rappresentava la virtù del wu wei, ovvero l’agire senza forzare.
Evoluzione del pensiero: da simbolismo a razionalità
Con l’avvento della modernità, la concezione filosofica dell’acqua subì una netta trasformazione. Se nell’Antichità la filosofia dell’acqua era essenzialmente religiosa (acqua, fiumi e mari erano considerate vere e proprie divinità) con l’avvento dell’era moderna essa assunse anche sfumature più pragmatiche. Se durante il Medioevo, infatti, l’acqua conservava ancora un velo di sacralità — il battesimo cristiano ne è l’esempio più lampante —, il Rinascimento inaugurò un approccio più scientifico. Leonardo da Vinci, oltre a celebrare l’acqua come “il sangue della Terra”, ne studiò a fondo il moto e le proprietà fisiche, cogliendo l’intima relazione tra bellezza e funzionalità.
Il pensiero moderno, tuttavia, iniziò a frammentare il significato originario dell’acqua. Con la Rivoluzione industriale, l’acqua perse parte della sua aura simbolica, trasformandosi in una risorsa da sfruttare per lo sviluppo economico. I fiumi vennero incanalati, le dighe costruite e le fonti naturali privatizzate, segnando l’inizio di un rapporto utilitaristico con l’elemento primordiale.
Nonostante ciò, alcuni pensatori del XIX e XX secolo cercarono di recuperare la profondità filosofica dell’acqua. Henry David Thoreau, nel suo Walden, descriveva i laghi come gli “occhi della Terra”, riflessi dello spirito della natura. Per Gaston Bachelard, autore di una Psicanalisi delle acque, invece, l’acqua rappresentava un elemento dell’immaginazione poetica, capace di evocare emozioni e pensieri legati alla memoria e alla rêverie.
L’acqua oggi: solo una risorsa o qualcosa di più?
Oggi, l’acqua è più che mai al centro di dibattiti globali, ma spesso per ragioni preoccupanti: scarsità, inquinamento e privatizzazione. La “sacralità” dell’acqua non viene messa in discussione ma, anzi, assume una connotazione più laica ed utilitaristica. L’acqua è un tesoro prezioso, sacro non perché portatore di messaggi profondi e simbolici, ma perché attorno ad essa nascono e si sviluppano società, paesi e, soprattutto, sistemi economici. L’acqua è diventata una merce e il suo sfruttamento intensivo riflette una mentalità che vede la natura come qualcosa da dominare, più che da rispettare.
Eppure, non mancano filosofi e pensatori contemporanei che continuano a sottolineare il valore intrinseco dell’acqua. L’eco-filosofia, per esempio, insiste sul legame indissolubile tra l’uomo e i cicli naturali, evidenziando come la crisi idrica non sia solo un problema ambientale, ma anche morale e spirituale. Vandana Shiva, attivista e autrice indiana, ha spesso denunciato l’“apartheid idrico” imposto dal capitalismo globale, richiamando l’attenzione sull’importanza di un approccio comunitario e sostenibile alle risorse idriche.
Accanto a questi approcci più pratici sopravvivono ancora, seppur in maniera assai più marginale, esperienze di chi continua a vedere nelle acque qualcosa di più di una semplice risorsa da sfruttare o tutelare. Il caso più famoso è certamente quello del fiume Gange che, ancora oggi, rappresenta il fulcro per tutti i fedeli di religione induista che attorno ad esso organizzano moltissime pratiche e cerimonie.
In Nuova Zelanda, inoltre, il fiume Whanganui è ancora oggi considerato sacro per il popolo Maori che si identifica con esso, come fosse una parte dello stesso spirito Maori. Dal 2017 il governo neozelandese ha riconosciuto, se così si può dire, una parte di questa sacralità conferendo al fiume lo status di persona giuridica ambientale: Whanganui, insomma, è per i neozelandesi un essere vivente a tutti gli effetti.
Insomma, l’acqua, fonte di vita e riflesso della nostra umanità, continua a ispirare domande profonde su chi siamo e quale posto occupiamo nell’universo. Se nell’Antichità era venerata come principio vitale e simbolo di armonia cosmica, oggi rischiamo di dimenticarne il valore intrinseco, riducendola a una semplice risorsa. Eppure, la filosofia e la spiritualità ci invitano a riscoprire il legame originario con questo elemento primordiale, ricordandoci che il rispetto per l’acqua è, in ultima analisi, rispetto per noi stessi e per il nostro pianeta.
Forse è giunto il momento di tornare a guardare i fiumi e i laghi non solo come serbatoi d’acqua, ma come specchi del nostro essere, come portatori di una filosofia dell’acqua che si può riassumere così: la vita è fluida, interconnessa e preziosa, proprio come l’acqua che ci sostiene.