Caro Icrewer,
come ormai avrai imparato lo scopo di questa rubrica è quella di dimostrare quanto la Filosofia non sia solo una materia scolastica, confinata sulle aride pagine dei libri, ma qualcosa di tangibile, che ci circonda e con il quale abbiamo a che fare quotidianamente. E cosa c’è di più vicino a noi della nostra casa?
Emanuele Coccia, nel suo libro Filosofia della casa ci mostra quanto la nostra dimora possa essere importante. Perché prendersi cura di essa vuol dire anche e soprattutto, prendersi cura di noi stessi. Quindi, scopriamo insieme qualcosa in più di questo saggio e della filosofia che l’ha ispirato!
Filosofia della casa: la sinossi
La casa è l’evento morale per eccellenza. Prima che un artefatto architettonico, secondo Emanuele Coccia è un artefatto psichico, che ci fa vivere meglio di quanto la natura consentirebbe. È lo sforzo di adeguare noi stessi a ciò che ci circonda e viceversa, una forma di addomesticamento reciproco tra cose e persone. È l’estensione di ciò che cominciamo a fare nascendo: costruire intimità con quel che ci sta accanto. Ecco perché coincide con l’io, e ci dimostra che per dire io abbiamo bisogno degli altri.
Partendo dai suoi trenta traslochi, con stile affabulatorio e brillante, personalissimo, mescolando discipline diverse e analizzando argomenti in apparenza ordinari, la cucina, gli armadi, i letti e i corridoi, persino i bagni, senza tralasciare la genitorialità, il sesso e la cura, Coccia affronta in modo appassionante un argomento ancestrale e modernissimo, che ci riguarda tutti.
Lo spazio domestico e la felicità
Sin dall’alba dei tempi l’essere umano ha sempre cercato un modo per ripararsi dall’esterno, troppo grande, troppo vasto per poter essere “controllato”. Da qui l’esigenza di rifugiarsi all’interno di uno spazio più intimo, protetto, all’interno del quale desideriamo radunare tutto ciò che ci è caro e che ci fa stare bene: non solo oggetti, mobili e suppellettili, ma anche persone, ricordi e affetti. Ma la casa non è solo un rifugio, è qualcosa di molto di più, come sottolinea Emanuele Coccia:
Ogni casa è una realtà puramente morale: costruiamo case per accogliere in una forma di intimità la porzione di mondo – fatta di cose, persone, animali, piante, atmosfere, eventi, immagini e ricordi – che rendono possibile la nostra stessa felicità.
Per questo anche il mondo della filosofia, seppur in modo altalenante, si è interessata della casa. Con “filosofia della casa”, infatti, si può tradurre il concetto greco di oikonomia sui quali i Greci, per primi, hanno scritto diversi trattati. L’obiettivo era quello di mostrare come si governa la casa, cosa voglia dire prendersene cura e quanto la propria casa rifletta lo spirito e l’anima di chi la abita.
Eppure come fa notare Emanuele Coccia proprio nell’introduzione di Filosofia della casa, dopo i Greci, per secoli, la filosofia ha privilegiato la città e lo spazio pubblico come luogo del pensiero e del potere, relegando lo spazio domestico a un ruolo secondario. Questa mancanza di attenzione ha permesso la perpetuazione di ingiustizie e disuguaglianze sociali, in particolare quelle di genere ed economiche. Soltanto di recente, grazie anche all’apporto delle filosofie orientali, la casa è tornata ad occupare lo spazio che merita all’interno del panorama filosofico e, di conseguenza, anche nella mente umana.
Coccia ci spinge a ripensare la casa non solo come un luogo di rifugio personale, ma come un campo di battaglia morale, un contesto che aiuta a plasmare le relazioni sociali e il nostro rapporto con l’esterno. In questo senso, la casa è uno spazio in cui si costruisce la felicità collettiva e non solo individuale, un luogo di incontro tra il sé e l’altro, tra l’umano e il mondo. La casa è, in buona sostanza, una metafora della vita stessa. Così come in un trasloco siamo costretti a scegliere cosa tenere e cosa lasciare, cosa trasferire nella nuova casa e cosa invece accantonare, allo stesso modo nella nostra vita siamo chiamati a compiere scelte simili.
Una casa, in definitiva, è qualcosa che va ben al di là di un complesso di stanze, mura e oggetti. L’architettura, il design, le “regole d’arredamento” e il fantomatico “buon gusto” pensato da altri per una casa perfetta, servono a ben poco. La casa perfetta non esiste, poiché ogni casa riflette l’intimità di ciascuno di noi. È un luogo personale, intimo, che va plasmato seguendo le inclinazioni del nostro spirito e del nostro stato d’animo. Perché, come spiega l’autore in Filosofia della casa il significato di “abitare” è proprio questo:
Abitare non significa essere circondato da qualcosa né occupare una certa porzione dello spazio terrestre. Significa intrecciare una relazione talmente intensa con certe cose e certe persone da rendere la felicità e il nostro respiro inseparabili.