Caro Lettore, il libro di cui ti parlo oggi è La Fenice edito Mazzanti Libri.
L’autrice è una psicoterapeuta di origine albanese, dott.ssa Oriola Ndreu, emigrata in Italia dal 1998. La Fenice è il suo primo libro, che racconta le esperienze di una ragazza straniera, costretta a lasciare la propria terra: l’Albania.
La Fenice:
per parlartene inizio dal titolo, ovviamente leggendolo non ho potuto non pensare alla leggenda della Fenice, la creatura di fuoco in grado di risorgere dalle ceneri della sua stessa distruzione, simbolo di resilienza.
Ho iniziato quindi a leggere il libro pensando proprio ad una storia di grande coraggio.
“Visto che non ho altra scelta che fermarmi e capire, vivere le emozioni che mi stanno percorrendo l’anima, voglio trovare un modo per affrontarle, visto che nella mia vita ne ho affrontate tante di cose difficili. Decido di prendermi del tempo per me per ripercorrere “da me” la mia vita, so che sarà difficile ma forse così troverò il modo per affrontare il mio dolore.”
Da qui inizia il racconto della vita di un’emigrante, l’amore per le sue radici, per la sua famiglia, ma anche il desiderio di intraprendere un percorso per comprendere chi è davvero e dare un senso alla sua vita.
C’è l’ambientamento, l’integrazione, il rapporto con la famiglia dove, attraverso le interazioni tra i personaggi si riescono a comprendere le dinamiche famigliari e il modo di pensare legato a tradizioni e usi della terra d’origine. A partire da queste vicende il racconto si concentra proprio sul bisogno della protagonista di affermare la propria personalità, le proprie idee, nonostante il parere contrario dei genitori.
Il suo è un continuo “morire” e “rinascere” proprio come la Fenice. Fino all’ultimo difficilissimo e tragico evento, da cui risollevarsi potrebbe sembrare impossibile.
Due ottimi motivi per leggere La Fenice:
La protagonista: il suo è un percorso difficile e in molti momenti doloroso espresso attraverso l’introspezione. Mi è piaciuto il suo ribellarsi alle idee e ai modi di pensare dei suoi genitori e del fratello Skender e il modo in cui è riuscita a farsi forza e a scegliere per se stessa, nonostante tutto. È vero, l’appoggio del fratello Abel è stato fondamentale, ma se non si fosse fatta forza da sola non ce l’avrebbe fatta e sarebbe stata fagocitata dagli eventi e dalle pressioni famigliari.
“Skender non voleva venire con noi, e neanche mamma, lei del resto ha sempre fatto quello che papà le diceva di fare, non ha mai pensato con la sua testa. Non so come abbia potuto vivere in questo modo. Si era sempre annullata per la famiglia, come diceva lei, e la cosa più strana è che elencava i suoi sacrifici con grande orgoglio come se avesse fatto una cosa bella. Ma cosa c’è di bello nel non aver vissuto? Nel non aver mai preso una decisione? Nel non aver mai avuto dei desideri propri? Nell’avere sempre fatto quello che gli altri volevano tu facessi?”
Qualche aspetto che ho apprezzato meno è: la lunghezza di alcuni paragrafi, alcune ripetizioni, e qualche parola non corretta che hanno reso la lettura meno fluida.
Inoltre, la forma del dialogo interiore, utilizzata per dare spessore alle emozioni della protagonista, facendole sentire a chi legge, forse penalizza un po’ la trama, che si concentra essenzialmente su ciò che lei osserva della famiglia, del contesto in cui vive e degli altri personaggi e dell’effetto che hanno su di lei, e meno sul racconto degli eventi.
Questa storia mi ha fatto però riflettere su cosa avrei fatto io trovandomi nella stessa situazione, e non so se sarei stata così coraggiosa. Non è sempre facile riuscire a far emergere ed affermare le proprie idee e desideri, sapendo che questi possono creare dolore in chi ci vuole bene. Soprattutto quando si è molto giovani ci vuole un carattere davvero forte, altrimenti si rischia di rimanere invischiati nelle proprie paure e nei sensi di colpa.
Come sempre buona lettura!