La città di vapore è l’ultimo dono di Carlos Ruiz Zafòn al mondo letterario. “Una forma di riconoscenza” scrive Emile De Rosiers Castellaine, curatore del libro, “verso i lettori che hanno accompagnato nelle parole, le avventure, della saga de L’ombra del vento”.
Un altro piccolo grande capolavoro di letteratura, aggiungo io, che va ad aggiungersi all’eredità letteraria già apprezzata prima della prematura scomparsa dello scrittore mancato nel giugno dello scorso anno.
La città di vapore, l’ultimo regalo di Zafon al suo pubblico
Un mondo surreale dove s’intrecciano storie visionarie, uomini capaci di amori impossibili, scrittori segnati da un destino violento, uniti nel custodire il sapere dimenticato, buttato via, distrutto dall’egoismo e dalla superficialità.
“Ogni libro possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso”
La città di vapore è una bellissima raccolta di undici racconti, scritti dall’autore in tempi diversi, alcuni già pubblicati in dei periodici, spin off di opere precedenti, altri ancora inediti.
In questo caso, senza perdere il fascino dell’ambientazione al limite del reale, l’autore ci presenta personaggi di epoche diverse, spaziando dal genere romantico al thriller, al gotico che ci riporta alla tetralogia della saga di successo.
In ognuno si avverte l’anima di Zafon, il suo stile gotico, dal forte senso descrittivo sfumato quanto basta dalle atmosfere misteriose che rendono tutto più evanescente. Ci si ritrova intrappolati nella dimensione di una realtà fantastica dove a vivere e sorprendere non sono solo i personaggi ma la loro storia, i loro sentimenti, le ansie, le paure, i tormenti, la speranza che in qualche modo, pur nel rimpianto, ognuno lasci traccia di se.
Per i suoi racconti Zafon sceglie Barcellona come palcoscenico principale e una voce narrante che guida fino all’ultimo, quanto mai profetico, Apocalisse in due minuti.
La città di vapore, undici racconti, da Blanca e l’addio ad Apocalisse in due minuti
“Ho sempre invidiato la capacità di dimenticare che possiedono alcune persone per le quali il passato è come un cambio di stagione, o come un paio di scarpe vecchie che basta condannare in fondo ad un armadio perché siano incapaci di ripercorrere i passi perduti. Io ho avuto la disgrazia di di ricordare tutto e che tutto, a sua volta, di ricordare me.”
L’inedito Blanca e l’addio è il primo racconto della raccolta. La voce narrate è il giovane David Martin che abbiamo già conosciuto nel primo volume del Cimitero dei libri dimenticati, L‘Ombra del vento.
Nei ricordi del giovane, ancora bambino, l’incontro davanti ad una libreria con Blanca, bella e malinconica giovane dalle nobili origini.
La giovane vive con la madre ma ogni giorno è costretta ad andare dal padre, scrittore duro al servizio di una entità pericolosa e malvagia. A legarli il comune interesse per la scrittura e il piacere della lettura. Nei rari momenti concessi, David le dedica storie fantastiche ma ben presto Blanca scompare per ritornare negli incubi di David. Anche qui il ritorno alla saga è molto chiaro così come il legame con l’entità malvagia già presente nelle opere precedenti.
David è la voce narrante anche nella seconda storia. Senza nome parla di una” Barcellona stregata da centinaia di ciminiere che sanguinavano il loro fiato nero sullo scarlatto del cielo” dove una giovane, in attesa di un figlio, cerca aiuto alla padrona della Fabbrica dei libri, un oscuro e misterioso luogo dove troverà la morte dopo aver partorito un figlio di nome David, lei che non vedrà mai.
Laia è invece la Signorina di Barcellona, il terzo racconto, venduta a cinque anni per fame e debiti dal padre fotografo e “ritrattista di tenebre”, più bravo a ritrarre i morti che i vivi.
Una storia in cui la miseria e l’inganno lasciano il posto all’amore e alla gratitudine. Dove alle certezze degli affetti scontati si preferisce amare chi l’amore lo ha dato senza chiedere nulla in cambio se non una carezza.
“Aveva imparato a leggere sguardi e desideri, ad ascoltare il tremito di cuori malati di perdita, trovare i gesti e le carezze che consolavano dall’inconsolabile. Senza saperlo aveva imparato ad essere nulla e nessuno, a vivere nella pelle di altri”.
Tra tutte, è quella che più mi ha colpito, è una storia di grande effetto, ben scritta, commovente come è nello stile di Zafon.
Rosa di Fuoco è un lungo racconto che richiama il percorso della costruzione della Biblioteca dei libri. La storia è estrapolata da un estratto de Il prigioniero del cielo in cui David Martin, imprigionato, racconta le sue inverosimili e fantastiche storie. Racconta di Edmond De Luca, il costruttore di labirinti che nel 1454 arriva, unico sopravvissuto, in una Barcellona afflitta e decimata dalla febbre.
Oggetto delle attenzioni del grande inquisitore De Leon, un quaderno scritto in persiano in cui De Luca ha affidato i suoi pensieri. Per decifrarlo viene chiamato lo stampatore Antoni de Sempere. Anche qui è forte il legame con Il Labirinto degli spiriti, il lungo romanzo che chiude la saga dei libri dimenticati. Ma chi era Edmund De Luca?
Ritroviamo De Sempere, chiamato l’artefice di libri, anche nel successivo racconto, Il Principe del Parnaso, storia dai risvolti più cupi, offuscata dalla presenza di una entità malvagia, custode della sapienza, pronto a riscuotere i suoi debiti.
“La mia offerta è questa. Lei scriverà un capolavoro, ma per farlo dovrà perdere ciò che più ama. La sua opera sarà celebrata, invidiata e imitata nei secolo, ma nel suo cuore si aprirà un vuoto mille volte più grande di quello della gloria e della vanità del suo ingegno.”
Siamo nel 1569, nei ricordi dello stampatore l’incontro con Miguel Cervantes, incauto quanto sprovveduto scrittore alla ricerca della fama. Innamorato perdutamente della bella Francesca, De Cervantes cederà la sua anima. Di lui si parlerà nel mondo per essere quel Cervantes autore del Don Chisciotte.
Leggenda di Natale racconta di Eveli Escrutx, avvocato distrutto dalla morte della moglie, personalità controversa dai risvolti oscuri, uomo solo in compagnia di una governante alquanto misteriosa di nome Candela.
“Si diceva che non dormisse mai, che passasse le notti a guardare Barcellona dall’alto, che avesse l’anima pugnalata dalla morte della moglie e che detestasse tutto e tutti, che lo guida se soltanto il desiderio di vedere il mondo consumarsi nella sua stessa avarizia e meschinità”
La protagonista di Alicia, all’alba è una giovane diciassettenne, vestita di bianco, rimasta sola in una grande casa distrutta dalle bombe ma colma di libri. L’incontro con David le regala pochi ma importanti momenti di vita.
Più recenti come ambientazione Uomini di grigio e La donna di vapore. Al centro della prima storia, l’ingrato compito di un killer professionista assoldato per eliminare un traditore. Più esoterica e paranormale la seconda.
Molto interessante Gaudìì a Manhattan storia che riconduce al percorso psicologico verso la costruzione della Sagrata Familia da parte del grande architetto spagnolo.
Commovente l’ultimo dei racconti della raccolta. Apocalisse in due minuti è l’improvviso incontro di David con “una giovane rossa dagli occhi argentei” convinta che il mondo fosse ormai ad una passo dalla fine.
Di Zafòn ho sempre espresso il mio pensiero. Sono sempre stata una sua grande e affezionata fan, per il suo stile gotico misterioso, ricercato e al contempo estremamente descrittivo. È il mio scrittore preferito, lo sarà per l’eternità!