E così, a pochi giorni dall’Epifania dopo Natale e Capodanno, eccomi qui, al solito appuntamento con la poesia. Oggi mi ritrovo alle prese con i ricordi lontani e con la simpatica vecchina attesa per il 6 Gennaio, che ammalia piccoli e grandi con favole e filastrocche a lei dedicate, da autori famosi e non.
La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte… “Poverina, chissà perché non potrà comprarsi un paio di scarpe nuove la Befana, eppure deve averne tanti di soldi per acquistare tutti i regali che porta ai bambini buoni”. I pensieri di Caterina si rincorrevano tra le nuvole e le stelle che osservava, con il naso schiacciato al freddo vetro della finestra, quella sera. Era il 5 Gennaio e quella notte si sarebbe rinnovato il mistero dei dolcetti trovati l’indomani, al mattino, dentro la calza. “Mamma, mamma, ma perché la Befana non si compra un paio di scarpe nuove?” La trasformazione dei pensieri in domande era, come al solito, un attimo per Caterina. Con un sorriso enigmatico (la mamma aveva sempre un sorriso enigmatico quando voleva mantenere un segreto, a pensarci bene sapeva essere più enigmatica del celebre quadro di Leonardo), la mamma rispose che la Befana aveva poco tempo per pensare al look (veramente la parola look non era di uso comune allora, la uso così per intenderci e per dare un tono di modernità ai ricordi), doveva sbrigarsi a portare i doni ai bimbi buoni di tutto il mondo, erano tanti quelli che l’aspettavano. Caterina non si capacitava però, povera Befana con le scarpe rotte… E dire che faceva pure molto freddo in quella notte limpida e gelata di tanti anni fa. La maestra, come ogni anno per le vacanze natalizie, aveva raccomandato di studiare bene a memoria la filastrocca della Befana e Caterina, curiosa e diligente com’era, l’aveva subito imparata:
La Befana vien di notte/ con le scarpe tutte rotte,/ col cappello alla romana,/ viva viva la Befana!/ La Befana vien di notte/ con le scarpe tutte rotte,/ e nessuno gliele ricuce,/ la Befana è piena di brace./ La Befana vien di notte/ con le scarpe tutte rotte,/ se ne fa un altro paio/ con la penna e il calamaio…
… E quelle scarpe rotte, insistenti ed incombenti per tutta la filastrocca, il cui autore è un mistero (nel senso che di questa filastrocca non si conosce la paternità, per così dire e, in più, ne esistono diverse versioni), più di quello della stessa Befana, erano proprio un cruccio per quella bimba, in una lontana notte del 5 Gennaio di un tempo incantato in cui tutto era magico e le befane arrivavano a cavallo delle scope, volando tra le stelle e le nuvole, incuranti dei piedi freddi. E il fatto che potessero farne un paio con la penna e il calamaio, quella sì che era davvero una cosa magica che, forse, ha lasciato una traccia indelebile nell’immaginario di bambina osservatrice e curiosa.
La fantasia, quel grande dono che tutti i bambini hanno, si scatenava ad immaginare scenari diversi e ipotesi improbabili sulla vita quotidiana della Befana; già perché anche la Befana doveva avere una vita quotidiana, fatta di cose usuali e consuete: una casa, forse una famiglia e tante cose da fare in preparazione del 6 Gennaio. Dalla sua casa, vecchia e malridotta come lei, che poteva essere indistintamente sulla Luna o su una delle tante stelle della Via Lattea, guardava la terra con un enorme cannocchiale e, visto che ormai si era modernizzata come quella della filastrocca di Gianni Rodari (che di filastrocche e poesie ha inondato la letteratura infantile), aveva lasciato la scopa e viaggiava su un razzo…
Su quel pianeta la Befana
viaggia a cavallo di un razzo
a diciassette stadi
e in ogni stadio
c’è un bell’armadio
zeppo di doni
e un robot elettronico
con gli indirizzi dei bambini buoni.
Anzi con gli indirizzi
di tutti i bambini, perchè
ormai s’è capito
che di proprio cattivi non ce n’è.
(La Befana spaziale, Gianni Rodari)
Caterina sapeva che l’uomo con un enorme e superveloce razzo, era arrivato sulla luna ma lì della Befana non si era vista neanche l’ombra, forse si era ben nascosta per non farsi vedere. Del resto la magica vecchietta sapeva bene come fare a celarsi agli occhi dei curiosi e non serviva a niente restare svegli tutta la notte a guardare fuori, oltre i vetri dalle imposte lasciate aperte appositamente. Com’era, come non era, malgrado le lunghe attese notturne, Caterina non aveva mai visto la Befana forse perché alla fine il sonno vinceva sulla sua curiosità o forse perché, come diceva la mamma, la Befana portava con sé una polverina magica e, senza farsi vedere, la spargeva nell’aria per fare addormentare tutti i bambini curiosi come lei.
E magari chissà ogni tanto, fra una cosa e l’altra, si faceva pure una cantatina la Befana, per ingannare il tempo o la malinconia della lunga attesa: un intero anno per il solito appuntamento era davvero tanto e spesso si annoiava, poverina. Cantava con la voce gracchiante e stonata di Befana o ascoltava musica jazz: perché proprio jazz Caterina non sapeva, ma aveva scoperto l’esistenza di una versione jazz della Befana che una certa Narcisa (nome dell’autrice della filastrocca, di cui non saprei dirti altro se non che l’adozione di questo pseudonimo richiama al fiore o al famoso mito) aveva conosciuto e raccontato:
Per la fantasia dei bambini
su, fra i tetti, per i camini
scende, col suo set da viaggio
la Befana “turbo-raggio”.
E un po’ strana la vecchina,
perchè, al posto della saggina,
ha un saxofono a motore,
ch’ella usa con fragore.
Va veloce come un get
canta, balla e suona il jazz;
poi si ferma presso i giardini
e dà i doni a tutti i bambini.
Mette al posto delle “calzette”
provoloni e salsiccette,
trombettine e tamburini,
organetti e sonaglini.
Fa un concerto proprio speciale
col suo “clan” originale…
e festeggia per la via
la giornata dell’Epifania.
(La befana jazz, Narcisa)
Oggi che Caterina è cresciuta, ricorda quel tempo incantato e lo conserva dentro di sé come un bene prezioso: il buon Pascoli che se ne intendeva, aveva intuito che il Fanciullino interiore non muore e non cresce mai ed è sempre pronto a fare capolino tra le memorie. Caterina ormai adulta sa (perché non hai mai smesso di essere curiosa) che la Befana è una magica e folkloristica invenzione tutta italiana, poco conosciuta nel resto del mondo; sa che affonda il suo mito nei riti propiziatori per i raccolti, celebrati dai pagani, dodici giorni dopo il solstizio d’inverno (la data coincide proprio con il 6 Gennaio).
Probabile antenata della celtica Perchta, da lei ereditò l’aspetto di vecchia brutta e lacera, venne trasformata nel Medioevo (epoca in cui fu cristianizzata ogni usanza o leggenda pagana), in una figura di vecchina che avrebbe indicato ai Magi la via per la Capanna di Betlemme. Il suo nome sarebbe la storpiatura dialettale di Epifania, ossia Manifestazione del divino agli uomini. Tutto questo però Caterina lo ha appreso quando ormai gli anni e la pre-adolescenza avevano rimpiazzato la magia dell’infanzia che, molti anni fa, rincorreva leggende e ipotesi fantasiose e inverosimili nelle lunghe sere d’inverno: non avevano ancora inventato la play station o i giochini elettronici per anestetizzare i neuroni…
… Chissà se i bambini di oggi ultra-connessi e super-tecnologici, credono ancora che la Befana arrivi a cavallo di una scopa volante, con i piedi gelati, sfidando il freddo e i migliaia di satelliti artificiali che vagano per l’etere…