A volte ritornano, altre non muoiono mai, succede a chi lascia tracce di se nel mondo.
Se ami una persona, lasciala andare perchè se ritorna è sempre stata tua. e se non ritorna non lo è mai stata.
In questa massima di Kahlil Gibran c’è una saggezza antica e sempre nuova, proprio come il suo autore.
Kahlil Gibran, poeta, pittore e aforista libano-statunitense, nato il 6 Gennaio 1883 e morto il 10 Aprile 1931, deve il suo successo sopratutto all’abilità di aver saputo coniugare l’oriente, da cui è originario, con l’occidente che lo ha adottato. Da questo connubio nasce la sua arte, la sua poetica e i suoi celebri aforismi conosciuti dal grande pubblico grazie anche ai social, nelle cui pagine Gibran è citatissimo anche da chi non sa che è appartenuto ad un’altra epoca. Ma è proprio questa la sua particolarità: la freschezza, l’immortale attualità del suo pensiero che lo fa sembrare contemporaneo, a dimostrazione del fatto che se un autore è valido non conosce tempo né stagioni.
Numerose le sue opere e non solo letterarie, di Kahlil Gibran ricordiamo Il Profeta, in cui l’autore intreccia immagini e simboli di ogni religione e filosofia, Il Miscredente, in cui l’impegno politico e la tensione civile prevalgono sui temi a lui cari, quelli religiosi. O ancora Le ali infrante, dedicato alla morte della sua amata moglie e le Massime spirituali, un testo tipico della sua produzione, fra l’aforistico e il mistico, tra l’oriente e l’occidente: una produzione vasta e apprezzata in tutto il mondo.
Kahlil Gibran, Il giardino del profeta Edizioni Feltrinelli
Due anni dopo la sua morte, viene pubblicata l’opera che segnaliamo, rimasta incompiuta, [amazon_textlink asin=’8807723964′ text=’Il giardino del Profeta, ‘ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’70e37228-8e39-4ff6-9083-1e37a926c1d9′] probabilmente quella più conosciuta dai posteri. Pubblicata in moltissime edizioni, nel corso degli anni, quella che segnaliamo è della Feltrinelli anno 2013, ha come argomento il rapporto dell’uomo con la natura ed esprime in modo particolare, il desiderio di Gibran di “dissolversi e ricongiungersi ad essa” come in un cerchio che, dopo aver disegnato la sua parabola, si chiude lì dove si era originato.
Per ribadire il suo pensiero, assieme alla grande umiltà che lo ha contraddistinto, concludiamo con un suo aforisma, emblematico del suo essere poeta e letterato di grande levatura morale:
Io non conosco verità assolute ma sono umile di fronte alla mia ignoranza: in ciò è il mio onore e la mia ricompensa.