L’8 marzo è stata la giornata internazionale dei diritti delle donne. Proprio per questo motivo non potevo non dedicare questo numero della nostra rubrica Filosofiamo ad una filosofa, scienziata, una maestra ma soprattutto una grandissima donna: Ipazia di Alessandria.
È, infatti, proprio nel marzo del 415 che Ipazia venne brutalmente assassinata e, sebbene si ignori la data esatta, molti storici hanno concordato col fissarla tradizionalmente proprio all’8 marzo. Perché Ipazia è stata, non solo filosofa e scienziata, ma anche una donna straordinariamente all’avanguardia per il suo tempo. Rimane, infatti, una delle donne più sagge, istruite (e potenti) del mondo antico.
Scopriamo insieme la sua storia!
Ipazia di Alessandria: la vita
Ipazia nasce ad Alessandria d’Egitto tra il 355 e il 370. Il suo primo maestro fu suo padre, Teone, matematico di grande talento che affidò proprio a sua figlia il compito di revisionare e correggere le sue opere.
Ma ben presto, l’allieva superò il maestro e Ipazia divenne una filosofa.
La filosofia del IV secolo, però, è molto diversa da come la conosciamo oggi. Si trattava di un complesso sistema di conoscenza che non si limitava ad una semplice corrente di pensiero ma vi si aggiungeva anche matematica, fisica, astronomica, etica, politica, giurisprudenza e molto altro.
Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale
Ma la situazione ad Alessandria era assai complessa. Era, infatti, uno dei più grandi centri culturali dell’Impero Romano d’Oriente e non solo. Qui si trovavano le più grandi biblioteche del mondo che raccoglievano scritti di tutte le epoche. Era una città in gran fermento poiché vi circolavano diverse idee e confessioni religiose: pagana, cristiana ed eretiche. Ma la situazione era drasticamente cambiata dopo che nel 318 la religione cristiana era diventata religione ufficiale dell’Impero. I cristiani, infatti, si erano trasformati da perseguitati in persecutori. Gli scontri tra cristiani più fanatici e intransigenti e pagani, ebrei ed eretici diventavano sempre più frequenti e sanguinosi.
Nel 412 divenne vescovo della città Cirillo di Alessandria, dal temperamento violento e polemico. Gli scontri si fecero sempre più accesi e tra il nuovo vescovo ed il prefetto Oreste non scorreva certo buon sangue. Quest’ultimo era solito consultarsi spesso con Ipazia che manteneva un atteggiamento neutrale e cercava in tutti i modi di conciliare le contese cittadine. Ma per Cirillo la figura di Ipazia doveva essere certamente scomoda: una donna, sapiente e colta in grado di tenere testa a qualsiasi uomo.
E non ci volle molto perché Ipazia finisse coinvolta nella spirale di violenza che attanagliava la città. Ipazia venne assalita pubblicamente da un gruppo di fanatici, trascinata in una Chiesa vicina e lì uccisa, il suo corpo fatto a pezzi e poi bruciato. Alcuni storici ritengono che sia stato lo stesso Cirillo ad ordinarne la morte, altri lo ritengono soltanto il mandante morale. La verità, purtroppo, non la sapremo mai.
La filosofia di Ipazia
La critica cristiana successiva ha provveduto a cancellare ogni traccia lasciata da Ipazia di cui ci rimane solo qualche titolo. Tutto ciò che sappiamo di lei ci viene dal suo allievo più famoso Sinesio di Cirene che, proprio grazie agli insegnamenti della sua maestra pagana verrà nominato vescovo della città di Tolemaide. Da lui apprendiamo dell’enorme cultura di Ipazia in grado di commentare i più grandi filosofi antichi come Platone e Aristotele e di discorrere di matematica, astronomia e giurisprudenza.
Proprio grazie a Sinesio apprendiamo che Ipazia sarebbe l’inventrice di due strumenti preziosissimi. Il suo allievo racconta che grazie agli insegnamenti della maestra riuscì a costruire un astrolabio che potremmo definire come la più antica carta astronomica. Permetteva infatti di conoscere la posizione e la distanza di alcune stelle. Inoltre, sempre Sinesio ci spiega che fu Ipazia ad inventare uno dei primi idroscopi, strumenti utili per misurare i liquidi.
In campo filosofico Ipazia viene definita da molti storici come una delle maggiori rappresentanti del neoplatonismo ellenistico. Ma Ipazia era molto più di questo e la sua filosofia qualcosa di molto più grande. In un’Alessandria dove vigeva l’intolleranza e il cristianesimo cercava di imporsi con la forza su qualsiasi forma di diversità, Ipazia sviluppò un tipo di approccio più eclettico che prendeva il meglio da ogni tipo di cultura.
Per Ipazia, infatti, semi di verità divina sono sparsi in ogni filosofia e confessione religiosa. Il vero saggio è, quindi, colui che sa trovare quei semi ed è in grado di coglierli e metterli a frutto senza condannare o distruggere il contesto culturale di provenienza.
La filosofa d’Alessandria raccoglieva l’eredità di Socrate e anziché imporre il proprio credo, come la Chiesa dell’epoca, spingeva i suoi studenti a riflettere e a trovare da soli le proprie risposte. C’è del buono ovunque, insegnava Ipazia, basta solo saperlo cercare e metterlo in pratica.
Ipazia, la cui figura continua ad ispirare oggi frotte di scrittori e registi, non fu soltanto, come ritennero molti studiosi successivi, il simbolo di un paganesimo al tramonto. Ella fu un faro di tolleranza, di apertura mentale e saggezza che, forse, ancora oggi può far risplendere la sua luce.