Come di consueto, integriamo la recensione di La bestia di Brixton, di Gianni Mazza, con un’intervista che ci consente di conoscere meglio l’autore e i retroscena del libro. A noi di iCrewplay, piace così…
…ed eccoci ai i nostri soliti tete-a-tete letterari con gli autori che colpiscono la nostra attenzione. Oggi approfondiamo la conoscenza di Gianni Mazza, attore e scrittore di La bestia di Brixton che abbiamo recensito qualche giorno fa… E siccome la curiosità è donna ma anche gli uomini non babbiano (traduco per il resto d’Italia: scherzano. Io e Gianni, invece, da siculi, ci capiamo benissimo…)
…gli chiediamo, come di rito, per iniziare la nostra intervista: vuoi parlare ai nostri lettori un pochino di te per farti conoscere meglio… chi è Gianni Mazza?
- Sono una persona curiosa, affamata di sapere fin da quando ero un bambino. Mia madre mi leggeva l’Iliade e l’Odissea al posto delle favole della buona notte e sono cresciuto con il mito di Ulisse, della sua intelligenza, furbizia e curiosità. Da grande ho studiato tanta scienza (matematica, fisica e ovviamente informatica), ma anche tanta storia, filosofia, arte, letteratura, lingue. Insomma sono una persona che non si stanca mai di imparare e lo faccio sia per lavoro (un informatico che non sia curioso di scoprire cose nuove è un informatico che non può andare da nessuna parte!), sia nel privato, per esempio parlo fluentemente inglese, ma sto imparando anche lo spagnolo. Ho la fortuna di avere accanto persone meravigliose che stimolano la mia creatività e anche per questo finisco per dedicare loro le mie opere.
Sei siciliano e vivi in Sicilia, a Ragusa se non erro, pensi ci siano buone opportunità per chi, come te, scrive, nella nostra terra? (dico nostra, perché sono siciliana e vivo in Sicilia anch’io)
- Amo la mia terra, anche se ho diversi problemi con molti miei conterranei, per via della mia mentalità completamente diversa dalla loro. Anche nel mondo dell’editoria non è facile muoversi, per esempio molte librerie non sono disponibili per le presentazioni e in generale non è facile farsi conoscere. In realtà non rimarrò qui a lungo, sto progettando la “fuga” e il mio obiettivo è migliorare ulteriormente il mio inglese per poter scrivere le mie storie direttamente nella lingua del Bardo.
Una mia curiosità: hai fatto un percorso di studi e di formazione scientifico-informatica che è in antitesi con la passione per il teatro e per la scrittura. Questo fa parte del tuo essere eclettico oppure è, in un certo senso, una doppiezza? ( e il riferimento al protagonista del tuo libro mi sembra lapalissiano… ) Come concili le due cose?
- Non hai idea di quanti informatici abbiano la passione per la scrittura. Per me è nata quasi 20 anni fa e da allora la mia malattia si è aggravata giorno dopo giorno. Come ti ho già raccontato sono una persona molto eclettica e credo che sviluppare tutte le mie passioni possa rendermi una persona migliore e più completa.
Scendiamo un po nel particolare di La bestia di Brixton, la tua seconda fatica letteraria che ormai risale a circa un anno fa, è stato pubblicato nel Giugno 2018, correggimi se sbaglio. La tematica che affronti, la malattia mentale, non è per nulla leggera, anche se nel libro, soprattutto nella prima parte viene trattata con una bella vena d’ironia, come mai questa scelta?
- Perché è un argomento che mi ha sempre affascinato. Tempo fa scrissi una serie di racconti sulla schizofrenia e rimasi affascinato dalla complessità della mente umana. Come potrai immaginare, ho iniziato a leggere tanto sull’argomento e La bestia di Brixton ne è il risultato.
Non so se hai avuto modo di leggere la mia recensione del tuo romanzo, ad un certo punto scrivo per alleggerire e per sdrammatizzare: “sicuro che il suo autore non ha scritto il romanzo durante un delirio febbrile?” Mi riferivo, in particolare alla personalità sestupla del protagonista: perchè l’idea di dare sei personalità diverse ad un unico personaggio? Non ti sembra di avere esagerato un pochino?
- Ovviamente l’ho letta e ho sorriso per il tuo commento. In realtà questo tipo di malattia non ha regole precise, l’unica che un soggetto affetto da DID (Disturbo dissociativo dell’identità) è che anziché affrontare i problemi direttamente, dissocia un po’ di se in un’altra personalità. Billy Milligan, che ho citato nella breve biografia a fine romanzo, aveva 23 personalità diverse, molte delle quali non riuscivano neanche ad emergere. Le sei personalità che hai letto nel romanzo non sono neanche tutte quelle che ho immaginato per il mio Mark (e di cui ho scritto decine di pagine che non sono finite nel
testo definitivo).
Dovendo trattare un personaggio che soffre di una patologia mentale è necessaria un minimo di conoscenza o un approccio diretto con la malattia stessa, ti sei documentato oppure hai avuto modo, nel tuo reale di essere a contatto con persone malate?
- Mi sono documentato per più di un anno sull’argomento. Ho letto saggi, studiato tutti i casi clinici documentati in giro per il mondo e mi sono fatto un’idea piuttosto precisa su come possa vivere una persona affetta da una malattia terribile come questa. A differenza della schizofrenia, dove nulla è razionale, i malati di DID sono persone perfettamente logiche, solo che la loro logica è divisa tra le varie personalità, e se ci pensi è una cosa affascinante.
Hai avuto difficoltà nel delineare le sei personalità del protagonista ? Quattro di loro vengono fatte fuori relativamente presto nel libro, forse proprio per la difficoltà di portare avanti un personaggio così sfaccettato?
- In realtà la scelta di accennare le personalità minori non è stata dettata dalla difficoltà di svilupparle, quanto dalla volontà di rendere Karl, un personaggio estremamente forte e potente. Nei casi clinici che ho letto questo comportamento accentratore è abbastanza comune, almeno quando la personalità predominante è una sola.
A lettura finita, mi sono chiesta come mai dai alla storia un epilogo così tragicamente e drasticamente definitivo… pensi che davvero un malato mentale non abbia speranze di guarigione?
- Sai, io credo che sia un finale estremamente romantico. Io per la mia donna farei lo stesso, rinuncerei a tutto per saperla al sicuro e… beh… non vorremo mica spoilerare il finale?
Ogni scrittore mette sempre un po (o anche tanto) di se stesso in ciò che scrive… quanto c’è di Gianni Mazza ne La bestia di Brixton? Quanto c’è soprattutto di Mark-Karl-Damian-Jo-ecc, in te stesso…(La domanda, spero simpaticamente, ci sta tutta perché anche tu sei tante vite in una: formazione scientifica, attore, poeta, scrittore… quindi in quanto a personalità caleidoscopica sei messo alla grande…)
- Ogni personalità ha qualcosa di me, Mark e il suo amore per il teatro, Karl per l’arte, Damian rappresenta il mio lato da bimbo che non voglio lasciar andare, Jimbo il mio clown interiore e Jo il mio equilibrio. Oltre a questo in entrambi i personaggi principali c’è la mia idea di amore, o per lo meno, in ognuno di loro c’è metà della mia idea d’amore, il donarsi completamente di Mark e la passione di Karl.
Questo è il tuo secondo romanzo, il primo, di cui conosco solo il titolo, Luda, quali temi di fondo presenta?
- Luda è una storia di una ragazzina che scopre di essere nata nell’est Europa e di stata adottata da una famiglia siciliana e decide di andare alla ricerca della sua famiglia biologica. Dentro c’è amore, amicizia e purtroppo anche il razzismo che nel nostro paese sta diventando una vera piaga. Luda non riesce a rimanere in Italia e se ne scappa a Londra e da lì inizia la sua avventura in giro per l’Europa. Chi l’ha letto non ha potuto far altro che affezionarsi alla mia piccola “occhi cielo”.
… e siccome non c’è due senza tre, stai pensando al terzo romanzo? Quando lo leggeremo?
- beh, non c’è due senza tre e il quattro vien da se, no? Il terzo romanzo si chiama “Estrema follia” e sto partecipando al concorsone di Dea Planeta, in questi giorni saprò il risultato del concorso e se, come penso, non avrò vinto, mi muoverò per farlo pubblicare. A dispetto del titolo, non parla di pazzia, almeno non direttamente, ma del mondo in cui l’Italia nel secondo dopo guerra trattava gli ultimi, ovvero rinchiudendoli in manicomio e friggendo cervelli a ripetizione a furia di elettroshock. È orribile quello che è successo prima della legge Basaglia e raccontarlo spero possa aiutare a non dimenticare. Il quarto lo sto scrivendo in questo periodo ed è il mio salto nel mondo della distopia e, detto tra siciliani, mi sto arricriando a scriverlo (traducilo tu per i non siculi :P).
Ti ringrazio per la disponibilità e ti auguro di continuare ad “arricriarti” a scrivere, a recitare e a fare le mille cose che piacciono ad una persona eclettica e multisfaccettata come te… (e mi tocca aprire parentesi, visto che mi lasci l’incombenza, per tradurre il termine al resto d’Italia: arricriari, ovvero, secondo il Mortillaro, dizionario Siciliano-Italiano, ristorare, confortare o in senso esteso, bearsi).
E dal momento che lo abbiamo citato, continuiamo a farlo e concludo questa lunga intervista (anche qui apro parentesi perchè a noi piace fare le cose per benino e sviscerare l’autore per quanto possibile… senza eviscerarlo per carità, lasciamo questa pratica al tuo Karl) con una frase celebre proprio di Pirandello: “Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso”…
E direi che ci sta tutta.
…naturalmente aspettiamo di leggere il suo prossimo libro!