Oggi vi presentiamo Elton Varfi, autore di due libri, Il fantasma di Margaret Houg e Il rasoio di Occam. Sul nostro blog abbiamo già recensito il suo ultimo romanzo, che ci ha lasciati ammaliati e sicuramente pieni di curiosità. Per questo, abbiamo cercato di soddisfarne almeno alcune, parlandone direttamente con l’autore.
Per leggere la recensione: Recensione Il rasoio di Occam di Elton Varfi
Per prima cosa, vorrei chiederti da dove nasce il tuo interesse per il sovrannaturale, visto che anche nel tuo libro precedente, il fantasma di Margaret Houg, l’occulto riveste un ruolo molto importante.
Nasce da molto lontano. Da quando, adolescente, leggevo Poe e Lovecraft. Sono due autori che hanno segnato il mio percorso e il mio orientamento.
Il libro mi ha colpita e per questo avrei molte domande sui personaggi e su alcune tue scelte. Innanzitutto, una cosa che salta agli occhi del tuo romanzo è come siano presenti molti dettagli e personaggi che risultano secondari. Mi sono chiesta se l’abbia fatto di proposito, con l’intenzione di distrarre il lettore e distogliere l’attenzione da ciò che davvero è importante per arrivare alla soluzione. Per rendere ancor più sorprendente il finale.
Il lettore non si inganna. Secondo me un romanzo ha bisogno di molti personaggi. Alcuni diventeranno secondari, ma questo non vuol dire che saranno (o saranno stati) meno importanti nella costruzione della storia. Non ho cercato di distrarre il lettore. Ho solo costruito una storia e man mano che essa si delineava ogni personaggio è stato collocato nel posto che gli era stato destinato sin dall’inizio.
Tra le tante cose, ho trovato molto interessante il tema narrativo dell’orfanotrofio, come vengono descritti gli anni passati lì, le persone incontrate. Mi chiedevo se vi sono dei motivi particolari alla base, magari un’esperienza indiretta, una testimonianza di un conoscente.
Ho fatto molte ricerche sull’argomento. Nell’immaginario collettivo, un orfanotrofio non è un posto tanto allegro. Per forza di cose è un posto dove regnano leggi ferree e disciplina. Ho pensato che era l’ambiente ideale per costruirci il passato di Rick Nemes. No, non conosco nessuno che ci ha vissuto. Certo, mi sarebbe tornato utile, ma purtroppo non ho potuto usare alcuna testimonianza.
Un personaggio che ho trovato particolarmente interessante è quello di Rick. Un personaggio sicuramente molto complesso e ambiguo, con comportamenti spesso contraddittori. Quindi, mi incuriosisce sapere come è nata l’idea del personaggio, da dove sei partito per costruire il suo profilo psicologico.
Quando ideavo Il rasoio di Occam, avevo bisogno di un personaggio proprio così, complesso, ambiguo e contradittorio. Per il suo profilo, come ho accennato poc’anzi, ho letto molto. Ho cercato di approfondire molti personaggi ambigui della storia, ma non vorrei fare i loro nomi per non svelare troppo.
Il cognome di Rick, Nemes, richiama immediatamente la Nemesi. Quindi, non sembra certo scelto a caso. Mi puoi dire qualcosa di più su questo aspetto?
Il vero cognome di Rick è Sienkiewicz. Però è un cognome che Rick ha deciso di dimenticare, anche se nel libro questo aspetto non è stato approfondito per delle buone ragioni. Chi leggerà il libro potrà capire meglio cosa voglio dire. Nemes se lo è scelto da solo perché si sente in competizione con tutti. La nemesi non solo di altri, ma soprattutto di sé stesso.
Un aspetto secondo me molto importante nel tuo romanzo sono i sogni di Rick, molto efficaci per caratterizzare il personaggio. Da dove è nata l’idea? L’ispirazione è nata da un personaggio celebre in particolare? Personalmente avevo subito pensato al detective del film Jack lo squartatore, con Johnny Depp.
Nonostante io sia un fan di Jack lo squartatore, non ho ancora avuto il piacere di vedere il film con Johnny Deep.
Per quanto riguarda i sogni invece, sono sogni che nel corso degli anni ho fatto io. Visto che sono un po’ particolari, li ho scritti su un taccuino. Successivamente, mentre stavo costruendo il personaggio di Rick, mi sono tornati molto utili. Sembravano calzare a pennello con il personaggio.
Tornando ai personaggi, i due detective protagonisti, Josh e Rick, sono molto diversi tra loro, sia per la loro storia sia per il loro lato psicologico. Uno è molto controllato ed equilibrato. L’altro è impulsivo, tormentato. Eppure sono legati in modo molto forte. Esiste una coppia famosa, come Sherlock Holmes e Watson, che ti ha ispirato?
Holmes e Watson, oppure Poirot e Hastings, hanno ispirato molti scrittori o sceneggiatori, ma non andavano bene per me. Io credo che in queste coppie ci sia un dislivello visto che Holmes e Poirot sono più dotati a livello deduttivo. Fra Josh Murray e Rick Nemes non c’è alcun dislivello, sono piuttosto l’uno l’opposto dell’altro. Non si tratta di una scelta casuale: l’uno rappresenta l’antitesi dell’altro.
La musica nel libro riveste un ruolo importante. È collegata all’assassino e alla sua storia. Sei un appassionato di musica? Quando scrivi ascolti un tipo particolare di musica o preferisci il silenzio?
Sì, la musica riveste un ruolo importate nella mia vita. Mi piace soprattutto la musica classica. Quando scrivo però preferisco farlo in silenzio. Mi piace gustare fino in fondo sia la musica sia la scrittura, per questo motivo faccio le due cose separatamente.
Restando sempre sul tema musica, il “trillo del diavolo” è una sonata molto usata in film, ma anche in fumetti, come Dylan Dog. La scelta è un omaggio indiretto a una composizione molto amata nel genere o nasce da un motivo diverso?
Sono un fan sfegatato di Dylan Dog. Si tratta quindi di un omaggio chiaro e diretto.
Ora una curiosità personale, su un aspetto che mi aveva lasciata perplessa. Il movente dell’assassino, che mi è sembrato un po’ debole. Quindi mi sono chiesta se hai scelto appositamente un movente così semplice rispetto alla complessità psicologica del personaggio e del suo agire. Se il movente servisse a far intravedere altri aspetti del personaggio.
Un serial killer non ha bisogno di un movente, ma di un pretesto. Se andiamo a leggere le biografie dei più famosi serial killer, capiamo che i moventi sono deboli se non addirittura inesistenti. Io credo che il mio serial killer è in linea con la psicologia degli assassini seriali.
Ora parliamo un po’ di te. Ti senti legato a un personaggio particolare del libro? Sia Rick che Josh colpiscono molto, per motivi diversi. Di Josh si apprezza la sua onestà, il suo essere integerrimo. Rimaniamo affascinati dal carattere impulsivo e dai tormenti interiori di Rick.
Io vorrei tanto essere Rick Nemes, ma purtroppo sono molto Josh Murray. E dico purtroppo perché spesso cercare di essere dritti a ogni costo comporta conseguenze spiacevoli.
Che progetti hai per il futuro? Visto il finale aperto del libro, è possibile un futuro in cui tornerà Rick Nemes?
Assolutamente sì. Il rasoio di Occam è stato concepito come una trilogia. Per ora sto scrivendo il seguito de Il fantasma di Margaret Houg.
Quali sono gli scrittori che più ti hanno segnato, non solo nella tua carriera di scrittore, ma anche nella vita di tutti i giorni?
Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft e Agatha Christie sono in assoluto i miei preferiti. Nella vita di tutti i giorni, invece, è un po’ più difficile scegliere qualcuno a cui ispirarsi. Ma se proprio dovessi scegliere, sceglierei Andrea Camilleri.