Incontri che quasi stupiscono per quanto ti assomigliano: succede. Ed è stupore vero. Sembra quasi di vedere il riflesso di ciò che porti dentro e non riesci a tradurre in parole. Succede. Lo chiamiamo caso ma non so se il vocabolo sia appropriato.
Non parlo di incontri fisici, quelli al momento e chissà per quanto tempo ancora come ben sappiamo, sono da evitare scrupolosamente. Del resto circolando per il web di fisico non c’è proprio nulla da incontrare. Il tanto vituperato mondo virtuale ultimamente lo benediciamo un po’ tutti, anche i più riottosi e refrattari: è l’unico mezzo che ci collega al mondo, l’unico modo, oltre al buon vecchio telefono che abbiamo per comunicare, l’unico sistema per potere realizzare che oltre le quattro mura di casa nostra ci sono altre realtà, altre vite che, come la nostra, in questi giorni di isolamento si sentono come fossero dentro ad un film o ad un incubo, a scelta.
Incontri dicevo. Incontri che quasi ti leggono nei pensieri e li interpretano, trovando le tue parole, quelle che senti chiuse in gola perchè a volte è proprio così: non riesci a trovarle, le hai perse o quelle che trovi sembrano vuote e inutili e stenti a metterle in fila in un discorso logico, anzi sembra proprio che quelle tue parole si affastellino ed accavallino e quasi che premino per uscire tutte insieme creando solo confusione. E dire che con le parole vai d’accordo, sai giocarci e renderle accattivanti…
Poi, mentre gironzoli inebetita fra le pagine del web, forse per non ragionare o per far tacere il chiacchiericcio dei pensieri che si urtano tra loro smaniosi di uscire in fila, composti in discorsi di senso logico, invece poi, ti capita di incontrarle quelle parole. Non sono le tue ma sono molto simili, qualcuno le ha messe in righe ordinate per te.
Le incontri, le vedi scritte, le leggi e ti stupisci.
E la gente rimase a casa/ e lesse libri e ascoltò/e si riposò e fece esercizi/e fece arte e giocò/ e imparò nuovi modi di essere/ e si fermò/ e ascoltò più in profondità./ Qualcuno meditava/ qualcuno pregava/ qualcuno ballava/ qualcuno incontrò la propria ombra./ E la gente cominciò a pensare in modo differente./ E la gente guarì./ […] Anche la terra cominciò a guarire/ e quando il pericolo finì/ e la gente si ritrovò,/ si addolorarono per i morti/ e fecero nuove scelte/e sognarono nuove visioni/ e crearono nuovi modi di vivere/e guarirono completamente la terra/ così come erano guariti loro./ (Kitty O’Meara)
Circolano per il web queste parole, quasi apparse dal nulla, così come sconosciuta sembra essere l’autrice e sembrano create appositamente per questo tempo di timore, per questi giorni posti ai confini della speranza, per queste ore che passano lente, in cui ci accorgiamo, di quanto può essere bello un gesto semplice come uscire a passeggio senza timore, incontrare un amico e stringergli la mano o donargli un abbraccio: consuetudini e gesti che sottovalutiamo, ai quali non doniamo attenzione quando è consueto farli ma che ora assumono un altro aspetto e un altro valore.
Non hanno grandi pretese queste parole riportate sopra in forma di poesia, sono semplici, usuali, modeste, familiari: eppure sono vere e arrivano al cuore. Assomigliano alle mie che al momento non vogliono saperne di palesarsi. Descrivono lo stato d’animo della gente comune, quella che nasconde la sensibilità nell’ordinarietà della vita, quella gente che teme, spera e prega e non si arrende. Forte della speranza che malgrado tutti i ceffoni che la vita propina, non si spegne mai.
Un piccolo mistero…
L’origine della poesia riportata sopra, sembra davvero un piccolo mistero. L’autrice Kitty O’Meara, a quanto pare sarebbe inglese, vissuta nell’Ottocento (1839- 1888) che avrebbe scritto questi versi in occasione di un’epidemia di peste, almeno così riportano alcune fonti, non so quanto sicure. Se devo essere sincera non conosco questa autrice né le ricerche che ho fatto su di lei hanno sortito esiti, tuttavia la curiosità di saperne qualcosa di più mi ha condotta ad un’altra informazione, apparsa sempre in rete, secondo la quale sembrerebbe che l’autrice in questione sia assolutamente contemporanea.
L’autrice è viva, vegeta e contemporanea e la sua poesia non può essere stata scritta durante un periodo di peste. Ci troviamo di fronte a una poesia scritta proprio nei tempi del Corona-virus.
Kitty O’Meara in un’intervista avrebbe detto che la poesia, dal titolo indicativo di And The People Stayed Home, nasce da un forte desiderio di combattere l’angoscia di questo periodo storico. Pubblicata il 16 Marzo 2020, sarebbe ispirata a una poesia dell’italiana Irene Vella, pubblicata da quest’ultima sulla sua pagina Facebook l’11 Marzo 2020 (5 giorni prima della pubblicazione di O’Meara).
Un piccolo mistero che nulla toglie a quelle parole uscite dalla penna e dal cuore di un’autrice inglese o italiana, contemporanea o dell’Ottocento, forse non conta molto. Sono probabilmente le stesse parole che ognuno di noi sente nel cuore in questi giorni incerti, di sicuro assomigliano alle mie che continuano caparbiamente a non volere palesarsi. A restare ferme in gola.