Ciao iCrewer! Da poco abbiamo ricominciato a viaggiare per il mondo, scoprendo caffè letterari sempre nuovi. Piccoli angoli nascosti in metropoli e città, in cui il tempo sembra essersi fermato e nell’aria, tra i tavoli, riecheggiano ancora le parole delle celebri penne che vi hanno trascorso del tempo, chiacchierando, scrivendo o prendendosi una pausa.
Non ci siamo posti nessun limite geografico, saltando indisturbati da un continente all’altro. Mi sono accorta, però, che solo una delle nostre tappe è stata su suolo italiano: l’Antico Caffè Greco di Roma. Certamente, mi sono detta, non sarà l’unico! È per questo che con oggi inauguriamo un tratto del nostro percorso a carattere nazionale, partendo dal Gran Caffè Gambrinus di Napoli.
Un po’ di storia
Il Gran Caffè Gambrinus è un locale della città partenopea ed è situato il via Chiaia. Il suo nome particolare deriva da colui che viene considerato il patrono della birra: il leggendario Joannus Primus, re delle Fiandre.
Per tutta la Belle Époque, molti furono gli avventori che si avvicendarono tra i tavolini, alla ricerca di un momento di svago, di festa e di un buon caffè. Una battuta d’arresto ci fu nel 1938, quando il locale venne chiuso in quanto considerato luogo di ritrovo antifascista (in realtà la moglie del prefetto, che abitava nella stessa palazzina in cui è situato il Caffè, non riusciva a dormire a causa del frastuono proveniente dal pianterreno).
Da quel momento le stanze non ospitarono più cittadini in pausa, ma impiegati del Banco di Napoli, fino a quando, nel 1952 un altro imprenditore, Michele Sergio, fece riaprire la parte di locale che si affaccia su via Chiaia, riuscendo, negli anni, a tornare in possesso di tutti i metri quadri originariamente spettanti al Gambrinus.
Avventori conosciuti
E ora, qualche nome! A sedere su queste sedie sono stati personaggi davvero illustri. Non sto parlando solamente di scrittori, ma anche di politici, come svariati Presidenti della Repubblica e Primi Ministri, perfino la Principessa Sissi (Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach), nel 1890.
Tuttavia, facendo ritorno all’ambito letterario, possiamo citare Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce, Matilde Serao, Eduardo Scarpetta, Totò e i De Filippo, Ernest Hemingway, Oscar Wilde e Jean Paul Sartre. Non proprio gli ultimi arrivati, non trovi?
Tra tutti, vorrei però parlarti un po’ più approfonditamente di Matilde Serao.
Matilde Serao
Matilde Serao (1856–1927), scrittrice e giornalista, fu la prima donna italiana a fondare e dirigere un quotidiano.
Nata dal matrimonio tra un avvocato napoletano e una nobile greca decaduta, non si può dire che nei confronti della scrittura l’amore fu a prima vista. Imparò a leggere e scrivere molto tardi e, a causa di vicissitudini familiari, non riuscì a continuare gli studi.
Sebbene fosse impiegata come telegrafista, pian piano, dopo le lunghe ore di lavoro, la letteratura e la scrittura cominciarono a farsi strada nella sua vita: iniziò a scrivere brevi articoli nelle appendici del Giornale di Napoli e, nel 1878, completo la sua prima novella, Opale.
Nel 1882 lasciò Napoli alla volta di roma dove, all’interno della rivista Capitan Fracassa pubblicò, sotto pseudonimo, pezzi che andavano dalla cronaca rosa alla critica letteraria. Fu in quegli anni che uscì anche il libro destinato a renderla famosa, Fantasia, a cui fecero seguito molti altri romanzi, come Pagina Azzurra, All’erta!, Sentinella, La conquista di Roma, Piccole anime, Il ventre di Napoli e Il romanzo della fanciulla.
Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio (suo marito) fondarono nel 1885 la loro prima testata giornalistica: Il Corriere di Roma. L’esperienza durò fino al 1887 quando, a causa dei debiti e della serrata concorrenza di altri giornali, la coppia fu costretta a cessare le pubblicazioni e tornare a Napoli.
Fu proprio nella città partenopea, che i due riuscirono ad aprire una nuova testata, uscendo nel 1892 con Il Mattino. Tuttavia, questo nuovo progetto non rappresentò la meta del lavoro della Serao che, dopo aver sopportato gli scandali familiari e politici a cui venne esposta, lasciò giornale e marito, e divenne co-fondatrice (prima in Italia) e direttrice di Il Giorno, caratterizzato da toni pacati e raramente polemici.
Nel 1926 la sua candidatura al Premio Nobel per la Letteratura fu fermata da Mussolini, il quale non approvava la posizione contro la guerra della giornalista.
Matilde Serao si spense nel 1927, mentre era alla sua scrivania, intenta a scrivere un articolo.