Caro icrewer, quest’oggi voglio parlarti di un romanzo particolare: Il sole si spegne di Osamu Dazai.
Dazai occupa un posto speciale nella letteratura giapponese del Novecento. Non è stato solo un romanziere e novelliere di straordinario talento ma ha fatto molto discutere la sua condotta di vita, dissoluta e tormentata e rappresentativa di un’epoca, di un Giappone sconvolto dalla guerra e dal processo di occidentalizzazione che, ancora oggi, minaccia di schiacciare la cultura millenaria dell’intero paese.
Dazai, come molti intellettuali del tempo, si sente oppresso dal cambiamento, privato dalla propria identità e incapace di trovare il proprio posto nel mondo. Nichilista, colleziona matrimoni e relazioni, abusi di sostanze di ogni tipo e numerosi tentativi di suicidio, di cui l’ultimo gli fu fatale.
Il sole si spegne è il suo grido personale e intimo, sconvolgente e oscuro, contro una società perversa e ipocrita in cui non riesce a riconoscersi.
Il sole si spegne – la trama
Anche Kazuko, di famiglia aristocratica, è ferita e lacerata. Ha perso il padre da molti anni, ha dovuto patire il dolore di un matrimonio finito male e la nascita di un figlio nato morto. A questo si aggiunge la scomparsa del fratello Naoji, disperso dopo la Guerra nel Pacifico del sud. Tutto ciò che le rimane della sua nobile famiglia è una madre dall’istintiva eleganza, ormai anziana e malata.
Senza più un soldo, le due donne sono costrette a lasciare la casa di Tokyo e trasferirsi in campagna, dove Kazuko dovrà imparare a lavorare la terra, in attesa del ritorno di Naoji. Sarà proprio con l’arrivo del reduce, divenuto dipendente dalle droghe e dall’alcool, che la vicenda di Kazuko avrà un drammatico sviluppo.
I due fratelli, l’uno un intellettuale “bohemien” e tossicodipendente, l’altra ingenua e arrendevole, non si riconoscono più: non c’è più nulla a legarli se non l’amore per la madre, ultimo esponente nonché simbolo della nobiltà di sangue ormai perduta e disprezzata dal mondo esterno.
Kazuko e Naoji: due mondi in decadenza
Nel romanzo si riflette la società del Giappone del Secondo Dopoguerra, divisa tra l’attaccamento ai propri antichi valori e l’invadenza di una società sempre più moderna e spietata. La classe aristocratica, ormai in declino, non era più ben vista e a contare non erano più i titoli ma la “volgarità” come sostiene Naoji, la forza rude e bestiale di chi riesce a conquistarsi il proprio posto nel mondo, come la guerra aveva insegnato.
Kazuko e Naoji sono due facce della stessa medaglia poichè rappresentano questi due aspetti della società contemporanea, vittime, entrambi della “morale transitoria” di quest’epoca così ambigua.
Naoji è un letterato, un aristocratico alla disperata ricerca di un’identità, di un posto nel mondo. Ha provato ad essere un nobile come la sua famiglia ma la sua povertà lo ha escluso dagli ambienti più in vista; ha provato allora ad avvicinarsi al popolo, a diventare come loro, adottando uno stile di vita dissoluto e libertino, ma da questi era considerato solo un reietto, un nobilotto arrogante e presuntuoso.
Kazuko, al contrario, non sembra essere interessata alla nobiltà. Già durante la guerra si era data da fare nei lavori più pesanti e anche dopo impara a coltivare la terra e a prendersi cura della madre nell’indigenza più totale.
Ed è proprio la madre, il centro stesso di tutto il romanzo. Ne Il sole si spegne se ne descrive la malattia e il lento declino che riflette quello della classe aristocratica che essa stessa rappresenta e a cui i due protagonisti sono indissolubilmente legati.
Essi, infatti, amano la madre e il ceto nobiliare che essa incarna in qualità di “ultima signora del Giappone” (così viene ripetutamente definita) ma allo stesso tempo non riescono ad accettare il desiderio di liberarsi di lei e dell’ombra stessa delle loro origini. Per questo Kazuko è tormentata dalla figura del serpente: perché si sente proprio come una vipera che lentamente cresce privando con il proprio subdolo veleno la madre della sua esistenza.
Il sole si spegne è scritto come fosse un diario della stessa Kazuko in cui si affacciano di tanto in tanto, lettere e riflessioni dello stesso Naoji. Ed in queste pagine si susseguono, come un flusso di coscienza, i pensieri e le emozioni dei due protagonisti con una durezza a volte spiazzante e delirante (una pagina del diario di Naoji è un elenco delle diverse droghe assunte dal ragazzo in guerra) resa magnificamente da una sintassi dura, lapidaria e frammentata.
Osamu Dazai denuncia con forza la società del suo tempo, incapace di accettare il cambiamento, incapace di guardare oltre le apparenze e comprendere il disagio di chi si vede improvvisamente privato della propria identità. E così niente è come sembra, i ruoli vengono rovesciati e se le apparenze suggerivano che Kazuko fosse ormai una contadinotta e Naoji il nobile ribelle, sarà proprio il testamento di quest’ultimo a rivelare la verità.
Naoji (alter ego probabilmente dello stesso Dazai) è nient’altro che un debole, vinto dalle sue paure e insicurezze, un giovane che preferisce rifugiarsi nell’abbraccio tetro e obliante delle droghe e dell’alcool per poi darsi una morte “naturale”, perchè è lui stesso a sceglierla:
Se ho fatto follie e mi sono degradato nella ricerca del piacere, è perché ho cercato di sottrarmi all’ombra proiettata dalla mia condizione di aristocratico. Kazuko. Mi chiedo quale colpa abbiamo, dopotutto. Il nostro crimine è quello di appartenere a una stirpe nobile? Solo per essere nati nella nostra famiglia, siamo condannati a vivere in eterno nell’umiliazione, nella vergogna, scusandoci di continuo, come i parenti di Giuda?
E mentre Naoji, il sole, si spegne, Kazuko brilla e “rivoluziona” il mondo come farebbe un’eroina, strappandosi a viva forza il suo angolo di felicità.
Si innamora di Uehara che però è già sposato e per di più, come il fratello, sperpera il denaro in donne e alcool. Lo cerca, lo trova e non lo riconosce ma non rinuncia alla sua felicità e riesce ad avere da lui un bambino, condannato prima ancora di nascere: egli sarà un bastardo, rifiutato dalla società proprio come la madre e lo zio.
Il sole si spegne ha dato il nome ad un’intera generazione, quella del Dopoguerra, la “generazione del sole calante” contraddistinta dallo smarrimento generale conseguente alla distruzione di ogni certezza.
E non è una sensazione che affligge solo il Giappone ma tutto il mondo! Pirandello, Svevo, D’Annunzio e molti altri lamentano la stessa condizione, lo stesso disperato ed egoistico tentativo dell’essere umano di cercare sé stessi e il senso della propria esistenza all’interno di una società che lo rifiuta e ripudia.
C’è davvero un senso a questa vita? La risposta di Osamu Dazai è amara, tragica ed estrema.
E la tua, mio caro lettore? Qual è la tua risposta a questo interrogativo?